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Brigitte Gabriel: I palestinesi hanno distrutto tutti i paesi in cui sono andati 07/04/2025

 Brigitte Gabriel: I palestinesi hanno distrutto tutti i paesi in cui sono andati
Video a cura di Giorgio Pavoncello

Duro atto di accusa di Brigitte Gabriel, libanese, contro l'OLP e le organizzazioni terroristiche che gestiscono i profughi palestinesi. Ovunque siano andati, hanno distrutto i paesi ospiti, come un cancro che agisce in tutto il Medio Oriente.

 



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Libero Rassegna Stampa
06.04.2025 Pur di combattere Trump i compagni sono diventati liberisti
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 06 aprile 2025
Pagina: 1
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Pur di combattere il presidente Usa i compagni sono diventati liberisti»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 06/04/2025, a pag. 1, con il titolo "Pur di combattere il presidente Usa i compagni sono diventati liberisti", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Trump e la von der Leyen, dazi e contro-dazi. Legittimo contestare Trump e la sua scelta di chiudere col commercio mondiale. Ma chi contesta non è credibile, perché fino a ieri non voleva il libero commercio. Oggi quelli che sono contro Trump chiedono ossessivamente "più Europa" e non sanno pensare ad altro.

Si dice- ed è assolutamente vero: lo si può ragionevolmente sostenere sia nel consenso sia nel dissenso - che la spericolata mossa di Donald Trump sui dazi vada spiegata e valutata più in chiave politica che semplicemente in ottica economica. In altre parole, fedele a una sua decisiva promessa della campagna elettorale, il Presidente Usa vuole riportare a casa alcune produzioni. Obiettivo certamente desiderabile pensando ai colletti blu, all’America di una certa desertificazione industriale, alle fabbriche in crisi.
In realtà, come sappiamo, questa sfida si presenta ardua, perché le catene di produzione non si ricreano dalla sera alla mattina. E, per quanto “persuasiva” possa essere la politica, poi i veri protagonisti del mercato rimangono – per fortuna – gli individui, le famiglie e le imprese. Decideranno di cambiare decisioni e abitudini di produzione e di consumo? E in che tempi lo faranno? E quali e quanti “costi” dovranno essere sopportati nell’arco temporale di questa trasformazione? Nelle risposte a queste domande starà il successo o l’insuccesso della scommessa trumpiana.
Scommessa tutta politica, come si vede.
Se questo è vero, è però altrettanto vero che pure gli odiatori di Trump (al di là e al di qua dell’Atlantico) stanno ragionando in termini tutti politici e quasi per nulla economici. Se infatti si muovessero secondo criteri economici, suggerirebbero all’Ue di reagire in chiave liberale, liberista e pro mercato, e cioè abbattendo i propri dazi (comunque li si voglia chiamare: intendo il complesso delle barriere tariffarie e non tariffarie di cui l’Europa è purtroppo feticisticamente innamorata). Se Bruxelles facesse così, farebbe del bene ai propri cittadini, e contemponeamente si metterebbe nelle condizioni migliori per negoziare con Trump.
E invece no. Gli antitrumpisti si guardano bene dal proporre risposte economiche (meno che mai di segno liberale), e preferiscono invece a loro volta risposte tutte politiche orientate allo scontro frontale: controdazi, parole fortissime e spesso fuori controllo, e la ricerca voluta di altra abbondante benzina da versare sul fuoco.
È soltanto e tutta politica, come si vede: altro che economia. Gli odiatori ossessivi di Trump vogliono più Europa (anzi, desiderano cogliere la palla al balzo dei dazi per ritentare la via del super-Stato Ue più volte rigettata dagli elettori), più Cina (come se non bastasse il regalo a Pechino già rappresentato dal green deal), e soprattutto cercano una drammatizzazione mediatica (auspicandone una ricaduta sui sondaggi) per tentare di vendicarsi delle scoppole politiche loro inflitte da Trump dal 6 novembre a oggi. Diciamocelo: da allora, le sinistre di mezzo mondo erano alle corde, stordite e imbambolate. E la partenza del Trump-bis, con tutto il potere Usa a far corona al nuovo Presidente, e con la raffica degli executive orders a dare il senso di una grande svolta, aveva lasciato gli avversari senza fiato.
Ecco, ora, vedendo le Borse a picco, sperano in una circostanza che le rimetta in partita: lì e anche qui, dove abbastanza pateticamente la sinistra politica e mediatica cerca di buttare la croce addosso a Meloni e Salvini.
Dal mio personale punto di vista, Trump farebbe bene a interrogarsi: le sue mosse rischiano di non far bene al commercio internazionale e contemporaneamente di ridestare i suoi oppositori che erano – metaforicamente parlando – in sala di rianimazione. Un buon politico deve calcolare anche questo: il dosaggio tra il livello di ambizione di un suo piano e il rischio che esso, per mille ragioni, si riveli una ciambella di salvataggio offerta ai suoi oppositori. Si vedrà: ogni esito è possibile. Anche perché, per quanto sia al suo secondo mandato, Trump si considera di tutta evidenza in campagna elettorale, in vista delle elezioni parlamentari di mid-term: e dunque sarà l’andamento dei consensi a persuaderlo in un senso o nell’altro.
Ma – tornando a noi – l’unica cosa che non sarebbe accettabile da parte di analisti minimamente onesti sarebbe questo ennesimo doppio standard: trattare lui come uno che si muove per ragioni politiche, e gli altri come degli arcangeli liberali e pro mercato innamorati del libero commercio. Magari fosse così: sono mossi da calcolo puramente politico gli uni e gli altri. E vedere vecchi arnesi della sinistra burocratica e della tecnocrazia europea, pronti a regolare ossessivamente tutto, inclusi i tappetti di plastica, presentarsi come nipotini liberali dei grandi Adam Smith e David Ricardo fa veramente sorridere. Giù la maschera.

 

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