Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Abu Mazen al centro delle tensioni palestinesi due articoli su Avvenire
Testata: Avvenire Data: 05 settembre 2003 Pagina: 5 Autore: Graziano Motta - Barbara Schiavulli Titolo: «Abu Mazen sfida il Parlamento: se non mi sostenete, me ne vado»
Al centro della pagina, interamente dedicata alla situazione in Israele, abbiamo un articolo firmato da Barbara Schiavulli, dal titolo: "E la folla assalta il palazzo: "Ora devi dimetterti". Il contenuto riguarda la protesta della folla palestinese contro il governo di Abu Mazen. Perchè non piace, ma soprattutto perchè non è riuscito in questi mesi a migliorare la vita dei palestinesi. (...) Solo qualche anno fa, i palestinesi avrebbero biasimato Yasser Arafat per la sua corruzione e per la sua avidità di potere. Oggi il simbolo della Palestina è tornato nel cuore della gente perchè da due anni è confinato nel suo quartiere generale, e soffre esattamente come loro. Sarà anche così, ma la giornalista si dimentica del fatto che Arafat in realtà è sempre stato al potere, e che proprio lui è stato l'artefice del conflitto interno fra l'Anp e Abu Mazen, e quindi un ostacolo alla Road Map. Nel resto dell'articolo lo si continua a dipingere come un eroe, mentre su Abu Mazen solo accuse e critiche. Cui si aggiungono anche velate critiche all'America, ma soprattutto ad Israele, come infatti sostiene uno dei manifestanti all'assalto del palazzo che ospita il parlamento palestinese, e riportato dalla giornalista: "i carri armati sono nelle nostre città, gli insediamenti continuano a crescer, il muro ad essere costruito, i posti di blocco a impedire alla gente di muoversi, i prigionieri sono ancora nelle prigioni israeliane. Cosa ha fatto il nostro primo ministro? Forse gli americani l'hanno voluto proprio perchè non facesse niente" A queste parole non segue alcun tipo di commento o replica da parte della giornalista, che un po' della situazione israeliana la dovrebbe conoscere. Per esempio, il terrorismo -il vero artefice di tutti questi problemi- non trova alcun spazio in quest'articolo. Se quest'articolo è chiaramente contro il premier palestinese, senza prova d'appello; il pezzo di Graziano Motta, invece, illustra le difficoltà interne al parlamento e le seguenti possibilità di riconciliazione fra il premier palestinese e l'Anp. Un ottimo esempio di informazione corretta. Questo il titolo: "Abu Mazen sfida il Parlamento: se non mi sostenete me ne vado". Lo riproduciamo integralmente qui sotto. Abu Mazen ha scelto: non un discorso di rottura con Yasser Arafat, ma di riconciliazione. Un discorso che, all'insegna della necessità di "preservare un fronte nazionale unito", è stato di grande attenzione verso le organizzazioni islamiche Hamas e Jihad non considerate terroristiche e da disarmare, ma definite "forze di opposizione" con le quali "non trattiamo come in uno stato di polizia, usiamo invece il dialogo". Riconciliazione, ma senza tralasciare sulla necessità di avere il consenso politico: "O mi assicurate un forte sostegno oppure potete riprendervi il mio mandato. Lo chiedo perchè la mia missione è difficile, quasi impossibile". Non ha taciuto nemmeno sulla polemica con Arafat: "Non nego l'esistenza di problemi tra il governo e la presidenza che vanno fondamentalmente corretti". Un discorso che è divenuto pure atto di accusa contro Israele per la stagnazione del processo di pace e per il fallimento della tregua, e contro gli Stati Uniti che "non hanno esercitato sufficienti pressioni su Israele". A Washington ha chiesto di porre fine all'isolamento di Arafat, "l'assedio reca pregiudizio all'onore nazionale palestinese". Appello subito respinto dalla Casa Bianca. E la sorte della Road map? E' ormai affidata al "Quartetto" (del quale fanno parte, con gli Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Onu) che "deve intensificare le attività" se vuole salvarla. In altre parole Abu Mazen ha sposato la vecchia tesi di Arafat per l'internazionalizzazione del conflitto, tentando di sganciarsi o di ridimensionare il ruolo primario e quasi esclusivo della Casa Bianca, quello che Israele ha sempre preteso. L'arretramento dalle prospettive del vertice di Aqaba in cui centrale è stata la figura e l'azione di Bush nell'impegnare Sharon e Abu Mazen sulla via della Road map, è confermato dall'annuncio che Saeb Erekat -uomo di fiducia di Arafat- torna ad essere il responsabile del negoziato di pace dal quale Abu Mazen lo aveva estromesso due mesi fa. Un negoziato che sembra di nuovo in forse: Israele e Stati Uniti hanno avvertito più volte che non avrebbero mai trattato con "un uomo di Arafat". Nonostante tutto questo, il "braccio di ferro" al vertice palestinese non si è risolto del tutto. Nel fare il bilancio dei suoi cento giorni di primo ministro, dopo aver riferito sulle riforme compiute in particolare dal ministro delle Finanze Salem Fayed, ha chiesto al Consiglio legislativo di sostenerlo quando chiederà prerogative supplementari nel campo della sicurezza " per portare a buon fine" la politica del suo governo. Si sa che il controllo dell'apparato di sicurezza è il punto nodale delle divergenze di Abu Mazen con Arafat e nel discorso di ieri non le ha negate, dicendo tuttavia che saranno risolte. Non tutti gli osservatori condividono questa certezza. Mahmud Labadi, una delle figure più in vista del Consiglio legislativo da numerosi deputati, Labadi non esclude che possa esserci una votazione; ma è molto più probabile che la seduta si concluda con la decisione di far proseguire l'esame del discorso del premier da varie commissioni parlamentari. Interrogato sul fatto che Abu MAzen abbia escluso un ricorso alla forza contro Hamas e Jihad, Kabadi ha ribattuto che "non si può cominciare una guerra civile per soddisfare Israele". Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.