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Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/09/2017, a pag. 13, con il titolo "Mini-laboratori e manuali online, Bin Laden Jr prova a unire i terroristi", la cronaca di Guido Olimpio.
Nel 2010 torna libero grazie ad uno scambio di prigionieri e probabilmente finisce nell’area tribale pachistana: il suo progetto è di raggiungere il genitore ad Abbottabad. Non fa a tempo. I Navy Seals uccidono Osama e per Hamza si apre — forse — la strada che dovrà portarlo ad unificare le molte anime dell’islamismo radicale. In un intervento sempre sul web ha indicato i nemici in ordine di priorità: chi offende l’Islam, come i giornalisti di Charlie Hebdo ; gli ebrei; gli Usa e la Nato; infine la Russia. Poi un appello rivolto ai lupi solitari presenti in Occidente. Ma la sua preoccupazione maggiore — ribadita anche nell’audio di due giorni fa — è la Siria: i musulmani si alleino per aiutare la rivolta contro un complotto che mette insieme «crociati», sciiti e russi. È interessante rilevare come Hamza non abbia preso posizione contro lo Stato Islamico. Proprio perché vuole ricompattare i ranghi. È attento, però, a non scoprirsi: tanto è vero che di lui non esistono foto recenti. In attesa di un rientro in grande stile, la realtà radicale si affida ad un mix di azioni dove cellule organizzate, elementi ispirati e singoli vanno all’attacco con quello che hanno. Spesso gesti siglati dal Califfato. Due gli aspetti evidenti di questi mesi. Il primo. Una crescita di piccoli «laboratori» per preparare bombe con ingredienti civili: ai terroristi interessa fabbricare la madre di Satana. In Francia hanno arrestato numerosi sospetti che avevano messo a punto la miscela esplosiva quanto instabile. Il nucleo di Barcellona ne aveva prodotto cento chili. È evidente che il solo ricorso ai veicoli-ariete non soddisfa più i criminali. Per fortuna ci sono dei controlli sul materiale e non tutti sono dei professionisti, anche se c’è il timore che riescano a colmare il gap tecnico. Il secondo punto è quello dei target. I soldati sono vittime di aggressioni, oltre a difendere i siti devono badare a loro stessi. Non mancano i dubbi sull’efficacia del loro impiego, costoso e con impatto sui programmi. Sono stati addestrati a far la guerra e non a svolgere compiti di polizia. Certo trasmettono un segnale di sicurezza, però questo li espone. In tanti sono convinti che servirebbero più agenti lasciando all’esercito altri compiti. Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it |
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