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Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 29/12/2016, a pag.12, con il titolo "Così Obama ha tramato per pugnalare Israele. Trump twitta: resistete" il commento di Fiamma Nirenstein.
Gerusalemme- Ci vuole la febbre antisraeliana che ha travolto Obama e il suo governo al tramonto, la volontà di lasciare un graffio sanguinante nel futuro dello Stato Ebraico, per risvegliare i sensi sopiti del segretario di Stato John Kerry, eccitato come non mai nel suo discorso di ieri sul conflitto israelo-palestinese. La sua passione può anche essere letta come una contraddizione, un desiderio di differenziarsi.
Ma questo discorso altro non è, nei fatti, che la conferma del retaggio del suo presidente: dopo aver per la prima volta nella storia americana confermato, astendendosi, un voto dell'Onu che condanna Israele, ha lanciato Kerry come un missile contro l'unico stato democratico e laico del Medio Oriente. La riunione indetta per il 15 gennaio a Parigi ha adesso altre migliori munizioni per aggredire di nuovo Israele. Kerry ha ripetuto più volte il suo intento: se le due parti non realizzeranno la soluzione «due stati per due popoli» Israele si troverà a dominare un altro popolo, abbandonando così la sua democrazia. Giusto: è un problema. Ma Kerry, che nei particolari ha spiegato quanto gli insediamenti siano dannosi, ha messo da parte l'odio fanatico e il rifiuto del nemico che costringe Israele a garantirsi confini sicuri; non ha preso in considerazione il rifiuto ad ammettere uno Stato ebraico; condanna così di fatto la presenza israeliana a est della Linea Verde, compreso a Gerusalemme est, il Muro del Pianto e ogni altro indispensabile spazio come la zona dell'aereoporto da cui si può prendere di mira il prossimo velivolo. I tempi scelti da Kerry per il suo discorso sono affannati, tardivi, connessi alla risoluzione dell'Onu: dopo quattro anni di politiche che hanno portato il Medio Oriente al caos, dalla Siria allo Yemen, dopo l'accordo tanto sudato con l'Iran, tutta la proposta di Kerry è che Israele deve smettere di costruire insediamenti per lasciare spazio a uno stato palestinese.
Buona idea, ma come spiega Kerry che gli Usa non hanno mai trovato il tempo di spingere Abu Mazen a discutere con Netanyahu, che l'ha invitato mille volte, il futuro dei due possibili Stati? Per valorizzare il risultato della propria strategia diplomatica, quella per cui la delegittimazione di Israele è il primo passo verso la vittoria, Abu Mazen ha fatto seguito al discorso di Kerry con un'apertura che suona come un bluff: se Israele smetterà di costruire nei territori, l'Anp ottempererà a tutti gli accordi e si siederà al tavolo della pace. Una dichiarazione che esalta la scelta di intervento degli Usa. Per inviare al Giornale la propria opinione, telefonare: 02/ 85661, oppure clicca sulla e-mail sottostante segreteria@ilgiornale.it |
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