Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
La sinistra sostiene l’odio Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 20 aprile 2025 Pagina: 1 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Imbarazzante la sinistra che si ostina ad attaccare anche se non c’è motivo»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 20/04/2025, a pag. 1, con il titolo "Imbarazzante la sinistra che si ostina ad attaccare anche se non c’è motivo", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
L'incontro fra la Meloni e Trump è stata un successo sotto tutti gli aspetti. Perché allora la sinistra si ostina a dire che non si è concluso nulla? Solo per alimentare l'odio.
Indubbiamente, sul lato destro, qualcuno ha esagerato con gli applausi: e c’è da ritenere che una persona spiritosa come Giorgia Meloni sarà stata la prima a sorridere di certi laudatores troppo zelanti. È uno degli inconvenienti di chi sta a Palazzo Chigi: difendersi dallo zelo dei lanciatori più scatenati di petali di rose. I quali poi, in genere, sono i primi a defilarsi quando lo scenario cambia. Si sa: debolezze umane.
Ma di gran lunga più imbarazzante appare, sul lato sinistro, la schiera di protagonisti e comparse – nella politica e nei media – che si sono arrampicati su specchi scivolosissimi per tentare di dimostrare l’indimostrabile: e cioè che la missione a Washington della Meloni da Donald Trump (e il secondo tempo della partita a Roma con J.D. Vance) non sia stata un gran successo. «Niente di che», hanno sibilato a denti stretti (ma già con la morte nel cuore) la sera del meeting alla Casa Bianca.
«Nessun risultato concreto», hanno ribadito il giorno dopo, avendo il fegato a pezzi. E infine, per tutta la giornata di ieri, hanno spulciato il documento Trump-Meloni per trovare scombiccherate conferme alla loro strampalatissima teoria.
Se non ci fosse da piangere su questa malridotta sinistra, ci sarebbe perfino di che sorridere. Infatti, anche un bambino piccolo comprende che Meloni ha segnato un punto politico innegabile. Si chiama “posizionamento”: si è oggettivamente posizionata in prima fila nel rapporto con la nuova Amministrazione Usa; contestualmente, si è posizionata alla testa di un plotone europeo dove (a partire da Parigi) abbondano coloro che la detestano; e ha fatto tutto questo senza rinunciare a nessuna delle sue idee e battaglie di questi anni (a partire da una lettura onesta e non di comodo della vicenda russo-ucraina).
Cos’altro doveva ottenere, se non questo?
Anzi, rovesciando la domanda: cosa poteva ottenere più di questo? Chiunque conosca le regole minime della politica, sa che Meloni è stata bravissima. E sa anche che, pure in questa circostanza, i suoi alleati Matteo Salvini e Antonio Tajani hanno fatto gioco di squadra in modo pienamente leale e collaborativo.
Senza rinunciare – ci mancherebbe – a marcare a loro volta il proprio posizionamento (esercizio tra l’altro utilissimo per la coalizione), e costruendo tutti insieme un’offerta politica coerente e complementare.
Dinanzi a questo, una sinistra minimamente normale avrebbe saputo fare buon viso a cattivo gioco, evitando di sparacchiare accuse incongrue e giudizi politici sciocchini. Non serviva il talento di un Tony Blair, per citare un campione del progressismo più recente. Bastava un minimo di buon senso: rinviare le polemiche di qualche giorno, o dirottarle su qualche tema di politica domestica. Riconoscendo invece – con fair play e spirito cavalleresco – che la Presidente del Consiglio si era comportata molto bene in una difficile partita in trasferta. Di più: che non aveva affatto dimenticato (ed era ciò su cui tanti, a Roma come a Bruxelles, avevano già il fucile puntato) l’opportunità politica di tenere conto anche delle esigenze dei partner europei.
Ecco: ci voleva tanto a dare atto al governo di questo comportamento? E invece no: la sinistra non c’è riuscita né con i suoi leader e sottoleader, né con i suoi addetti alla polemica mediatica (se possibile ancora più imbolsiti e confusi dei capi e capetti politici di riferimento).
La sensazione è che da quelle parti prevalgano due istinti: per un verso la polemica a prescindere, e per altro verso (errore ancora più grave) la convinzione che tutto l’elettorato alternativo alla destra voglia – contro gli avversari – solo odio e sangue, sangue e odio. Questo può essere vero, e si tratta di una triste evidenza, per le curve più scatenate. Ma non vale per un mucchio di persone meno ideologizzate, meno incattivite, le quali – pur non votando a destra – hanno visto un premier che ha chiaramente fatto una bella figura. Raccontare a quegli elettori che invece è stato un disastro produrrà un solo effetto: rendere (ancora) meno credibili i propagandisti impegnati a tempo pieno in questo tentativo abbastanza patetico di capovolgere la realtà.
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