Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Gli ebrei, non i palestinesi, hanno subìto la pulizia etnica Analisi di Lyn Julius
Testata: israele.net Data: 17 aprile 2025 Pagina: 1 Autore: Lyn Julius Titolo: «Gli ebrei, non i palestinesi, hanno subìto la pulizia etnica»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo di Lyn Julius tradotto dal Jerusalem Post, dal titolo "Gli ebrei, non i palestinesi, hanno subìto la pulizia etnica".
Lyn Julius
Settantacinque anni fa il parlamento iracheno approvò una legge che permetteva agli ebrei di lasciare il paese a condizione che perdessero la cittadinanza. Poco dopo, nel marzo 1951, la legge 5, approvata in sessione d’urgenza, congelava tutte le proprietà degli ebrei iracheni privati della cittadinanza.
A seguire furono approvate altre decine di leggi antiebraiche. La legge 12 istituì un Segretariato per gestire le proprietà ebraiche confiscate. Tra il 1951 e il 1956 furono approvati diversi decreti che sequestravano, amministravano, alienavano e liquidavano le proprietà ebraiche.
Questi decreti andarono ad aumentare la pressione sugli ebrei che ancora vivevano in Iraq.
Fino a poco prima, nel 1949, il governo iracheno non immaginava che quasi l’intera comunità si sarebbe registrata per partire. Aspettandosi al massimo un esodo di 14.000 ebrei, il regime non immaginava che l’Iraq ne sarebbe stato svuotato.
Ma gli ebrei erano così disperati di fuggire dal paese che erano disposti rischiare pesanti pene detentive pur di attraversare illegalmente il confine con l’Iran.
1951: profughi ebrei dall’Iraq
Il regime aveva dichiarato guerra a Israele, aveva introdotto leggi di emergenza draconiane contro i propri cittadini ebrei, aveva perseguitato sionisti e comunisti, aveva vietato agli ebrei l’istruzione superiore, il lavoro e i viaggi, e aveva giustiziato l’ebreo non sionista più ricco e più influente dell’Iraq, Shafiq Ades, con false accuse di spionaggio.
Si trattava di fatto di un ordine di espulsione.
Quel che è peggio, nell’atmosfera febbrile dell’epoca gli ebrei temevano un secondo Farhud, il pogrom del 1941 che aveva causato la morte di quasi 200 ebrei.
Nel 1949 l’Iraq stava perdendo mille ebrei al mese, e il loro denaro. Di qui, i decreti di confisca dei beni. Un recente rapporto di “Justice for Jews from Arab Countries” ha stimato in 34 miliardi di dollari attuali la perdita di beni e proprietà degli ebrei iracheni.
Quando il suggerimento del presidente Donald Trump di far uscire i palestinesi da Gaza viene sommerso da un coro di indignata riprovazione, si dimentica che il trasferimento di popolazioni non è un’idea nuova, e che è stata applicata agli ebrei.
Paradossalmente, è stata la parte araba la prima a proporre uno scambio di popolazioni in Medio Oriente. Nel 1949, Nuri al-Said assunse l’incarico di primo ministro iracheno e avanzò l’idea di scambiare i 150.000 ebrei iracheni con i rifugiati arabi creati dalla guerra scatenata dai paesi arabi contro gli ebrei in Palestina, sebbene gli ebrei che vivevano nei paesi arabi, a centinaia di chilometri di distanza, non avessero avuto alcun ruolo nei combattimenti.
L’allora ministro degli esteri israeliano, Moshe Sharrett, inizialmente rifiutò ogni possibile collegamento tra i due gruppi di profughi. Il governo israeliano riteneva che si trattasse di un cinico stratagemma per impadronirsi delle proprietà abbandonate degli ebrei iracheni.
L’ambasciatore britannico dell’epoca riferì che uno scambio di popolazione era accettabile per Israele in linea di principio, ma che l’idea di scambiare 100.000 profughi palestinesi nullatenenti con 100.000 profughi ebrei che avrebbero dovuto lasciarsi alle spalle tutti i loro beni era vista in Israele come un’estorsione.
Come poi si vide, l’intenzione dell’Iraq era in ogni caso quella di legalizzare l’esproprio a freddo della comunità ebraica.
Alla fine, circa 130.000 ebrei iracheni fuggirono in Israele mentre solo 7.000 profughi palestinesi arrivarono in Iraq.
A quel punto, il ministro degli esteri Sharrett aveva ormai accettato l’esistenza di un collegamento tra le due popolazioni di profughi.
Entro il 1970, tutti i paesi arabi avrebbero espulso quasi un milione di ebrei, la maggior parte dei quali approdò in Israele in condizioni di indigenza, privati della cittadinanza e di tutti i loro beni.
Gli ebrei provenienti dai paesi arabi e musulmani e i loro discendenti costituiscono oggi oltre la metà degli ebrei d’Israele.
Israele viene abitualmente accusato di pulizia etnica anche se la popolazione araba palestinese non ha fatto che aumentare significativamente, sia all’interno dello stato ebraico che nei territori contesi.
Ma la vera pulizia etnica è ciò che è accaduto agli ebrei, il 99% dei quali è stato cacciato, nell’arco di una sola generazione, estinguendo comunità ebraiche che esistevano sin da prima dell’era islamica.
Il 7 ottobre 2023 Hamas ha semplicemente cercato di portare a termine l’opera.
(Da: Jerusalem Post, 19.3.25)
Per inviare a israele.net la propria opinione, cliccare sull'indirizzo sottostante