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La Stampa Rassegna Stampa
08.04.2002 9/4/02 Le palle di vetro di Hammad
un articolo di Nemer Hammad

Testata: La Stampa
Data: 08 aprile 2002
Pagina: 1
Autore: Nemer Hammad
Titolo: «Ecco perché dicemmo no a Barak»
La Stampa di domenica 7 aprile ospita un articolo di Nemer Hammad, nel quale egli tenta di dimostrare che Arafat aveva ottime ragioni per rifiutare la famosa proposta di pace fatta da Barak in presenza di Clinton. E per farlo dà implicitamente del bugiardo non solo a Barak, ma anche a Clinton.

E' una lunga minuziosa elencazione di ingannevoli proposte e di violazioni di percedenti accordi che egli rovescia addosso a Barak e ad Israele. I palestinesi hanno, così afferma Hammad, sempre proclamato da 14 anni a questa parte il diritto di Israele ad esistere: ma allora, perché questo diritto è tuttora negato dalla carta costitutiva dell' Autorità Nazionale Palestinese, mai emendata? E' anzi Israele che rifiuta tenacemente di affermare il diritto della Palestina all' esistenza: ma i vari governi d' Israele, da Rabin a Peres, da Barak a Sharon, non hanno più e più volte affermato questo diritto? I palestinesi "non hanno goduto di nessun progresso riguardo alla loro vita quotidiana" dai tempi degli accordi di Oslo in poi: l' evidenza del contrario è tale da non meritare una smentita; ma se Hammad invece si riferisce all' oggi, la colpa è di chi ha scatenato l' intifada che ha costretto gli imprenditori israeliani a sostituire loro malgrado i dipendenti palestinesi, e se si riferisce al degrado dei campi profughi va ricordato che, a fronte dei miliardi di dollari ricevuti dall' occidente, Arafat non ha mai demolito quelle baraccopoli o creato una rete di fognature.

In chiusura, Hammad torna ad chiedere che venga riconosciuto il diritto dei profughi a rientrare in Israele, che ha causato il fallimento della trattativa con Barak. E, credendo che gli israeliani siano degli allocchi, afferma che questo riconoscimento sarebbe in realtà innocuo, perché ben pochi palestinesi tornerebbero in Israele, mentre la maggior parte di essi resterebbe dove vive ora, o andrebbe nella Palestina indipendente. E se non fosse così?

Tutte queste argomentazioni di Hammad potrebbero avere un senso, se non fosse lui stesso ad affermare che delle proposte israeliane presentate da Barak ad Arafat non esiste un testo scritto. E allora come fa a dire che Israele aveva previsto la divisione del territorio palestinese in cantoni separati, che nessuna persona e nessun tipo di merce avrebbe potuto evitare i controlli israeliani transitando da un cantone all' altro, che lo stato palestinese non avrebbe avuto né spazio aereo né fonti idriche?

Non crediamo che i lettori della Stampa abbiano dimenticato le menzogne di Nemer Hammad su Betlemme, che hanno costretto Maurizio Costanzo a chiedere scusa ai telespettatori per avergli creduto; e ci auguriamo che i lettori della Stampa ricordino anche che qualche tempo fa Nemer Hammad stesso, ospite di Uno Mattina, affermò esplicitamente che Arafat aveva fatto naufragare il tentativo israeliano di arrivare ad un trattato di pace perché nella delegazione americana c' erano troppi ebrei.

Evidentemente, oltre ad avere un naso molto lungo, Hammad dispone anche di palle di vetro che gli consentono di vedere cose che nessun altro sa vedere.

Ma, come si sa, le palle di vetro sono fragili.

L'articolo della Stampa

(Del 7/4/2002 Sezione: Esteri Pag. 2)

UN INTERVENTO DEL DELEGATO PALESTINESE IN ITALIA NEMER HAMMAD
«Ecco perché dicemmo no a Barak»
L´Anp: «Il piano di pace avrebbe generato quattro cantoni»

PER una pace vera e durevole tra i popoli israeliano e palestinese, ci devono essere due Stati vitali ed indipendenti che vivono come vicini uguali. La proposta di Camp David di Israele, che non fu mai presentata per iscritto, ha negato la vitalità e l´indipendenza dello Stato Palestinese dividendo il territorio palestinese in quattro cantoni separati, completamente circondati e pertanto controllati da parte d´Israele. La proposta di Camp David ha anche negato ai palestinesi il controllo dei propri confini, spazi aerei e risorse idriche, mentre legittimava ed espandeva le colonie israeliane illegali nel territorio palestinese. I palestinesi erano (e sono) preparati a prendere in considerazione qualsiasi idea che si riferisca a una pace giusta basata sulle leggi internazionali e sull´uguaglianza dei popoli israeliano e palestinese. I palestinesi avevano considerato l´idea di un baratto della terra, ma proposero che tale baratto dovesse essere basato su un rapporto di uno a uno, con territorio di uguale valore ed in aree adiacenti al confine con la Palestina e nella stessa vicinanza come i territori che sarebbero stati annessi ad Israele. Comunque, la proposta israeliana di Camp David di un baratto della terra con un coefficiente di nove a uno (a favore d´Israele) fu considerata talmente ingiusta da minare seriamente la convinzione dell´impegno israeliano per un compromesso territoriale equo. La proposta israeliana divideva la Palestina in quattro cantoni separati, circondati da Israele: la riva Nord-Occidentale, la riva Centro-Occidentale, la riva Sud-Occidentale e Gaza. Per andare da un´area all´altra sarebbe stato necessario attraversare territori sovrani israeliani e conseguentemente assoggettare il movimento dei palestinesi all´interno del loro paese al controllo israeliano. Queste restrizioni non sarebbero state applicate solo alla popolazione, ma anche al movimento delle merci, assoggettando quindi l´economia palestinese al controllo israeliano. Infine, la proposta di Camp David avrebbe lasciato ad Israele il controllo dei confini, consentendogli di controllare non solo i movimenti interni della popolazione e delle merci, ma anche i movimenti internazionali. Un tale Stato Palestinese avrebbe avuto meno sovranità e vitalità di quanta ne abbiano avuta i Bantustan creati dal governo dell´apartheid sudafricano. La proposta di Camp David richiedeva ai palestinesi di rinunciare a qualsiasi rivendicazione nella porzione occupata di Gerusalemme. La proposta avrebbe forzato il riconoscimento dell´annessione da parte d´Israele di tutta la Gerusalemme Est araba. I negoziati dopo Camp David avrebbero suggerito che Israele era preparato a permettere la sovranità palestinese su isolati blocchi palestinesi nel cuore di Gerusalemme-orientale, tuttavia questi blocchi sarebbero rimasti circondati da colonie israeliane illegali e separati non solo l´uno dall´altro, ma anche dal resto dello Stato Palestinese. Tale proposta avrebbe creato dei ghetti palestinesi nel cuore di Gerusalemme. I palestinesi entrarono nel processo di pace con la convinzione che (1) esso avrebbe permesso miglioramenti concreti alla loro vita durante il periodo interinale, (2) che il periodo interinale sarebbe stato di corta durata - ad es. cinque anni - e (3) che un accordo permanente avrebbe dovuto attuare le Risoluzioni 242 e 338 delle Nazioni Unite. Ma il processo di pace non ha fornito nulla di questo. Al contrario, i palestinesi hanno sofferto maggiori oneri e restrizioni sui loro movimenti ed un declino serio nella loro situazione economica. Le colonie israeliane si sono espanse ad un ritmo senza precedenti e la Cisgiordania e Gaza sono diventate più frammentate con la costruzione di una serie di punti di attraversamento e la proliferazione di check-point militari israeliani. Le scadenze sono state ripetutamente saltate nella realizzazione degli accordi. Insomma, i palestinesi non hanno goduto, in termini semplici, di nessun progresso riguardo alla loro vita quotidiana. I palestinesi hanno riconosciuto il diritto di Israele all´esistenza nel 1988 ed hanno ribadito questo riconoscimento in varie occasioni, comprese Madrid nel 1991 e gli Accordi di Oslo nel settembre 1993. Malgrado ciò, Israele non ha ancora riconosciuto esplicitamente e formalmente il diritto della Palestina all´esistenza. Il popolo palestinese ha aspettato pazientemente, già dalla Conferenza di Madrid nel 1991, la sua libertà ed indipendenza, nonostante la politica incessante israeliana di costruire colonie nei territori occupati (le unità abitative israeliane nei territori palestinesi occupati, esclusa Gerusalemme-orientale, sono aumentate del 52% da quando furono firmati gli Accordi di Oslo, e la popolazione degli insediamenti, compresa quella di Gerusalemme-orientale, più che raddoppiata). Il problema dei rifugiati non è mai stato discusso seriamente a Camp David perché il primo ministro Barak dichiarò che Israele non aveva alcuna responsabilità per il problema rifugiati o per la sua soluzione. Ovviamente, non ci potrebbe essere una soluzione comprensiva al conflitto israelo-palestinese senza risolvere uno dei suoi componenti chiave: il dramma dei rifugiati palestinesi. Esiste un diritto chiaramente riconosciuto nel Diritto Internazionale che i non-combattenti che sono sfollati hanno il diritto di ritornare dopo la fine del conflitto. Ma il riconoscimento israeliano del diritto palestinese al ritorno non vuol dire che tutti i rifugiati eserciteranno tale diritto. Quello che necessita, in aggiunta a tale diritto, è il diritto di scelta. Molti rifugiati potrebbero optare per (1) la risistemazione in un paese terzo, (2) risistemazione in una nuova Palestina indipendente (malgrado siano originari dalla parte della Palestina divenuta Israele), oppure (3) normalizzare il loro statuto legale nel paese ospitante dove attualmente risiedono. In aggiunta, il diritto di ritornare potrebbe essere attuato in fasi, in modo da rispondere agli interessi demografici di Israele.




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