Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Zelensky: la tregua di Putin è una farsa Analisi di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 20 aprile 2025 Pagina: 8 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Ucraina, scontro sulla tregua»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/04/2025, a pag. 8, il commento di Anna Zafesova dal titolo "Ucraina, scontro sulla tregua".
Anna Zafesova
La tregua pasquale di 30 ore proposta da Putin serve solo a rilanciare l'immagine di una Russia pronta alla pace. Ma è solo una farsa mediatica. Nel frattempo, nel mondo reale, non è affatto vicino alcun accordo sul cessate-il-fuoco.
Una tregua di Pasqua di appena 30 ore, dalle 18 di sabato alla mezzanotte di domenica, giusto il tempo di preparare i tortini tradizionali, andare alla liturgia notturna, visitare il mattino dopo i parenti portando le uova colorate e rompendo il digiuno della quaresima, e ricominciare la guerra. Dopo aver rifiutato ogni proposta di tregua – quella di Natale, quella incondizionata di 30 giorni offerta a marzo dagli Usa, quella parziale sugli attacchi alle infrastrutture civili discussa con Donald Trump – e aver bombardato spietatamente nelle ultime settimane le città ucraine, Vladimir Putin ha annunciato a sorpresa un cessate il fuoco «per motivi umanitari» alla vigilia della festa che in Ucraina si chiama Velykoden, il "grande giorno". Un annuncio fatto con appena un'ora di anticipo rispetta alla sua entrata in vigore, e forse non comunicato nemmeno ai militari sul campo: venti minuti prima delle 18 uno sciame di droni volteggiava sopra Kyiv, e poco dopo l'entrata in vigore ufficiale della tregua il governatore della regione di Kherson, nell'Ucraina meridionale, riferiva che «un attacco di otto droni russi ha incendiato gli appartamenti di un grattacielo in città, e più tardi tre droni hanno colpito due villaggi».
«Putin ha deciso di nuovo di giocare con le vite delle persone», ha commentato Volodymyr Zelensky, per poi rilanciare l'offerta: una tregua per 30 giorni, quella che il Cremlino aveva rifiutato, perché «30 ore bastano solo per i titoli dei giornali, ma non per consolidare la fiducia, 30 giorni possono dare una chance alla pace».
Nonostante il rincorrersi di notizie contraddittorie, e a differenza della precedente tregua del Natale 2023, violata immediatamente dall'offensiva russa, ieri sera gli allarmi aerei erano quasi cessati in quasi tutta l'Ucraina, in un silenzio che gli ucraini si erano ormai dimenticati, e i militari riferivano di un'interruzione degli assalti in molti tratti lungo la linea del fronte. Putin ha promesso di rispettare la tregua solo a condizione che vi aderisca anche l'Ucraina, e ha dichiarato che il suo gesto servirà come un test della «disponibilità del regime di Kyiv a rispettare gli accordi e partecipare ai negoziati di pace». Zelensky ha risposto promettendo che l'esercito ucraino agirà in maniera speculare ai russi, «silenzio contro silenzio e attacchi in risposta agli attacchi».
L'impressione è quella di una tregua fatta per venire violata, e annunciata dal Cremlino a beneficio soprattutto del padrone della Casa Bianca, che aveva sognato di chiudere la guerra per il giorno di Pasqua, la cui data quest'anno viene condivisa dagli ortodossi russi e dai cristiani occidentali. Probabilmente le parole del segretario di Stato americano Marco Rubio al tavolo negoziale di Parigi di venerdì scorso, sulla possibilità che Washington si lavi le mani dal processo di pace se non otterrà rapidamente un risultato, hanno preoccupato Putin, che ha sentito la necessità di dimostrare di non essere lui il responsabile dello stallo. Il dittatore russo infatti ha ribadito ieri di essere pronto al negoziato, e davanti alle telecamere ha ringraziato per l'impegno diplomatico in particolare «la parte americana, il presidente Trump, i nostri amici cinesi, il presidente della Cina, e i Paesi dei Brics».
Nessuna menzione dell'Europa e degli europei, e soltanto accuse contro gli ucraini e le loro «possibili provocazioni». Nella partita diplomatica, Putin sta cercando di guadagnare tempo, e ieri la Cnn affermava che la Casa Bianca probabilmente vorrà un terzo incontro dei russi con il suo negoziatore Steve Witkoff, da tenere contemporaneamente al negoziato della delegazione Usa con gli ucraini e gli europei, in programma a Londra. Nelle intenzioni dei diplomatici americani, dovrebbe trattarsi dell'ultimo tentativo di far accettare a tutti il loro piano di cessate-il-fuoco, che secondo le indiscrezioni prevede il "congelamento" della linea del fronte attuale, con il riconoscimento di fatto del controllo russo sui territori ucraini occupati e la rinuncia dell'Ucraina all'adesione alla Nato. Diverse fonti vicine al Cremlino hanno raccontato in questi giorni che Witkoff non è riuscito a strappare nessun compromesso a Putin, che continua a chiedere l'annessione di cinque regioni ucraine nella loro interezza. Ma anche Kyiv smentisce di aver «accettato il piano americano al 90%», come affermava ieri mattina il New York Post citando il ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov. E se l'inviato americano in Ucraina Keith Kellogg ha confermato ieri alla Fox News che «l'adesione dell'Ucraina alla Nato è esclusa», resta l'impressione che gli altri dettagli dell'accordo proposto dagli Usa siano ancora tutt'altro che concordati. L'agenzia Bloomberg sostiene, per esempio, che Trump voglia riconoscere l'annessione russa della Crimea – cosa che prometteva di fare già nella campagna elettorale del 2016 – pur di spingere Putin a fermare i suoi militari. Ma questo riconoscimento andrebbe contro il diritto internazionale e rischia di far vacillare quel poco che resta delle regole condivise a livello globale. Un risultato che al Cremlino potrebbe non dispiacere.
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