Giovane israeliano morto o vecchio palestinese ferito? per l'Osservatore Romano sono differenze di poco conto
Testata: L'Osservatore Romano Data: 05 settembre 2003 Pagina: 1 Autore: un giornalista Titolo: «Colin Powell: Yasser Arafat non è un interlocutore per la pace»
Da non credere. Scrive oggi l’Osservatore Romano:
Le Brigata dei martiri di Al Aqsa e la Jihad Islamica hanno infatti rivendicato la responsabilità dell'agguato in cui, questa mattina, è stato ucciso un israeliano presso Jenin. La vittima, colpita al collo, è morta durante il trasporto in ospedale. Ieri sera l'esercito di Tel Aviv ha compiuto un'incursione nel campo profughi di Jenin e nella vicina località di Jarba. Secondo fonti della sicurezza palestinese un uomo di 65 anni è stato ferito a una gamba. Ad una gamba? Ad una gamba? Sì, ad una gamba. Ma come mai l’Osservatore Romano non riporta la notizia fresca fresca che il bilancio dell’ultimo attentato è salito a 22 vittime, con la morte ieri di uno dei feriti più gravi. Mordechai Laufer, 27 anni, deceduto all’Hadassah. Come mai nessun accenno al fatto che ad oggi ci sono circa 118 feriti di quell’atto terroristico di Hamas e che 40 di essi sono bambini? Mediaticamente rende molto di più alimentare l’immagine dell’Israele cattivo che come un sadico sparacchia in un campo profughi. Chissà se quelli dell’Osservatore Romano hanno mai sentito parlare di uno organizzazione che si chiama OneFamily (www.onefamilyfund.org) e si occupa dell’assistenza ai sopravvissuti agli attentati kamikaze. C’è un poster, che ricorda molto quello delle scarpe ammucchiate di Auschwitz, o degli occhiali, c’è scritto "they are gone", con le immagini piccolissime di chi non è sopravvissuto agli attentati. Che l’Osservatore abbia il coraggio di dare le notizie per esteso e dire che sì un vecchio è rimasto ferito ad una gamba, ma che un’altra persona è morta in seguito all’attentato del 19 agosto. Perché poi il giornale del Vaticano non ha riportato la notizia della morte del soldato Gabriel Uziel a Jenin martedì scorso per mano della Brigata dei Martiri di al Aqsa? Aveva 20 anni.
Unica nota positiva, il fatto che si rimarchi con felicità il permesso accordato dalle autorità israeliane ai lavoratori palestinesi.
Non mancano tuttavia segnali positivi. Diciottomila palestinesi sono stati autorizzati da ieri mattina a ritornare a lavorare in Israele. Lo ha annunciato un comunicato pubblicato congiuntamente dall'esercito israeliano e dal coordinatore delle attività israeliane nei Territori palestinesi. "In virtù di misure destinate a creare fiducia, abbiamo permesso a 18.000 lavoratori e commercianti palestinesi di venire a lavorare in Israele", afferma il testo. Circa 30.000 palestinesi erano ufficialmente impiegati in Israele prima dell'inizio della nuova Intifada (28 settembre 2000). "L'esercito israeliano si impegna a facilitare le condizioni di vita dei palestinesi nella misura del possibile, se questi ultimi si adoperano per impedire gli atti di terrorismo", aggiunge il comunicato. Tuttavia, le felicitazioni finiscono qui, visto che l’Osservatore si è "dimenticato" di riportare la possibilità espressa ieri dai 15 ministri degli esteri dell’Unione Europea di far entrare Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. Italia, Inghilterra, Germania, Olanda e Lussemburgo infatti vorrebbero farla finita per fortuna con la logora e ipocrita distinzione tra l’Hamas politico e le sue attività militari e terroristiche. Grecia, Irlanda e Austria, chissà perché, non accettano la fine della distinzione criminogena. Invitiamo i nostri lettori a scrivere il loro parere alla redazione de L'Osservatore Romano. Cliccando sul link sottostante si aprirà un'e-mail già pronta per essere compilata e spedita.