I terroristi suicidi non sono poveri e disperati. Sono il prodotto dell'incitamento all'odio guardare la televisione dell'autorità palestinese per credere
Testata: Libero Data: 04 settembre 2004 Pagina: 5 Autore: Alessandro Gnocchi - Marco Corra Titolo: «Laureato e benestante ecco il vero kamikaze - Musulmani uccidete tutti gli ebrei»
A pagina 5 di libero di oggi, 22-09-04, Alessandro Gnocchi firma l'articolo "Laureato e benestante ecco il vero kamikaze". Ecco il pezzo: La biografia del capo del commando che distrusse le Twin Towers è nota a tutti. Mohamed Atta non ha conosciuto un solo giorno di povertà in vita sua. Come lui, molti altri kamikaze islamici. Eppure, secondo le analisi dei pacifisti, i kamikaze sono arruolati tra gli oppressi del pianeta; l’Occidente ha creato enormi sacche di povertà e disperazione; il terrorismo suicida è il frutto della globalizzazione. Nei commenti più radicali e fedeli al politically correct non si accenna neppure al fanatismo religioso dei " martir i". La realtà è un’altra. Le biografie dei kamikaze dimostrano che non c’è correlazione tra povertà e desiderio di immolarsi. Anzi, il " martire" tipo è benestante e istruito. Qualche esempio tratto da ricerche attendibili. Nel novembre 2001 il pakistano Nasra Hassan ha visitato per il " New Yorker" i campi d’addestramento di Hamas. Hamas e Hezbollah Queste le conclusioni: « Nessuno degli aspiranti kamikaze tra i 18 e i 30 anni corrispondeva al profilo tipico della personalità suicida. Nessuno era senza istruzione, disperatamente povero, ritardato o depresso. La maggioranza apparteneva alla classe media e aveva un buon lavoro. Due erano figli di milionari. Erano ben educati e seri e nelle loro comunità erano considerati giovani modello». I risultati dell’inchiesta di Hassan hanno trovato conferma in uno studio condotto con criteri scientifici da Claude Berebbi (nella rivista "Priceton University Industrial Relations Sectors Working Paper", 2003). Alan Kruger e Jitka Maleckova hanno passato in rassegna anche gli Hezbollah reclutati in Libano: quasi tutti con un livello di educazione ed economico sopra la media (in Journal of Economic Perspectives, 2003) Jason Burke, nel 2003, ha pubblicato un libro sui kamikaze di Al Qaeda: "Al Qaeda. Casting a shadow of Terror". Burke ha tracciato un profilo del militante medio disposto a suicidarsi per Osama Bin Laden: quasi sempre laureato, benestante, con un lavoro corrispondente al titolo di studio. Se volessimo interpretare, come fa qualcuno, il fenomeno kamikaze con categorie puramente economiche e sociologiche, dovremmo concludere che i paesi nati dalla disgregazione dell’Urss sono quelli più a rischio di terrorismo suicida. E che la Palestina sia ormai coinvolta in un processo di pace inarrestabile. Dati alla mano (tratti dal rapporto della banca mondiale 2000): nel 1987 in Medio Oriente e nell’ Africa del Nord 9,3 milioni di persone vivevano con meno di un dollaro al giorno; nel 1997 erano 5,5 milioni 8dal 4,3 al 1,9%). Nello stesso decennio, nell’ Europa dell’est e in Asia centrale i poveri sono passati da 1 a 24 milioni (la percentuale è schizzata da 0,2 a 5,1). Eppure anche in Asia centrale, le bombe umane esplodono solo in Cecenia, dove la guerra ha assunto tinte inequivocabilmente islamiche. Fa piacere constatare che alcune pubblicazioni italiane chiamano le cose col loro nome: fondamentalismo religioso (ad esempio, l’appena edito "Il Mercato dei martiri"di Iannacone- Introvigne). E accusano di cecità i nostri connazionali: «L’idea secondo cui le cause del terrorismo suicida sono prevalentemente economiche è un ulteriore manifestazione - smentita dai fatti – del pregiudizio secondo cui i fenomeni che si presentano come religiosi non sono "veramente" religiosi ma devono per forza avere cause di tutt’altra natura» (Massimo Introvigne, "Fondamentalisti", Piemme 2004) Per concludere: secondo un recente sondaggio, in Marocco, uno degli Stati islamici più occidentalizzati, il 75% della popolazione festeggia quando esplode un autobus a Tel Aviv. L’Europa come reagisce? Diaologa con l’islam moderato. E si siede allo stesso tavolo con Muhammad Tantaw, rettore dell’università araba al Azhar, che condanna Bin Laden e approva Hamas. Oppure dell’imam Yusuf al- Qaradawi che, tra un colloquio e l’altro con i ministri degli esteri dell’Ue, pronuncia ai microfoni di al Jazira una fatwa contro gli ebrei. Non soddisfatto aggiunge che le donne sono un gradino sopra i cani. E per finire legittima l’assassinio di civili americani in Iraq. Per no parlare del moderatissimo Tariq Ramadan, di cui questo giornale ha già messo in luce l’incredibile doppiezza: filooccidentale quando parla con gli europei, antisemita quando parla con gli arabi. Di Marco Corra riproduciamo il pezzo "Musulmani uccidete tutti gli ebrei", dove si documenta che "la tivù palestinese diffonde programmi antisemiti e incita all'omicidio" Ramallah, studi televisivi dell’Autorità palestinese. Hanan Ashrawi, primo portavoce di Yasser Arafat ed influente quadro dell’Autorità, fissa la telecamera con sguardo solenne ed inizia a parlare in un inglese un po’ stentato. Sta registrando il messaggio ufficiale dei palestinesi per l’International day of prayer for peace, un incontro interconfessionale per il dialogo tra le religioni e la pace tra i popoli. « Non bisogna solo parlare di pace e giustizia tra Israele e Palestina » , sostiene Ashrawi, « ma bisogna darsi da fare su queste basi, perché pace e giustizia non sono un valore astratto, ma un fattore determinante delle nostre vite » . Ramallah, studi televisivi dell’Autorità palestinese. Mentre a Ashrawi sta ancora illustrando al suo uditorio i buoni propositi della Palestina e al volontà di Arafat di collaborare con gli israeliani, nello studio accanto lo sceicco Ibrahim Madiras, carismatico leader ufficiale musulmano, si prepara ad immortalare su pellicola il consueto sermone del venerdì. Quando la luce rossa sulla telecamera si accende, lo sceicco fissa dritto davanti a sé e inizia a parlare: «I musulmani uccideranno gli ebrei, e loro si nasconderanno. Il Profeta – la grazia di Allah su di lui – ha detto: gli ebrei si nasconderanno dietro la roccia e dietro la’lbero, e la roccia e l’albero diranno. "Oh servi di Allah, c’è un ebreo dietro di me, vieni aucciderlo!"». A fugare i dubbi sul perché rocce ed alberi debbano mettersi aparlare ci pensa lo sceicco: «Perché nessuno ama il giudeo», argomenta «né l’uomo, né la roccia, né l’albero. Tutti li odiano, tutti vogliono la vendetta contro questi maiali ed il giorno della nostra vittoria, volendo Allah, arriverà». Ramallah, studi televisivi dell’autorità palestinese. Lo sceicco Madiras, esaurita la predica, se ne va. A piazzarsi davanti alla telecamera arriva Muhammad Madi, un seguitissimo imam catodico che conduce una striscia settimanale di propaganda religiosa: «Stiamo conducendo una guerra crudele i contro fratelli delle scimmie e dei maiali, contro i giudei e i figli di Sion», spiega Madi guardando dritto in camera, « evoi li soggiogherete tutti, perché tutti gli ebrei sono bugiardi, e devono essere massacrati e uccisi». Intanto, nello studio accanto, Hanan Ashrawi è arrivata alla fine della sua concione pacifista: «I palestinesi», conclude in un crescendo di retorica «hanno un genuino desiderio di pace, e perseguiranno con tutte le forze la costruzione della pace tra Israele e Palestina». La luce rossa sulla telecamera si spegne, il messaggio edificante per le grandi occasioni è pronto. E’ ora che il mondo sappia quali sono le vere intenzioni dell’Autorità Palestinese. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Libero. 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