La Road Map fallisce? Arafat si autoproclama non colpevole
Testata: Il Foglio Data: 04 settembre 2003 Pagina: 3 Autore: un giornalista Titolo: «Arafat, la road map è morta. Abu Mazen, me ne vado sul serio»
Dal Foglio giovedì 4 settembre 2003 una analisi di cosa sta succedendo nell'ANP. Roma. Yasser Arafat dichiara morta la road map, il primo ministro palestinese Mahmoud Abbas, risponde, forse per scherzo, forse sul serio, che chiederà al Consiglio legislativo palestinese di avere il massimo dei poteri, e che in caso contrario si dimetterà. Non parlano direttamente i due avversari, anche se alla Cnn Arafat ha parlato sul serio. Tutti e due dicono che non è un vero ultimatum. Abbas presumibilmente chiederà oggi al Consiglio di sostenerlo e poi, a seconda di come le cose andranno, prenderà una decisione su quel che è necessario fare. Ma Abbas è stato in crisi con Arafat, gli intimi dicono che si odiano e che sono disposti a qualunque cosa pur di far fuori l’uno l’altro, da quando è stato nominato dagli Stati Uniti, d’imperio in aprile, primo ministro. Sono arrivati ora i primi cento giorni di governo, non grandi risultati. Mahmoud Abbas, Abu Mazen come lo chiamano tutti, è sotto pressione, perché Israele e i fattori internazionali, la road map, percorso verso la pace in Medio Oriente, gli hanno chiesto di persuadere i gruppi militanti palestinesi a mettere fine agli attacchi rivolti a obiettivi israeliani. Si chiama road map – sottoscritta da Stati Uniti, Nazioni Unite, Unione europea e Russia – e intendeva mettere fine al conflitto israelo-palestinese e stabilire uno Stato indipendente palestinese entro il 2005. Intendeva anche mettere fine al potere di Arafat, uno che ha avuto credibilità da tutto il mondo, uno che è andato a Washington a firmare, o a trattare, grandi e importanti accordi di pace, uno che, l’ultima volta con Bill Clinton, alla fine delle presidenze democratiche del decennio scorso, ha detto che no, non se ne parlava assolutamente di dichiarare pace alle condizioni dell’allora primo ministro israeliano Ehud Barak. Adesso Arafat dice alla Cnn che l’azione militare ultimamente intrapresa da Israele ha ucciso la road map. Ma Arafat non fa parte, non faceva parte, della road map, perché da un anno è stato dichiarato persona non grata dagli Stati Uniti, anche se non dall’Unione europea, e l’intera operazione facente capo ad Abu Mazen aveva un senso se collegata alla fine, all’uscita di scena, di Arafat. Invece il vecchio rais sottovaluta lo scontro tra lui e Abbas, dice che sono articoli di stampa esagerati e che in realtà il vero problema resta Israele. Dice anche che non c’è nessuna prospettiva di ottenere dai gruppi palestinesi una nuova tregua, un cessate il fuoco in Israele, come quello che è durato dal 29 giugno al 21 agosto, sia pure con molta indulgenza da parte del governo Sharon. La frase esatta pronunciata dal vecchio rais è: "La road map è morta, ma solo per colpa dell’aggressione militare israeliana delle ultime settimane". Gli tocca rispondere al primo ministro Ariel Sharon, anzi al suo ufficio, e dicono: "E’ Arafat colui che ha rovinato il processo di pace, colui che è diventato il principale ostacolo alla realizzazione della road map e alle aspirazioni dei palestinesi che vogliono uno Stato e non il terrorismo". Il governo israeliano lunedì scorso ha dichiarato una guerra totale contro Hamas che, insieme con la Jihad Islamica, ha proclamato di essere responsabile dell’attacco terroristico all’autobus di Gerusalemme che ha ucciso ventuno persone, il 19 agosto. Durante la riunione del governo è stata anche presa la decisione di congelare i contatti diplomatici con l’Autorità palestinese fino a quando sul serio, e non soltanto a parole, la leadership palestinese prenderà una iniziativa contro il terrorismo. Yasser Arafat dà per finita la road map, Yasser Arafat dà per scontato che nessuno in realtà intenda cacciarlo, che l’idea della deportazione, una volta messa in pratica, diventi un boomerang, un’arma che si ritorce contro Israele già così fragile nell’opinione pubblica internazionale. Un’altra ipotesi, oggi Abu Mazen alza il tiro e chiede, almeno a parole, che si faccia questo benedetto voto di fiducia sul suo premierato. Ma, in risposta a una deportazione di Arafat che diventasse realtà, Abu Mazen, fiducia o no, non avrebbe altra scelta se non dimettersi da primo ministro e andarsene in esilio. La road map è fallita, viva la road map. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.