Le proteste senza sosta contro la linea Netanyahu Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 24 marzo 2025 Pagina: 12 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Le proteste senza sosta contro la linea Netanyahu»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 24/03/2025 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Le proteste senza sosta contro la linea Netanyahu".
Fiamma Nirenstein
In piazza contro Netanyahu, anche nel bel mezzo della guerra di sopravvivenza. L'odio nei confronti del premier conservatore, la cui vera "colpa" è di non essere di sinistra, è ormai irriducibile, paragonabile a quello che c'era in Italia per Berlusconi.
Semmai un periodo nella storia italiana che, con tutte le maggiori, dovute differenze, ricorda questo momento in Israele, è quello della esplosione mediatica e popolare contro Silvio Berlusconi, quando metà Italia, e quasi tutti i media, non potendo accettare la svolta post resistenziale che indicava la strada della democrazia liberale e capitalista, mettendo da parte i totem e il potere consolidatosi dopo la resistenza, crearono un mito autoritario, una situazione di rivoluzione antigovernativa. Così è con Netanyahu: un gioco frenetico nelle piazze, sugli schermi, sui giornali contro il Primo Ministro, cerca semplicemente di spingerlo fuori dal suo ruolo, accusando di voler portare il paese al fascismo. L’ accusa profonda è quella di non essere di sinistra (anche se è difficile definirlo di destra, laico e internazionale com’è), di troppo lunga durata, e votato dagli ebrei sefarditi a fronte dell’origine bengurionista, socialista, europea, della nobile tradizione che vuole restare al comando.
Una storia comune nel mondo democratico, ma molto più drammatica in un Paese in guerra che combatte per la sua sopravvivenza. In questi giorni la folla in piazza, mentre suonano le sirene e si combatte di nuovo a Gaza e al Nord, in cui i ragazzi di tutte le famiglie, di destra e di sinistra, rischiano la vita, ha il fine di indurre lNetayahu a rinunciare a licenziare il capo dello Shin Beth, i servizi dell’interno, Ronen Bar; e anche di far recedere la proposta di detronizzare il Procuratore Generale Gali Baharav Miara. Baharav Miara si è già pronunciata nella difesa di Bar, proibendo di licenziarlo, e in mille altre prese di posizioni che in scarsa sintonia col governo. La sua delegittimazione è complessa, prende tempo, per Baharav Miara si sono già raccolte molte firme di legislatori di primo piano, e questo ha a che fare con la vicenda, molto complessa, della riforma del sistema giudiziario israeliano: Israele non ha una costituzione scritta, il suo sistema legale nasce da una rivoluzione nata sotto l’egida del giudice Aharon Barak, che ha arrogato al giudiziario poteri quasi illimitati di rovesciare praticamente tutte le decisioni del governo. Biara ha usato molto questo strumento politico illimitato, oggi in mano alla sinistra, e il governo Netanyahu si scontra ora di nuovo per la vicenda Bar. Mentre si grida all’attentato alla democrazia. Bar è stato un capo dello Shabbach sfortunato: molto classico nella sua visione che è quella di agire argutamente sul terreno specifico (eliminazioni, identificazioni, rifugi del terrorismo a Jenin come a Gaza), ma si è arenato sulla visione generale per un’impostazione molto classica: sopire e calmare. Questo modo di pensare ha portato a fraintendere del tutto i grandi momenti come quello dell’attacco del 7 di ottobre, le grandi scelte ideologiche del nemico sono state fraintese come momenti specifici del nemico, non ideologici di fondo, difficoltà da superare con aiuti, comprensione, lavoro politico.
Così Bar e i suoi colleghi ancora al mattino alle 3,30 hanno sottovalutato ciò che si stava preparando sotto i loro occhi, e non lo hanno considerato degno di essere comunicato al Primo Ministro. Netanyahu, a sua volta ha le sue responsabilità ma non quella specifica delle mosse di quella mattina stessa: dal 7 ottobre dopo che Bar in molte occasioni ha conservato un atteggiamento diverso da quello molto belligerante del PM e un suo stile più accordo col ministro Gallant e con Biden che con Bibi, ha deciso da tempo di di porre fine alla loro collaborazione. All’accusa che Bar è stato licenziato perché aveva preparato le carte per un “Qatar Gate” che accusa un collaboratore nell’ufficio di Netanyahu di aver preso denaro da Doha, il PM ha risposto che è vero il contrario: dopo che si è concretizzata la scelta di dismetterlo dal suo ufficio, Bar avrebbe sfoderato l’arma qatarina. Di certo, in democrazia un impiegato dal governo, per quanto importante, non dovrebbe rifiutare la decisione di chi, eletto primo ministro, lo aveva arruolato. Spesso Israele affronta un esercito e dei servizi superpotenti che vogliono che la politica lavori per loro, invece che l’esercito per il governo. Ma Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente, ed è bene che metta da parte l’odio interno specie in guerra.
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