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Informazione Corretta Rassegna Stampa
22.11.2005 La scuola e la questione israeliana-palestinese: Esperienze tra ignoranza e pregiudizio
la relazione di Barbara Mella a un convegno sull'antisemitismo

Testata:Informazione Corretta
Autore: Barbara Mella
Titolo: «La scuola e la questione israeliana-palestinese: Esperienze tra ignoranza e pregiudizio»
Riportiamo la relazione di Barbara Mella al convegno su "Antisemitismo: politica progressista e risentimento antiebraico" tenutosi presso l’ Accademia Europea di Bolzano il 12.11.2005. (Informazione Corretta ha già pubblicato il l'intervento di Federico Steinhaus, vedi: La sinistra e il suo rapporto con Israele e gli ebrei dopo il 1967: pregiudizi nel contesto europeo e mediorientale, 2005-11-16)

Di seguito, la relazione su "La scuola e la questione israeliana-palestinese: Esperienze tra ignoranza e pregiudizio". Riportiamo anche, di seguito al testo della relazione, gli allegati acclusi da Barbara Mella.

Vorrei iniziare questa mia relazione con una data: maggio 1964. Nel maggio del 1964 Ahmed Shukeiry fonda l’OLP: Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Che cosa significa, esattamente, "liberazione della Palestina?" Tutti noi, di fronte a questa domanda, risponderemmo: liberazione dei territori occupati, affinché si possa realizzare il legittimo desiderio dei palestinesi di creare lo stato di Palestina. C’è però un piccolo dettaglio che, nel dare questa risposta, viene regolarmente trascurato: i cosiddetti "territori occupati" sono stati occupati tre anni dopo, nel giugno 1967. Nel momento in cui nasce l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, l’unico territorio occupato da Israele è lo stato di Israele. Credo che questo renda sufficientemente chiaro quale sia il reale scopo dell’OLP – che da parte dell’organizzazione stessa, del resto, non è mai stato negato, né occultato, e quale sfasamento si verifichi regolarmente, allorché parliamo delle vicende di quest’area, tra la realtà "vera" e quella percepita.

E vengo ora al mio ambito specifico, ossia la scuola, dove il fenomeno della disinformazione provoca inevitabilmente conseguenze più gravi che altrove: se mettere in dubbio ciò che si è appreso in famiglia, dagli amici, alla televisione, nei giornali può a volte essere difficile, ma rimane pur sempre fattibile, smontare un "l’ho imparato a scuola", "l’hanno detto a scuola", "l’ha insegnato il professore di lettere", "c’è scritto nel libro di storia" è impresa quasi impossibile. Altra peculiarità dell’ambiente scolastico è quella di essere formato da persone con un alto livello di istruzione e, spesso, di notevole cultura; persone che mai, su qualunque altro argomento, si azzarderebbero a parlare senza essersi prima approfonditamente informate, mai si permetterebbero di ripetere un "sentito dire" senza averne prima verificata l’attendibilità, mai si lancerebbero in giudizi della cui fondatezza non si fossero prima accertate e che tuttavia, quando si tratta di Israele, sono pronte a ripetere senza esitazione qualunque sciocchezza e qualunque menzogna. Vorrei qui citare un dialogo quasi surreale intercorso fra me e un preside che mi aveva precedentemente dato prova di raffinata cultura e profonda sensibilità. Si parlava delle "famose" risoluzioni Onu che Israele non avrebbe rispettato, e io chiedo:
«Ma lei le conosce?»
«Tutti le conoscono!»
«Sì, ma LEI le conosce?»
«Naturalmente».
«E che cosa dicono?»
«E come vuole che faccia a ricordarmene? È passato tanto di quel tempo, in attesa che Israele le rispettasse, che abbiamo avuto tutto il tempo di dimenticarle!»
«Quindi lei non sa che cosa dicono».
«So che Israele non le rispetta: non le basta?»
«Come fa a sapere che non le rispetta se non sa che cosa chiedono?»
«Israele non rispetta le risoluzioni Onu, questo è un dato di fatto e lo sanno tutti». Detta, quest’ultima frase, in tono perentorio e chiudendo con essa la discussione. Chiedo scusa se nel citare questo episodio sono quasi scaduta nel pettegolezzo, ma credo possa essere utile a inquadrare un certo modo di ragionare e di discutere che si incontra abitualmente quando si parla di Israele: non si conoscono le cose che si citano, ma si citano lo stesso.
Venendo ora alla mia esperienza personale, posso dire di avere assistito, da parte dei miei colleghi, ad un totale capovolgimento delle vicende che coinvolgono Israele. Capovolgimento che emergeva regolarmente durante gli esami: interrogati in proposito, gli scolari raccontavano che Israele opprime i palestinesi dopo avere rubato la loro terra, che da quando è nato ha continuato a scatenare una guerra dietro l’altra contro gli arabi per impedire la nascita dello stato di Palestina, che lì vige un regime di apartheid ... E il – o la – collega di lettere assentiva: lo scolaro stava diligentemente ripetendo quanto gli era stato insegnato. Naturalmente, nonostante il disagio che la cosa mi provocava, non potevo intervenire in simili circostanze, così ad un certo punto ho deciso di tenere qualche lezione sulla questione israelo-palestinese. Non saprei dire se il risultato di tale iniziativa sia stato più grottesco o più drammatico: nel corso della lezione, ogni mia affermazione era regolarmente seguita dall’intervento di qualche scolaro che diceva: «Ma la professoressa di storia ha detto tutto il contrario!» Poiché avevo portato documenti sufficienti a dimostrare tutto ciò che affermavo, alla fine gli scolari si sono convinti che quanto dicevo rispondeva a verità; tuttavia il contrasto fra quanto avevano sentito da me e quanto era stato insegnato dalla collega ha creato una confusione tale, che nel tema d’esame più di uno ha scritto che «è una bellissima cosa che sia nato lo stato di Israele, peccato però che per costruirlo abbiano prima dovuto distruggere lo stato di Palestina». Alla fine, grazie alla sensibilità di una delle colleghe di lettere, che era solo disinformata in buona fede, il problema si è potuto risolvere: da qualche anno il tema lo tratto io, anche se non è la mia materia, e gli scolari finalmente escono dalla scuola con le idee un po’ più chiare. Ma naturalmente questo vale solo per le mie classi: da ciò che sento confrontandomi con insegnanti di tutta Italia, posso constatare che la disinformazione – spesso ma non sempre in buona fede – è davvero grande. Vorrei qui riportare, a titolo esemplificativo, una testimonianza che mi è arrivata da Udine: «Mio fratello, 13 anni, studia in terza media. Io sto all'università lontano da casa. Un giorno torno a casa per un paio di giorni e vedo mio fratello che, ad alta voce, ripete la lezione di educazione civica. Esempio di teocrazia: le repubbliche islamiche ed Israele. E giù nello specifico: Israele persegue come suo scopo la liberazione delle terre dall'infedele islamico dopo aver occupato illegittimamente un territorio non suo. Sentito questo sobbalzo, prendo gli appunti di mio fratello e il giorno dopo vado a colloquio dalla prof e le chiedo di dirmi come diavolo avesse fatto a recuperare certe informazioni. Risposta: certe volte, per far passare un concetto e renderlo interessante, bisogna porre l'accento sulle situazioni estreme e più stuzzicanti. Questa visione di Israele è una di queste situazioni. Le spiego che non la penso così, che la situazione è più complessa e che ci sarebbero un sacco di cose da dire prima di liquidare tutto con: Israele è in realtà uno sviluppo del fondamentalismo religioso. Il giorno dopo in classe, lezione sull'imperialismo americano e gli interessi degli Usa in Israele...».

Un altro esempio di come la disinformazione si diffonda nella scuola è quanto da me trovato, circa tre anni fa, nel sito warnews, sito frequentatissimo da insegnanti e studenti, essendo forse l’unico a fornire notizie dettagliate su tutte le decine di conflitti in atto nel mondo, e non solo dei due o tre che fanno abitualmente notizia nei mass media. Citerò alcuni passaggi del capitolo dedicato al conflitto israelo-palestinese (v. allegato 1), segnalando gli errori più grossolani.
"Il conflitto mediorientale inizia nel 1948, con l'autoproclamazione dello Stato d'Israele": in realtà la nascita dello stato di Israele era stata decisa da una risoluzione Onu
"e la conseguente guerra con tutti i Paesi arabi confinanti": la guerra in realtà è stata scatenata dai Paesi arabi, allo scopo di distruggere lo stato di Israele e impedire la nascita di quello di Palestina
"durante la quale l'esercito israeliano (armato e finanziato dagli Usa) ha occupato tutti i territori che l'ONU aveva assegnato ai Palestinesi per la creazione di un loro Stato": e qui c’è addirittura un totale capovolgimento di quanto accaduto, dato che sono stati Egitto e Giordania a occupare e poi annettere rispettivamente Gaza e Cisgiordania, destinate dall'Onu a costituire lo stato di Palestina (e, per inciso, ne hanno immediatamente cacciato tutti gli ebrei che vi risiedevano). Vengono poi nominate le guerre dei Sei giorni (1967) e del Kippur (1973) e le relative occupazioni senza mai neppure accennare al fatto che queste guerre sono state volute e scatenate dagli stati arabi, e che le occupazioni si sono rese necessarie a scopo difensivo – non dimentichiamo che una sconfitta avrebbe significato la scomparsa di Israele – obiettivo che, come stiamo constatando proprio in questi giorni, non è mai stato del tutto abbandonato (v. allegato 2). Ci viene inoltre raccontato che queste guerre hanno provocato la creazione di 4 milioni di profughi cacciati dai territori occupati, e anche qui la realtà viene pesantemente falsificata: i profughi erano poco più di mezzo milione, una buona parte dei quali, come è dimostrato da documenti di fonte araba, sono stati indotti ad andarsene dagli stessi arabi (v. allegato 3). La cosiddetta "seconda intifada" ossia la guerra terroristica iniziata a fine settembre 2000 (v. allegato 4), viene spiegata così: "Ma tra i Palestinesi lo scontento è progressivamente dilagato, poiché la quotidiana oppressione israeliana è continuata (regime di apartheid per i palestinesi che vivono in Israele e regime di occupazione nei territori)", capovolgendo anche qui la realtà: al momento degli accordi - falliti - di Camp David, il 90% della popolazione palestinese viveva sotto amministrazione dell'ANP, e non sotto occupazione israeliana; quanto agli arabi con cittadinanza israeliana, questi possono accedere, e di fatto accedono, al parlamento e a varie altre altissime cariche. Risparmio il resto che, nella sua monotona opera di falsificazione della storia e della cronaca, rischierebbe di annoiare; aggiungo solo – non senza una discreta dose di orgoglio, che oggi questo testo non si trova più nel sito di warnews: grazie a un mio intervento è stato sostituito con uno, se non proprio equilibrato al 100%, in ogni caso molto meno fazioso.

Se poi passiamo dalla scuola all’università, dobbiamo constatare una situazione se possibile ancora peggiore. Non intendo qui entrare nel merito di quanto insegnato nelle facoltà e corsi di insegnamento che trattano specificamente questo tema, ma vorrei riportare qualche passo di una famosa/famigerata lettera aperta firmata da un centinaio di docenti dell’università di Bologna (v. allegato 5).
«Abbiamo sempre considerato il popolo ebreo come un popolo intelligente, sensibile, forte forse più di tanti altri perché selezionato nella sofferenza, nelle persecuzioni, nelle umiliazioni subite per secoli, nei pogrom e, per ultimo, nei campi di sterminio nazisti. [...]
Oggi, di fronte a ciò che sta succedendo nel territorio israelo-palestinese, sentiamo purtroppo che la nostra stima e il nostro affetto per voi, per il popolo ebreo, si sta trasformando in dolorosa rabbia per quello che state facendo al popolo palestinese. [...] È necessario che vi rendiate conto che oggi voi state facendo ai palestinesi quello che a voi è stato fatto nei secoli passati. Le tragiche vostre esperienze non possono essere state da voi già così dimenticate! Voi li state umiliando, distruggete le loro case, i loro campi, tagliate i loro alberi da frutta, murate i loro pozzi, bloccate le loro ambulanze, li imprigionate, li affamate, li torturate, spadroneggiate nelle loro città, li chiudete in ghetti, traumatizzate gravissimamente i loro bambini, li uccidete. Possibile che non vi accorgiate che state fomentando contro voi stessi un odio immenso, sempre più profondo, carico del desiderio di vendetta? Non è difficile capire che solo gente esasperata, nell'impossibilità di difendersi altrimenti, possa immolarsi per uccidere qualcuno di voi, del vostro popolo che è ormai considerato complice delle repressioni. Noi siamo contro il terrorismo, ma diteci, quale altro modo essi hanno per difendersi? Quali altre armi essi hanno se non le pietre o gli agguati o il proprio corpo? E non avreste voi stessi, nella loro identica situazione, reagito nello stesso modo?» A parte la scarsa conoscenza della lingua italiana di questi docenti della più antica università d’Europa ("ebreo" è sostantivo, e non si può usare con funzione aggettivale parlando di "popolo ebreo") vale la pena di sottolineare il profondo razzismo che permea ogni frase di questa lettera, parlando di caratteristiche – vien voglia di dire "razziali" attribuite a un intero popolo, giustificando sentimenti di ostilità e addirittura il terrorismo nei confronti di questo popolo con le scelte, condivisibili o meno, di un governo, per non parlare del totale capovolgimento dei rapporti di causa-effetto di quanto avviene in Israele, oltre alle falsità in essa contenute e all’assurdità di quel «non avreste voi stessi, nella loro identica situazione, reagito nello stesso modo?» come se gli ebrei non si fossero ripetutamente trovati in situazioni non solo simili, ma anche peggiori, senza per questo diventare terroristi.
E vorrei infine ricordare una serie di episodi recentemente verificatisi.
Università di Pisa, 14 ottobre 2004: il diplomatico israeliano Shai Cohen viene invitato a tenere una lezione alla facoltà di Scienze politiche, nell’ambito del corso di Storia e Istituzioni dei Paesi Afro-Asiatici del professor Maurizio Vernassa. Accolto da grida quali: "Israele non ha diritto di esistere", o "Il popolo ebraico non esiste: è un’invenzione dell’Occidente", o ancora "Le vostre cose andatevele a fare in Sinagoga", non riesce a tenere la prevista lezione ed è costretto ad andarsene.
Università di Firenze, febbraio 2005: era stato invitato a parlare, presso la facoltà di Giurisprudenza, l’ambasciatore di Israele, Ehud Gol. Al suo arrivo, il Collettivo Politico di Scienze Politiche si era preparato alla contestazione. Sono stati venti minuti di "Israele fascista", "Sharon boia" e "Assassini". Finché il professor Stefano Mannoni, docente di Storia delle Costituzioni Moderne e organizzatore dell’incontro, ha deciso di chiamare la polizia, previa consultazione con il rettore.
Università di Torino, maggio 2005: la professoressa Daniela Ruth Santus, docente di Geografia Culturale, aveva invitato il vice-ambasciatore Eleazar Cohen. La Digos e la polizia erano presenti, ma gli autonomi rimasti fuori dall’aula, oltre agli slogan, hanno lanciato razzi e fumogeni per disturbare la lezione. La stessa professoressa Santus ha subito minacce dirette e anche insulti esposti nelle bacheche di facoltà.
E infine l’episodio forse più grottesco:
Università di Bologna, marzo 2005: l’israeliana Angelica Calò e la palestinese Samar Sakkar, intime amiche da molti anni, erano state invitate insieme per parlare di pace fra i due popoli. Titolo dell’incontro era: "Sotto lo stesso cielo, l’impossibile convivenza?". Ma all’ultimo momento gli organizzatori dell’evento hanno preferito rinunciare per il rischio che si correva. Nella mail inviata ad Angelica Calò l’8 marzo 2005, il giorno prima della conferenza, si leggeva: "Purtroppo ti devo dire che abbiamo dovuto annullare l’incontro a Bologna perché, dopo la forte contestazione subita dall’ambasciatore israeliano all’università di Firenze, ci è stato consigliato di annullare l’incontro, vista anche la situazione nella nostra facoltà". Angelica Calò, per inciso, è una pacifista israeliana che insegna, per propria scelta, anche in scuole arabe e ha fondato un teatro in cui ha voluto ragazzi sia israeliani che arabi, sia ebrei che cristiani, musulmani, drusi, circassi, perché convinta da sempre della possibilità di una pacifica convivenza. Questo, avrebbe voluto andare a dire a Bologna, così come in tutti i posti in cui si è recata a parlare, ma non le è stato concesso, perché israeliana.
E non credo servano altri commenti.



ALLEGATO 1



Testo completo del capitolo relativo alla questione israelo-palestinese precedentemente presente nel sito www.warnews.it con, inseriti, i miei commenti, che hanno indotto i gestori del sito a sostituire il testo con uno meno squilibrato (NOTA: ho lasciato gli errori di battitura dell’articolo di warnews così come erano nel testo originale)


Egregi signori, ho letto la vostra ricostruzione del conflitto mediorientale, e ho notato alcune dimenticanze e alcune sviste, che mi permetto di segnalarvi.

Il conflitto mediorientale inizia nel 1948, con l'autoproclamazione dello Stato d'Israele
avete dimenticato di dire che la nascita dello stato di Israele era stata decisa da una risoluzione Onu.
e la conseguente guerra con tutti i Paesi arabi confinanti,
avete dimenticato di dire che la guerra è stata scatenata dai Paesi arabi, allo scopo di distruggere lo stato di Israele e impedire la nascita di quello di Palestina
durante la quale l'esercito isralesiamo (armato e finanziato dagli Usa) ha occupato tutti i territori che l'ONU aveva assegnato ai Palestinesi per la creazione di un loro Stato.
qui c'è una piccola svista: sono stati Egitto e Giordania a occupare e poi annettere rispettivamente Gaza e Cisgiordania, destinate dall'Onu a costituire lo stato di Palestina, e ne hanno immediatamente cacciato tutti gli ebrei che vi risiedevano.
Con la "guerra dei sei giorni" del 1967
avete dimenticato di dire che anche questa guerra è stata scatenata dagli arabi allo scopo dichiarato di "ributtare in mare gli ebrei", ossia distruggere Israele.
Isralele ha occupato poi anche Gerusalemme est, la striscia di Gaza, la Cisgiordania,
da cui, negli anni in cui erano occupate da Egitto e Cisgiordania erano partiti migliaia di attentati terroristici e incursioni armate in territorio israeliano
le alture del Golan (Siria)
usate per sparare dentro l'orfanotrofio israeliano che si trovava a valle
e il Sinai (Egitto).
vedi Gaza e Cisgiordania.
E nel 1973, ancora una guerra, quella dello "Yom Kyppur",
sempre scatenata dagli arabi, sempre allo stesso scopo.
con cui Israele ha rafforzato le sue posizioni. Queste tre guerre hanno provocato la morte di 100mila palestinesi e la creazione di 4 milioni di profughi cacciati dai territori occupati.
non esattamente: i profughi erano poco più di mezzo milione e quasi tutti, come posso documentare con documenti di fonte araba, sono stati indotti ad andarsene dagli stessi arabi.
Nel 1985
no, nel 1982
Isralele ha occupato anche il Libano del sud,
per difendersi dalle continue incursioni armate
dov'è subito cominciata la resistenza dei guerriglieri Hezbollah.
no: è cominciata la guerra civile fra varie fazioni di palestinesi, guerra civile che ha distrutto la più ricca e civile nazione del medioriente.
Nel territori palestinesi occupati la resistenza è stata organizzata dall'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) di Yasser Arafat,
no: l'OLP è nato nel 1964 quando NON c'erano territori occupati, il che rende perfettamente chiaro che per territori occupati i palestinesi non intendono Gaza e Cisgiordania, bensì Israele. Inoltre il primo comandante dell'OLP non è stato Arafat bensì Ahmed Shukeiri.
resistenza che dal 1987 ha preso la forma dell'Intifada, il lancio di pietre contro i soldati di Tel Aviv. Solo nel 1993, con la firma degli accordi di Oslo, gli Israeliani hanno accettato di ritirarsi da alcuni territori e di permettere la creazione in questi di un Autorità Nazionale Palestinese (ANP), una struttura statuale embrionale, risoltasi con al semplice nascita della polizia palestinese (munita di sole armi leggere).
evidentemente vi sono sfuggite tutte le navi cariche di armi pesanti acquistate dall'ANP.
Ma tra iPelstinesi lo scontento è progressivamente dilagato, poiché la quotidiana oppressione israeliana è continuata (regime di apartheid per i palestinesi che vivono in Israele e regime di occupazione nei territori)
al momento degli accordi - falliti - di Camp David, il 90% della popolazione palestinese viveva sotto l'ANP.
e la speranza di un vero Stato palestinese con capitale Gerusalemme est si è allontanata. Sono così fioriti movimenti armati fondamentalisti come Hamas, che hanno condotto numerosi attentati contro l'esercito e i coloni israeliani.
vi siete dimenticati gli attentati contro i civili israeliani in territorio israeliano.
Si è rafforzata così anche la desta israeliana contraria ad ogni concessione ai Palestinesi,
destra che ha conquistato il potere a Tel Aviv,
la capitale è Gerusalemme, il governo è a Gerusalemme, quindi il potere è stato conquistato a Gerusalemme.
decisa ad interrompere il processo di pace.
altra piccola svista: la destra è andata al governo dopo che Arafat aveva definitivamente affondato il processo di pace a Camp David e dopo mesi di attentati terroristici, durante il governo di sinistra di Barak, così come gli attentati terroristici erano sempre continuati anche durante il governo di sinistra di Rabin.
Cosa che è infatti accaduta nell'ottobre 2000, quando, in seguito ad una provocazione del leader
non era un leader: è stata la guerra scatenata dai palestinesi a farlo diventare tale
estremista
in che senso?
israeliano Sharon, è riperesa l'intifada palestinese,
la guerra, come numerosi dirigenti palestinesi hanno più volte pubblicamente dichiarato, era pronta già da due mesi. Inoltre la visita di Sharon al Monte del Tempio era stata concordata con l'Autorità Palestinese.
repressa nel sangue dall'esercito israeliano, che in due mesi ha ucciso oltre 300 palestinesi,
voi conoscete qualche alternativa contro il terrorismo?
utilizzando contro di loro carri armati ed elicotteri, e bombardando le caserme della polizia di Arafat.
responsabile di organizzare il terrorismo. Avete inoltre dimentcato di dire che l'ANP, da quando esiste, ha speso miliardi di dollari, teoricamente elargiti per migliorare le condizioni di vita della popolazione palestinese, per organizzare e armare il terrorismo, per approntare nuovi libri di testo inneggianti all'odio antiisraeliano e antiebraico e alla distruzione dell' "entità sionista" (lo stato di Israele non è mai menzionato, né compare nelle carte geografiche), per montare programmi televisivi per i più piccoli che istigano al cosiddetto martirio, per istituire campi militari in cui bambini a partire dai sei-sette anni vengono addestrati all'uso delle armi. Eccetera eccetera.
Cordiali saluti
Barbara Mella


ALLEGATO 2



Quelli che seguono sono alcuni articoli della Costituzione di Al-Fatah, reperibili in inglese all’indirizzo internet http://www.fateh.net/e_public/constitution.htm.

Principi fondamentali
Articolo 4 - la lotta palestinese è parte indissolubile della lotta mondiale contro il sionismo, colonialismo e l'imperialismo internazionale
Articolo 6 - I progetti e gli accordi dell'ONU, o quelli di qualsiasi accordo individuale insidiano i diritti del popolo palestinese, sono illegali e rifiutati.
Articolo 7 - Il movimento sionista è razzista, colonialista e aggressivo nell'ideologia, obiettivi, organizzazione e metodo.
Articolo 8 - L'esistenza israeliana in Palestina è un'invasione sionista con una base espansionistica e colonialista ed è un naturale alleato del colonialismo e dell'imperialismo internazionale.
Articolo 9 - Liberare la Palestina e proteggere i suoi luoghi sacri è un obbligo arabo, religioso ed umano.

Obiettivi
Articolo 12 - Completa liberazione della Palestina, sradicamento dell'esistenza economica, politica, militare e culturale sionista.

Metodi
Articolo 17 - La rivoluzione armata popolare è il metodo inevitabile per liberare la Palestina.
Articolo 19 - La lotta armata è una strategia e non una tattica e la rivoluzione armata del popolo arabo palestinese è un fattore decisivo nella lotta di liberazione e nello sradicamento dell'esistenza sionista e questa lotta non cesserà fino a quando lo Stato Sionista non sarà demolito e la Palestina completamente liberata.

Questi articoli si possono leggere oggi nel sito sopra indicato. Ciò significa che nonostante le ripetute promesse di Arafat di cancellarli, e le ripetute assicurazioni di averlo fatto e di avere riconosciuto il diritto all’esistenza di Israele, ciò, in realtà, non è mai avvenuto. Né è ancora avvenuto, a un anno dalla sua morte, con il suo successore Mahmoud Abbas.

ALLEGATO 3



I CAPI ARABI RESERO PROFUGHI I PALESTINESI



Il quotidiano del Cairo AKHBAR EL-YOM, il 12 Ottobre 1963 ricordava: "Venne il 15 Maggio 1948… quello stesso giorno il Mùfti (leader religioso Islamico) di Gerusalemme fece appello agli Arabi di Palestina affinché abbandonassero il Paese, in quanto gli eserciti Arabi stavano per entrare al loro posto…"
Il 6 Settembre 1948, il "Beirut Telegraph" intervistava Emile Ghoury, segretario del Supremo Comitato Arabo: "Se esistono questi profughi, è conseguenza diretta dell’ azione degli Stati Arabi contro la partizione, e contro lo stato Ebràico".
Il 19 Febbrajo 1949, il quotidiano Giordano FALASTIN scriveva. "Gli Stati Arabi che avevano incoraggiato gli Arabi di Palestina a lasciare le proprie case temporaneamente per essere fuori tiro degli eserciti d’ invasione Arabi, non hanno mantenuta la promessa di ajutare questi profughi….".
Da un rapporto della Polizia Britannica al Quartier Generale di Gerusalemme il 26 Aprile 1948:"Ogni sforzo è compiuto da parte degli Ebrei per convincere a popolazione Araba a rimanere, e a condurre insieme a loro una vita normale….."
A Haifa il 27 Aprile 1948 il Comitato Nazionale Arabo rifiutò di firmare una tregua, comunicando ai governi della Lega Araba: "Quando la delegazione entrò nella sala delle riunioni, rifiutò con fierezza di firmare la tregua, e chiese che si facilitassero l’evacuazione della popolazione Araba, e il suo trasferimento nei Paesi Arabi circosrtanti…. Le autorità militari e civili e i vari esponenti degli Ebrei espressero il loro profondo rincrescimento. Il Sindaco di Haifa, Shabtai Levi, aggiornò l’ incontro con un appello alla popolazione Araba affinché riconsiderasse la sua decisione…."
MANIFESTO IN ARABO E IN EBRAICO AFFISSO IL 28 APRILE 1948 dal Consiglio Ebraico dei Lavoratori di Haifa, rivolto ai cittadini Arabi, ai lavoratori, alle autorità:
Da tanti anni viviamo insieme nella nostra città, Haifa. In sicurezza, e in fratellanza e comprensione reciproche. Grazie a ciò, la nostra città è fiorita, e si è sviluppata per il bene dei residenti, sia Arabi, sia Ebrei. Così Haifa è stata di esempio per altre città della Palestina. Elementi ostili non sono riusciti a adeguarsi a questa situazione, e hanno dato origine a scontri, minando le relazioni fra voi e noi. Ma la mano della Giustizia è più forte. La nostra città ora è sgombra di questi elementi, che sono fuggiti temendo per la propria vita. Così, una volta di più, l’ordine e la sicurezza hanno il sopravvento nella città. La strada è aperta per la ripresa della cooperazione e della fratellanza fra i lavoratori, Ebrei e Arabi.
A questo punto riteniamo necessario chiarire nei termini più franchi: siamo persone amanti della Pace! Non c’è ragione per la paura che altri cercano d’instillare in voi. Non c’è odio nei nostri cuori, né astio nel nostro atteggiamento verso cittadini amanti della Pace che, come noi, sono impegnati nel lavoro, e nello sforzo di creare.
Non temete! Non distruggete le vostre case con le vostre stesse mani! Non troncate le vostre fonti di vita. Non attirate su di voi, con le vostre mani, la tragedia, mediante un’ evacuazione non necessaria, e fardelli da voi stessi creati. Trasferendovi, sarete sopraffatti dalla povertà, e dall’umiliazione. Ma in questa città, vostra e nostra, Haifa, le porte sono aperte alla vita, al lavoro, alla Pace, per voi e per le vostre famiglie.

CITTADINI GIUSTI E AMANTI DELLA PACE
Il Consiglio dei Lavoratori di Haifa, e la Confederazione del Lavoro, la Histadrùth, vi consigliano, per il vostro bene, di restare nella città, e di tornare al vostro lavoro normale. Siamo pronti a venire in vostro ajuto, a ristabilire condizioni normali, a assistervi nell’approvvigionamento di cibo, e a aprire possibilità di lavoro.
LAVORATORI: LA CITTA’ CHE ABBIAMO IN COMUNE, HAIFA, FA APPELLO A VOI AFFINCHE’ VI UNIATE NELLA SUA COSTRUZIONE, NEL SUO PROGRESSO, NEL SUO SVILUPPO; NON TRADITE LA VOSTRA CITTA’, E NON TRADITE VOI STESSI. SEGUITE IL VOSTRO INTERESSE, E SEGUITE LA STRADA GIUSTA !
La Federazione Ebràica del Lavoro in Palestina
IL CONSIGLIO DEI LAVORATORI DI HAIFA

ALLEGATO 4


Poiché, nonostante le molte prove contrarie, molti ancora continuano a propagare la favola della "passeggiata di Sharon" come causa della guerra scatenata a fine settembre 2000, ritengo utile riportare alcune dichiarazioni di varie personalità palestinesi.
«Chiunque pensa che questa intifada sia scoppiata per la visita di Sharon al Monte dei Templi sbaglia... questa intifada è stata programmata da molto tempo, da quando Arafat è tornato da Camp David» ha ammesso il ministro per le comunicazioni palestinese Imad Al-Faluji (in un’intervista ad Al Safir del 3/3/2001), ma ancora prima Al-Faluji aveva affermato che questa guerra terroristica chiamata intifada è scoppiata come risultato di una scelta strategica fatta dai palestinesi (intervista al Ayam del 6/12/2000).
Arafat ha cominciato a chiamare i palestinesi alla nuova intifada già nei primi mesi del 2000. Davanti alla gioventù di Al Fatah a Ramallah il 3/4/2000 ha sostenuto che i palestinesi dovranno tornare all'opzione dell'intifada (come riferito chiaramente dal giornale Al Mujahid).
Marwan Bargouti, capo di Fatah in Cisgiordania, ha detto chiaramente già nel marzo 2000: «Dobbiamo iniziare una guerra sul campo di fianco ai negoziati....Cioè un confronto armato.»(sul giornale Ahbar Al-Halil 8/3/2000).
Durante l'estate del 2000 Al Fatah ha costruito 40 campi di addestramento per allenare i giovani palestinesi alla guerra che preparavano.
L'edizione del luglio 2000 del mensile Al Shuhada, distribuito tra le forze di sicurezza palestinesi, recitava: «Dalla delegazione per i negoziati guidata dal comandante e simbolo Abu Ammar (Arafat) al popolo palestinese coraggioso, siate pronti. La battaglia per Gerusalemme è cominciata«. Un mese dopo il comandante della polizia palestinese ha detto al giornale ufficiale dell'ANP Al-Haiat Al-Jadida: «La polizia palestinese guiderà i figli nobili del popolo palestinese quando arriverà il momento del confronto militare.»
Freih Abu Middein, il ministro della giustizia dell'autorità palestinese, ha avvertito: «La violenza è vicina ed il popolo palestinese è disposto a sacrificare volentieri anche 5000 vittime» (Al-hayat Al-Jadida, 24/agosto/2000).
Un'altra pubblicazione ufficiale dell'autorità palestinese l'11 settembre del 2000, 2 settimane prima della passeggiata di Sharon, scrisse: «Noi dichiareremo l'intifada generale per Gerusalemme. Il tempo per l'intifada è arrivato, il tempo per la Jihad (guerra santa) è arrivato.»
Il consigliere di Arafat, Mamduh Nufal disse al francese Nouvel Observateur (1/marzo/2001): «Alcuni giorni prima della visita di Sharon al monte dei templi, quando Arafat ci chiese di essere pronti per lo scontro armato io ero favorevole a delle dimostrazioni di massa, ma mi ero opposto all'uso delle armi, è stata la decisione finale di Arafat di adottare l'uso delle armi e di attaccare civili e militari israeliani con le bombe.»
Il 30/09/2001 Nufal ha spiegato ad Al-Ayam che è stato Arafat che ha emesso personalmente l'ordine ai comandanti del campo di aprire il confronto violento con Israele il 28 settembre del 2000.


ALLEGATO 5



Testo integrale della lettera dei docenti dell’università di Bologna.

Noi sottoscritti docenti dell'Università più antica d'Europa, l'Università di Bologna, di varie ideologie filosofiche e politiche e di vari credi religiosi, consapevoli che il conflitto israelo-palestinese rappresenti oggi uno dei fattori più pericolosi di instabilità e di guerra nella situazione internazionale, firmiamo questa lettera aperta ai militari dell'esercito israeliano quale monito e quale auspicabile contributo alla pacificazione del suddetto conflitto.
Abbiamo sempre considerato il popolo ebreo come un popolo intelligente, sensibile, forte forse più di tanti altri perché selezionato nella sofferenza, nelle persecuzioni, nelle umiliazioni subite per secoli, nei pogrom e, per ultimo, nei campi di sterminio nazisti. Abbiamo avuto compagni di scuola ed amici ebrei, colleghi di lavoro da noi stimati ed anche allievi israeliani a cui abbiamo trasmesso i nostri insegnamenti portandoli alla laurea e che oggi esercitano la loro professione in Israele. Molti di noi sono stati in Israele, a Gaza e in Cis-Giordania nel quadro di missioni culturali o per programmi dell'Unione Europea e conoscono perciò direttamente la situazione. Ed è per questo che oggi, di fronte a ciò che sta succedendo nel territorio israelo-palestinese, siamo spinti a scrivervi perché sentiamo purtroppo che la nostra stima e il nostro affetto per voi, per il popolo ebreo, si sta trasformando in dolorosa rabbia per quello che state facendo al popolo palestinese. E credeteci, tante altre persone dentro e fuori dalla nostra Università che hanno stima per il vostro popolo, oggi provano i nostri stessi sentimenti.
È necessario che vi rendiate conto che oggi voi state facendo ai palestinesi quello che a voi è stato fatto nei secoli passati. Le tragiche vostre esperienze non possono essere state da voi già così dimenticate! Voi li state umiliando, distruggete le loro case, i loro campi, tagliate i loro alberi da frutta, murate i loro pozzi, bloccate le loro ambulanze, li imprigionate, li affamate, li torturate, spadroneggiate nelle loro città, li chiudete in ghetti, traumatizzate gravissimamente i loro bambini, li uccidete. Possibile che non vi accorgiate che state fomentando contro voi stessi un odio immenso, sempre più profondo, carico del desiderio di vendetta? Non è difficile capire che solo gente esasperata, nell'impossibilità di difendersi altrimenti, possa immolarsi per uccidere qualcuno di voi, del vostro popolo che è ormai considerato complice delle repressioni. Noi siamo contro il terrorismo, ma diteci, quale altro modo essi hanno per difendersi? Quali altre armi essi hanno se non le pietre o gli agguati o il proprio corpo? E non avreste voi stessi, nella loro identica situazione, reagito nello stesso modo ?
Militari israeliani! Rifiutatevi di continuare ad opprimere il popolo palestinese. Abbassate le armi. Chiedete a gran voce, con il coraggio che vi dà la vostra fede religiosa, di smettere le violenze. E vedrete che le violenze cesseranno anche dall'altra parte. Se continuerete nella repressione, aumenterà sempre più contro voi stessi la riprovazione del mondo intero, non del solo mondo arabo e non ci sarà un futuro di pace per il vostro popolo. Pensate con la vostra testa, con il vostro cuore soprattutto. Non potete vivere sempre circondati dall'odio e col fucile in mano. Ricordatevi che non state difendendo la vostra Patria ma gli insediamenti dei coloni nei territori palestinesi, il che non è la stessa cosa. Ricordate quanti bambini ed adolescenti sia palestinesi che israeliani sono stati uccisi in questo conflitto. Abbiate il coraggio di rifiutarvi di usare le armi contro i Palestinesi e siamo certi che anche i Palestinesi fermeranno le loro azioni disperate. Qualcuno deve pur muoversi per primo. Ve lo chiediamo per il bene del popolo ebraico, in nome della civiltà e della cultura. Questa scelta potrebbe procurarvi difficoltà, punizioni, pressioni, anche persecuzioni e forse il carcere. Ma solo così potrete ritrovare voi stessi e non vivere più in una continua contraddizione con la vostra coscienza, per il crimine ingiustificabile che state commettendo. Alcuni di voi hanno avuto il coraggio di denunciarlo. A loro va tutta la nostra solidarietà e stima.

Silvio PAMPIGLIONE, -Andrea CANEVARO, Ivano DIONIGI, Giorgio Renato FRANCI, Augusto Palmonari, Santino PROSPERI, Ruggero RESTANI, Pio Enrico RICCI BITTI, Fiorenzo STIRPE, Walter TEGA, Cristina BOARI, Roberta SPADONI, Gabriele CAMPANA, Anna Maria CACIAGLI, Umberto CHERUBINI, Alex PASSI, Bianca Maria PIRACCINI, Alessandro BONGINI, Enrico MORINI Laura CALZÀ, Alessandro ROTTURA, Paolo PARISINI, Roberto ROSMINI, Ignazio MASSA, Massimo MONTANARI, Gualtiero GANDINI, Carlo MELCHIORRE, Antonio González VARA, Marco CHIANI Moreno TOSELLI, Rosario PREZIOSI, Giuliano BETTINI, Silviarosa FACONDI, Stefano IOTTI, Massimo MASI, Giuseppe Nicola MARTINELLI, Fabrizio BONOLI, Tullia GALLINA TOSCHI, Francesca VENTURA, Elena MAESTRINI, Daniele BIGI, Sanzio CANDELETTI, Giancarlo BARBIROLI, Giorgio POLI, Stefano CIURLI, Dario SPELTA, Paolo CIACCIA, Domenico Pietro LO FIEGO, Laura CAVANA Livia VITTORI ANTISARI, Antonio PALAZZI, Renato PASQUALI, Vincenzo BALZANI, Alfonso PRINCIPE, Paolo NEYROZ, Nico STAITI, Costantino MARMO, Varia FORTUNATI, Giuseppe PIAZZA - Pierluigi BERTOLINI, Paolo ZAMBONELLI, Antonio GENOVESE, Concepcion Rubies AUTONELL, Vito Antonio MONACO, Franco RICCI LUCCHI, Lorenzo QUILICI, Ivo MATTOZZI, Maria MALATESTA - Laura LANDI, Felice CARUGATi, Beatrice PASSARINI, Antonietta D'ANTUONO, Antonella TOSTI, Ignazio MASULLI, Anna Rosa BORGATTI, Gabriella SARTINI, Fanny Stefania CAPPELLO, Giovanni NERI, Pier Carlo MONTEVECCHI, Maria Grazia MAIOLI, Guido AVANZOLINI, Stefano GIROTTI, Laura STANCAMPIANO, Antonio Maria MANCINI, Claudio LAMBERTI, Gianni FACCIOLI, Carlo MONTI, Guido RONZANI, Alessandra PAGLIARANI, Francesco CHIODO, Emilio PASQUINI, Roberto ROSSINI, Nicoletta CAVAZZA, Rolando RIZZI, Giancarlo DI SANDRO, Massimo CARLOTTI, Eva PICARDI, Pierluigi LENZI, Rudy LEWANSKI, Maria Lucia GIOVANNINI, Fernando BOLLINO, Gian Piero SPADA, Gaetano BALDI, Gianfranco DI LONARDO, Guglielmo PESCATORE, Anna BADIANI, Claudio PAOLUCCI, Paola ROCCHI, Mario MAZZULLO, Giannino GALLONI, Maria Clara DONATO, iAlessandro ROMAGNOLI, Fiorenzo ALBANI, Alberto VACCHERI, Maria Corinna SANGUINETI, Francesco PEPE, Barbara PECORI, Giovanna SALUSTRI, Gabriella ROCCHETTA, Maria Luisa VANELLI, Giorgio BATTELLI, Raffaella BALDELLI, Paola TAMPIERI, Renato ZANONI, Luigi MORGANTI, Roberta GALUPPI, Fabio OSTANELLO, Massimo TRENTINI, Angelo STEFANINI, Eva PICARDI, Alfonso PRINCIPE, Laura BERTAZZONI, Fausto DISALVO, M. Giulia BATTELLI, Alessandro FAENZA, Andreina ALBANESE, Marco BATTACCHI, Olga CODISPOTI, Maurizio MATTEUZZI



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