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Il Foglio Rassegna Stampa
01.04.2025 La rivolta popolare contro Hamas e il silenzio delle ong
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 01 aprile 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il 25 aprile di Gaza»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/04/2025, a pagina 1/4, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Il 25 aprile di Gaza".

Informazione Corretta
Giulio Meotti
Nella Striscia di Gaza proteste palestinesi contro Hamas - RTV SLO
Il silenzio degli antifascisti, la rivolta popolare contro Hamas e le ong così taciturne. Le proteste contro il gruppo terroristico passano in sordina tra le file della sinistra e non solo. Questo significa una sola cosa, qualcuno tra di loro ha sempre appoggiato Hamas. Vergognoso!

Roma. Le ong non hanno mai avuto molto a cuore la sorte degli ostaggi israeliani nel sottosuolo di Gaza. Keith Siegel, recentemente rilasciato, a “60 minutes” della Cbs rivela: “Ho assistito a una giovane donna torturata dal terrorista, intendo tortura letterale, non solo in senso figurato. Ho visto aggressioni sessuali su ostaggi donne”. I suoi rapitori gli hanno rasato la testa e le parti intime. “Forse li divertiva”. Certi occidentali sono disposti a combattere Israele non solo fino all’ultimo ostaggio, ma anche fino all’ultimo palestinese. Con l’uccisione dei dissidenti, Hamas ha iniziato l’opera di repressione dei palestinesi di Gaza che hanno partecipato alle proteste al grido di “Hamas arhabiyah” (terroristi)”. Tra le persone trucidate Odai al Rubai, che aveva promosso le manifestazioni e si era espresso contro Hamas sui social. Lo hanno sequestrato e torturato per ore, per restituirlo alla famiglia moribondo. Hussam al Majdalawi è stato “gambizzato” e abbandonato in piazza. Il mukhtar al Barrawi aveva chiesto a Hamas di liberare gli ostaggi: è morto a causa di un “infarto”.

I famigliari di Rubai hanno rilasciato una dichiarazione in video in cui esortano “tutte le organizzazioni per i diritti umani a sostenere la popolazione di Gaza contro questi criminali”. Organizzazioni per i diritti umani? In questo caso, niente “occhi puntati su Rafah”.

I gruppi vestiti di kefiah che riempiono le strade di Londra, Roma, Parigi e New York sventolando bandiere dell’Olp e denunciando Israele come “genocida” sono visibilmente silenziosi sugli arabi di Gaza che protestano non contro Israele, ma contro Hamas. Nulla da Francesca Albanese, la relatrice speciale dell’Onu. Nulla da Amnesty International, che “ha sospeso la sua sezione locale israeliana a gennaio perché abbiamo reso evidenti i crimini di Hamas contro gli israeliani e i palestinesi”, come rivela su Haaretz Yariv Mohar. “Prima che la sospensione avesse luogo, io, come vicedirettore, ho riscontrato un modello preoccupante: una tendenza del movimento a minimizzare e sminuire le critiche legittime e importanti a Hamas. Ora siamo alla resa dei conti morale per il mondo dei diritti umani”.

Racconta Mohar che “figure di spicco di Amnesty hanno chiesto che rimuovessimo un documento pubblicato sulla retorica disumanizzante verso gli israeliani e che glorifica Hamas utilizzata tra circoli progressisti in occidente. I membri di Amnesty hanno lasciato intendere che condannare troppo Hamas potrebbe rafforzare la narrazione israeliana”.

L’Atlantic americano ha un’inchiesta sulle ong. Rasha Khoury, a capo del consiglio di Medici senza frontiere in America, “è l’incarnazione di questa nuova tendenza nell’establishment dei diritti umani”. Un mese dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, Khoury ha pubblicato un saggio sulla bacheca digitale dell’organizzazione, notacome Souk: “Dobbiamo decolonizzare le nostre menti”. Doug Sandok ha lavorato con Medici senza frontiere in Ruanda, Cecenia e Sri Lanka negli anni Novanta. “Sono andato a un incontro dell’intera organizzazione nel novembre 2023 e il discorso mi ha scioccato, tutto incentrato sul colonialismo antioccidentale e sul razzismo. Alcuni di noi hanno chiesto: ‘E’davvero scontato che Israele abbia commesso un genocidio?’”.

Per Dan Balson, lavorare per Amnesty era un sogno. Lui e i suoi genitori sono usciti dall’Unione sovietica nel 1988 parte di un’ondata di emigrati ebrei. Amnesty ha avuto un ruolo chiave nel fare pressione su Mosca affinché liberasse famiglie come la sua. Balson è diventato il direttore dell’advocacy di Amnesty per l’Europa e l’Asia centrale, coprendo un territorio che va dalla Russia all’Afghanistan all’Ucraina. Ma quando ha visitato la sede globale di Amnesty a Londra ha percepito un’antipatia verso Israele e gli ebrei.

La mattina del 7 ottobre, Balson aprì X e vide che la sua collega Rasha Abdul Rahim, direttrice dei servizi tecnici per Amnesty, scrisse: “Essere veramente antirazzisti e decoloniali significa riconoscere che la resistenza contro l’oppressione a volte è brutta”. Balson si è dimesso. Anche Roy Yellin è un attivista israeliana per i diritti umani che ha lavorato con i grandi gruppi internazionali in Europa e negli Stati Uniti. “Pensa che se si limitassero a urlare ‘genocidio’ e ‘apartheid’ forse torneremo in Europa. A volte mi sento come se fossi stato solo un utile idiota”. Lo era, ma a differenza degli altri, ha avuto almeno il coraggio di confessarlo.

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