Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il Papa che non amava l’Occidente Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 23 aprile 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Il Papa che non amava l’Occidente»
Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Il Papa che non amava l’Occidente".
Giulio Meotti
Papa Francesco, il pontefice amato dalla sinistra e dai media, non ha mai amato la civiltà occidentale, denigrava il capitalismo e ha rovinato ancora i rapporti fra cattolicesimo ed ebraismo. Lascia un'eredità difficile, a dir poco, molto poco.
La sinistra amava Papa Francesco quando denigrava il capitalismo, la globalizzazione, le disuguaglianze tra ricchi e poveri, i migranti musulmani e quando metteva sullo stesso piano la violenza cattolica teorica e la violenza islamica molto reale. La sinistra amava il Papa quando Francesco si sottometteva volentieri ai dettami del politicamente corretto e sembra aver adottato le famose “virtù cristiane impazzite” di Chesterton. Un po’ meno lo amava quando Francesco faceva il Papa. Ma questo capita a tutto quei laici che pensano di flirtare con la religione quando conviene loro.
Ora gli ammiratori e i fedeli lo ricordano come il Papa delle periferie, della misericordia, dell’inclusione, dell’apertura all’altro, della messa solitaria in San Pietro durante la pandemia, della “gente” (il suo miglior momento è stato invece quando è andato a visitare quel che resta dei cristiani in Iraq). Si piange questo Papa il cui volto aveva qualcosa di bonario, per i suoi aneddoti divertenti e quel suo sguardo malizioso, oltre che per la reputazione di essere al “passo con i tempi”.
Ma leggendo la stampa in edicola, non c’è un solo articolo, non uno, che abbia sollevato il grande dramma del pontificato di Francesco. E visto che Bergoglio non disdegnava l’agone politico (aveva il tempo anche di scagliarsi contro “sovranismo e populismo”), qualcuno deve pur farla un po’ di chiarezza.
Per Bergoglio, l'Europa era il passato. Non la capiva e non voleva capirla. Non gli piaceva, l'Europa. E lo ha detto ogni giorno per dodici lunghissimi anni.
“Francesco sperava che allineando la Chiesa alla sinistra economica, si sarebbe accresciuta la sua popolarità sia nel Sud del mondo, dottrinalmente conservatore ma economicamente povero, sia nel Nord, ricco ma tormentato dai sensi di colpa” scrive Walter Russell Mead sul Wall Street Journal.
Il Papa che non è andato a Notre Dame per la riapertura.
Il Papa della “fratellanza umana” con l’imam Al Tayeeb, che ha chiesto all’Islam di unirsi contro Israele, che ha legittimato il terrorismo sulla base del Corano e chiesto la morte degli “apostati”, chi si converte al Cristianesimo.
Il Papa che sul 7 ottobre ha detto “hanno ucciso qualcuno” e portato i rapporti col mondo ebraico al punto più basso in una strana convergenza fra l’antigiudaismo cristiano e la tradizione antiebraica musulmana. Mentre Benedetto XVI ha preso posizione in difesa della cultura occidentale e si è impegnato a rafforzare “la collaborazione con i figli e le figlie del popolo ebraico”, il suo successore ha espresso sfiducia nell'Occidente e sostegno ai nemici dichiarati di Israele.
Il Papa del “pugno” ai vignettisti (morti) dopo la strage di Charlie Hebdo (“è normale, è normale”). Perché Francesco ha parlato in modo da essere identificabile come il tutore dell’autodifesa della “dignità delle religioni” (soltanto l’Islam è violento) invece che come il custode della sacralità della vita e del diritto alla libertà d’espressione?
Il Papa che di fronte al più importante episodio di intolleranza verso i cristiani che si sia verificato in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, lo sgozzamento di Padre Hamel in Normandia, ha detto che gli islamisti cercano “soldi” e che se si deve parlare di “violenza islamica” vuole parlare anche di “violenza cattolica”.
Il Papa che ha detto che “è in atto un'invasione araba dell'Europa, un fatto sociale, ma quante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia e ha saputo sempre superarsi e andare avanti per trovarsi infine come ingrandita dallo scambio tra le culture”.
Il Papa che ha parlato delle conversioni forzate dei musulmani nel Medioevo.
Il Papa che è riuscito a spiegare che "l'idea di conquista" è parte integrante dell'Islam come religione, ma anche del Cristianesimo.
Il Papa che ha incontrato Greta, alimentando un ecologismo ridicolo e antioccidentale.
Il Papa che ha detto che “qualificare la Cina come antidemocratica io non me la sento”.
Il Papa che ha definito lo sconvolgimento migratorio “propaganda allarmista”.
Il Papa che ha detto che “la povertà alimenta il terrorismo”.
Il Papa che ha paragonato i migranti in Europa a Gesù e agli ebrei cui dava la caccia Erode.
Il Papa che ha attaccato i politici che difendono le radici cristiane d’Europa.
Il Papa che ha detto che l’Europa ha un’identità “multiculturale”.
Il Papa che ha proposto di combattere lo spopolamento con l’immigrazione.
Il Papa che ha definito l’Occidente “civiltà di fili spinati e schiavitù”.
Il Papa vicino al progetto dei Brics, il “Sud globale” anti-Occidente.
Il Papa che ha equiparato i centri per migranti a “campi di concentramento” e “lager”. E questa è stata la menzogna più grave.
Una volta sdoganato il paragone, persino Erdogan si accosta agli ebrei sotto il nazismo e se Hitler ha sterminato 6 milioni di ebrei, al 2020 in Europa ci sono 87 milioni di migranti (vivi e vegeti).
Nei suoi scritti e discorsi, Francesco presentava sempre una sola verità. Quella del gentile migrante a cui viene negato l'accesso a un paese occidentale ricco e spregevole. Rifiutava l'idea che questi afflussi di migranti potessero essere fonte di problemi anche per i paesi di arrivo. Lui vedeva solo i vantaggi della “diversità”. Ma l’Islam non ha ancora prodotto società civili, stati, istituzioni e cultura dei diritti che siano uguali a quelli occidentali e altrettanto desiderabili per milioni di persone.
“Giovanni Paolo II rimane il Papa della libertà, che ha avuto un ruolo decisivo nella caduta dell'Unione Sovietica e nella conclusione pacifica della Guerra Fredda” scrive Nicholas Baverez, allievo del filosofo Raymond Aron. “Benedetto XVI è stato il papa della riconciliazione tra fede e ragione, che ha cercato di erigere come barriera contro il ritorno del fanatismo religioso. Francesco è il Papa di un risentimento verso l’Europa e l’Occidente”.
Il celebre politologo Pierre Manent su Le Figaro scrive: “I suoi predecessori avevano mostrato un'attenzione viva e amichevole verso le diverse nazioni europee, sapendo quanto la storia della Chiesa e del Cristianesimo fosse intimamente intrecciata con la storia delle nazioni europee. La visione di Papa Francesco sullo stato del mondo è politica. Ai suoi occhi le migrazioni, quelle di cui l’Europa è la principale destinazione, sono il fenomeno più significativo del nostro tempo e in relazione al quale vanno valutate tutte le questioni che ci agitano. Le vecchie nazioni europee hanno l'obbligo primario di fare di tutto per agevolare i movimenti migratori e l'insediamento delle popolazioni che chiedono semplicemente ‘ospitalità’. Colpisce la leggerezza con cui Francesco considera i vincoli umani. L'essere umano ama, spesso appassionatamente, le famiglie, le città, le nazioni, le forme di vita, nelle quali è cresciuto e ha ricevuto la sua educazione. Attaccamenti pericolosi, come ogni cosa umana, ma senza i quali non è mai stato fatto nulla di grande al mondo. Abbiamo il dovere di indifferenza verso le nostre famiglie, le nostre nazioni, la nostra stessa Chiesa? Molti cristiani furono indotti a mostrare una simpatia attiva non solo per il movimento operaio, che era perfettamente legittimo, ma anche per il movimento comunista e il regime comunista. Un fenomeno simile si sta verificando oggi. I migranti, come i proletari del passato, sono per alcuni cristiani il luogo di incontro tra terra e cielo. E come in passato ci rifiutavamo di prendere in considerazione il legame tra una parte dei proletari e il comunismo, oggi respingiamo come empietà il legame tra immigrazione e Islam. La ‘civiltà’ che Papa Francesco dichiara possibile e vuole ardentemente renderci desiderabili, riguarda innanzitutto le nazioni europee. Sono loro che invita a scomparire per diventare migliori. Né la Cina, né la Russia, né l’India, né i paesi musulmani, sono preoccupati dai suoi appelli. È attorno al Mediterraneo che si dovrà compiere la grande opera. Il ragionamento che porta alla cancellazione delle nazioni implica necessariamente anche la cancellazione della Chiesa. Perché dovrebbe conservare la sua forma, il suo principio interiore, i suoi sacramenti, tutte queste caratteristiche che lo contraddistinguono? Perché restare nella Chiesa quando essa ci chiede di fonderci con l'umanità?”.
Nelle prime ore del lunedì di Pasqua, quasi nel momento esatto della morte del Papa, la chiesa di St Mary a Derrybeg, sulla costa occidentale dell'Irlanda, è stata rasa al suolo da un incendio terribile, solo l'ultimo in una Cristianità in cui tali perdite sono diventate all'ordine del giorno. Certo, non è ancora stato stabilito se si sia trattato di un incidente o di un incendio doloso. Ciononostante, domenica la chiesa era piena per Pasqua; lunedì, come il Santo Padre, era sparita.
Chantal Delsol, fine intellettuale e studiosa cattolica e non certo una tradizionalista, ha ragione quando definisce Francesco “un Papa contro l’Occidente”. Ma forse sarebbe il caso di definirlo il “primo Papa post-occidentale” (in una intervista l’ho definito “il primo Papa post-europeo”).
“Dobbiamo rispettare la morte, soprattutto quella di un Papa” ha detto Philippe de Villiers. “La morte di un Papa è la fine di un'era e di un ciclo. Ma abbiamo il diritto di analizzare, perché il Papa è un capo di Stato e un capo della Chiesa. In qualità di capo di Stato, Papa Francesco considerava positivamente il multiculturalismo e l'islamizzazione dell'Europa. Era un papa woke, il papa delle minoranze, delle periferie. Ma quando si cercano le periferie trascurando il nucleo centrale, si perde tutto”.
Non so se abbia ragione Michel Houellebecq quando scrive che “la Chiesa è impegnata in un suicidio”. Ma una certa dhimmitudine culturale è il grande lato cieco del pontificato bergogliano, la cui aspirazione alla pace si incontrava con la volontà di potenza dei suoi interlocutori. Soddisfacendo tutti i requisiti del “Sud del mondo”, decoloniale e distruttore dei “bianchi privilegiati”, Bergoglio non ha seguito le orme dei peggiori autocrati che manipolano questa nuova figura ideologica mobilitante, l’“Occidente”?
Benedetto XVI ha scoperto che il prezzo della convinzione è l'impopolarità. Francesco ha scoperto che il prezzo del compromesso è il disordine.
La storia ricorda l'espressione “meglio il turbante che la tiara” di Gennadio Scolario, capo del potente partito bizantino latinofobo e turcofilo, che preferì consegnare i Bizantini ai Turchi e al giogo definitivo della dhimmitudine piuttosto che allearsi con Roma, rivale di Costantinopoli.
Non so se la storia ricorderà di Francesco “meglio il turbante dell’Occidente”, ma se Wojtyla è andato a Varsavia durante il comunismo e Ratzinger a Ratisbona durante lo scontro di civiltà (e gli fecero il funerale da vivo), fatico a trovare luci in Bergoglio dove lui, in Occidente, vedeva soltanto ombre.
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