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Brigitte Gabriel: I palestinesi hanno distrutto tutti i paesi in cui sono andati 07/04/2025

 Brigitte Gabriel: I palestinesi hanno distrutto tutti i paesi in cui sono andati
Video a cura di Giorgio Pavoncello

Duro atto di accusa di Brigitte Gabriel, libanese, contro l'OLP e le organizzazioni terroristiche che gestiscono i profughi palestinesi. Ovunque siano andati, hanno distrutto i paesi ospiti, come un cancro che agisce in tutto il Medio Oriente.

 



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israele.net Rassegna Stampa
06.04.2025 Noi di Gaza stiamo rischiando la vita per liberarci dall’oppressione di Hamas
Commento di Moumen Al Natour

Testata: israele.net
Data: 06 aprile 2025
Pagina: 1
Autore: Moumen Al Natour
Titolo: «Noi di Gaza stiamo rischiando la vita per liberarci dall’oppressione di Hamas, e questa potrebbe essere la nostra unica possibilità»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo tradotto dal Washington Post, dal titolo "Noi di Gaza stiamo rischiando la vita per liberarci dall’oppressione di Hamas, e questa potrebbe essere la nostra unica possibilità".

Moumen Al Natour, avvocato a Gaza, co-organizzatore delle manifestazioni del 2019 ed ex prigioniero politico di Hamas
Inviata formalmente alle Istituzioni la ...
Moumen Al-Natour anima una rete di auto-aiuto palestinese a Gaza, indipendente da Hamas, ampiamente ignorata dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni umanitarie

Scrive Moumen Al Natour: Dopo che a gennaio Hamas e Israele hanno sottoscritto un accordo di cessate il fuoco, sono tornato da Khan Younis a casa mia, a Gaza City, per scoprire che solo una stanza era ancora in piedi. Quanto basta, ho pensato, per rimettere insieme i pezzi della mia vita.

A marzo, le bombe hanno ricominciato a cadere.

La ripresa delle ostilità è un duro colpo per tutti a Gaza, tranne per Hamas che cinicamente la considera un’opportunità per consolidarsi ulteriormente e opporsi alla sua rimozione dal controllo.

Senza più nulla da perdere, la scorsa settimana molti abitanti di Gaza come me hanno raccolto la poca forza che avevano per protestare nelle strade contro il gruppo che da 18 anni detta ogni aspetto della nostra vita.

Il messaggio del nostro movimento è chiaro: la gente di Gaza vuole vivere quindi Hamas deve andarsene, gli ostaggi portati via da Israele devono essere rilasciati e questa guerra deve finalmente finire.

Finora migliaia di abitanti di Gaza si sono uniti alle proteste e credo che rappresentiamo il sentimento di una grande maggioranza di persone che da lungo tempo hanno troppa paura per opporsi apertamente ad Hamas.

So che Hamas probabilmente verrà a cercarci e che ci attendono grandi pericoli. Ma se dovessimo riuscire nel nostro intento, Israele dovrà riconoscere la nostra esistenza e i nostri diritti di palestinesi, consentendoci di vivere come gli altri popoli del mondo.

Alcuni in Occidente saranno senza dubbio confusi nel vedere dei palestinesi scendere in piazza a Gaza e chiamare apertamente Hamas “terrorista”, dopo quasi 18 mesi in cui molti manifestanti nelle città occidentali hanno apertamente sostenuto non solo i palestinesi, ma anche Hamas.

Ascoltate il parere di una persona che ha vissuto sotto Hamas dall’età di 11 anni: sostenere Hamas significa essere a favore della morte dei palestinesi, non della loro libertà.

Hamas ci sta uccidendo attraverso la guerra, la povertà e l’estorsione. Non ci sta liberando.

Oltre alla strategia spesso impiegata di usare i civili come scudi per i suoi combattenti e di lanciare razzi vicino ai nostri rifugi, nel corso di tutta questa guerra Hamas ha sistematicamente rubato e rivenduto gli aiuti umanitari, traendo profitto della nostra fame.

Reti gestite da persone come me hanno dovuto trovare il modo di aggirare Hamas per distribuire rifornimenti a chi ne aveva più bisogno.

Ma la crudeltà di Hamas negli ultimi 18 mesi è solo il culmine dei 18 anni del suo spietato regime. A Gaza non c’è libertà di pensiero, tanto meno di parola o di credo. Tortura e assassinio sono minacce concrete e non c’è letteralmente nessun posto dove scappare se si è su una lista nera di Hamas.

Ho le cicatrici che lo dimostrano, giacché sono stato arrestato e torturato più volte per aver contribuito a guidare un movimento di protesta civile nel 2019 con lo slogan “Vogliamo vivere”.

Ecco perché i manifestanti anti-Hamas che sono al mio fianco a Gaza, e che stanno finalmente scoprendo la propria voce dopo aver perso tutto, sono per me tra le persone più coraggiose del pianeta.

Questo movimento merita il sostegno di chiunque dichiari di amare la libertà, e in particolar modo di coloro che sostengono di difendere la vita dei palestinesi durante questa guerra.

Nonostante i titoli di giornale che le nostre proteste hanno generato, la rete organizzata pro-palestinese negli Stati Uniti e in Europa non ha ancora accettato la sfida di sostenere gli abitanti di Gaza nella nostra lotta per la libertà dalla tirannia di Hamas.

Per troppo tempo, gli abitanti di Gaza come me sono stati ampiamente esclusi dal dibattito sulla nostra patria. Abbiamo bisogno di più gruppi come il Center for Peace Communications e il progetto Realign for Palestine dell’Atlantic Council per amplificare le nostre voci verso un pubblico internazionale e far sapere che Hamas non rappresenta tutti a Gaza.

Se non riusciamo a rimuovere Hamas adesso, temo che non conoscerò mai un altro momento senza che Hamas sia al comando della mia vita.

Che io venga ucciso da un missile israeliano o da un proiettile di Hamas, mi rifiuto di morire senza aver tentato di essere di nuovo libero.

Noi palestinesi meritiamo il diritto di scegliere il nostro futuro.

Quando questa guerra sarà finita, alcuni vorranno rimanere a Gaza e ricostruire, mentre altri vorranno avere la possibilità di andarsene. Alcuni vorranno continuare la lotta contro Israele, ma molti altri, come me, sperano di trovare una nuova via per noi e per le nostre famiglie.

Nessuna di queste scelte sarà possibile finché Hamas resterà al potere. Ecco perché deve finalmente andarsene.

Se il nostro movimento avrà successo, non solo porrà fine a questa guerra, ma impedirà anche la prossima.

(Da: The Washington Post, 30.3.25)

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