I palestinesi si rivoltano contro Hamas Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 27 marzo 2025 Pagina: 14 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «I palestinesi in rivolta. «Fuori Hamas da Gaza»»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/03/2025, a pag. 14, con il titolo "I palestinesi in rivolta. «Fuori Hamas da Gaza»", la cronaca di Amedeo Ardenza.
I pacifisti veri: protesta palestinese contro Hamas, responsabile della nuova guerra contro Israele. Per avere la pace, Hamas deve lasciare il potere a Gaza.
Il governo israeliano cerca di mettere nell’angolo Hamas. Ieri il primo ministro Benjamin (Bibi) Netanyahu ha scandito che, «tanto più Hamas persiste nel rifiuto di liberare gli ostaggi tanto più forte sarà la pressione su di loro». Con una postilla, ha proseguito Bibi: Israele non esclude di occupare parte del territorio alla Striscia di Gaza.
Anziché al gruppo terrorista, il ministro della Difesa Israel Katz si è rivolto direttamente ai gazawi avvertendoli da un lato che le Israel Defense Forces (Idf) opereranno presto in altre aree dell’enclave palestinese, dall’altro invitandoli a imitare i loro concittadini di Beit Lahyia che sono scesi per strada in protesta contro Hamas.
«Chiedete anche voi la cacciata di Hamas da Gaza e il rilascio immediato di tutti gli ostaggi israeliani. Questo è l'unico modo per fermare la guerra», ha affermato in un videomessaggio.
Mercoledì, per il secondo giorno consecutivo, palestinesi di Gaza sono scesi in strada per protestare contro Hamas e chiedere la fine della guerra. Oltre che a Beit Lahiya, dimostrazioni si sono tenute nel campo profughi di Jabalyia e a Khan Yunis come anche nel quartiere Shejaiya di Gaza City. Comune lo slogan: «Fuori Hamas!».
Manifestazioni di insofferenza non comuni in un territorio che il gruppo terrorista sostenuto dall’Iran ha governato con il pugno di ferro negli ultimi 18 anni. E tuttora tenta di controllare, come riferisce il portavoce dell’Idf in lingua araba, citando l’agenzia di stampa di Gaza Shehab, affiliata ad Hamas,che promuove una campagna online in cui chiunque pubblichi contenuti contrari a Hamas verrà etichettato come traditore d parte della «rete di Avichai Edraei».
Era il 2007 quando Hamas, cacciò con le armi gli uomini fedeli ad Abu Mazen, all’erede politico di Yasser Arafat. L’anno prima Hamas aveva vinto le elezioni per il rinnovo del Consiglio legislativo palestinese e formò un governo al quale Fatah rifiutò di partecipare.
Con il passare dei mesi la tensione fra i due schieramenti non fece che crescere finché a giugno 2007, in una miniguerra civile, Hamas uccise 116 esponenti di Fatah a Gaza, restando l’unica forza politica al potere nella Striscia.
Da allora i palestinesi non sono più andato alle urne e tutti i tentativi di riconciliazione fra laici e islamici si sono sempre risolto in un nulla di fatto.
Ma se Abu Mazen è apertamente contestato a Ramallah e dintorni, il che spiega perché l’anziano leader si è sempre guardato dal sottoporsi al giudizio degli elettori nonostante il suo mandato da presidente dell’Autorità palestinese sia scaduto nel 2009, nessuno a Gaza ha mai osato alzare la voce contro Hamas. Tra le poche entità politiche e militare autonome tollerate da Hamas si conta il Jihad islamico palestinese accomunato dall’obiettivo di distruggere il vicino Stato ebraico. Notizie di dissenso non ce ne sono, ce ne sono invece di tanti gazawi messi a morte da Hamas nel corso degli anni, tutti con l’accusa di essere collaborazionisti o spiedi Israele.
Le manifestazioni dei gazawi contro il gruppo islamico sono dunque il segnale della disperazione di per una guerra scatenata da Hamas il 7 ottobre 2023. Una guerra combattuta sulla pelle dei gazawi prima usati – loro, le loro scuole e i loro ospedali – come rampe di lancio missilistiche, poi come scudi umani e infine come recettori di aiuti internazionali di cui Hamas sistematicamente si appropria.
Diciotto mesi dopo Gaza è semidistrutta, i morti si contano a migliaia (oltre 48mila secondo Hamas la cui attendibilità però è dubbia) e Israele continua a combattere per riportare a casa gli ultimi ostaggi, mentre dall’estero il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito di espellere tutti i gazawi per ricostruire la Striscia a propria immagine e somiglianza. Circostanze che hanno spinto queste ore Munther al-Hayek, portavoce di Fatah a Gaza, a esortare il gruppo militante islamico a «farsi da parte per il bene comune».
Mercoledì mattina il Jihad islamico ha rivendicato il lancio di due missili da Gaza: uno è stato intercettato. l'altro è caduto in una zona aperta vicino al confine. Poco dopo il portavoce arabo dell'Idf, Avichay Adraee, ha esortato gli abitanti di una serie di quartieri di Gaza City a evacuare verso sud, denunciando il lancio di «razzi da aree civili».
Ieri nella parte del poliziotto buono è intervenuto il ministro degli Esteri israeliano: «Stiamo ancora lasciando spazio al dialogo per raggiungere un accordo per estendere il cessate il fuoco e liberare gli ostaggi», ha dichiarato, «ma non aspetteremo per sempre».
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