Riprendiamo da BET Magazine di marzo 2025, a pag. 20, l'articolo di Pietro Baragiola con il titolo "Oltre i confini del Reich: il nazismo in Medio Oriente".

"In cielo Dio è sovrano, in terra Hitler”: così recitava uno slogan diffuso in Medio Oriente durante la Seconda Guerra Mondiale, quando gli arabi erano alleati del Terzo Reich e la lotta contro gli ebrei era un obiettivo comune del Führer e del Gran Muftì di Gerusalemme. A questa storia, ancora poco esplorata e conosciuta, il Museo Ebraico di Bologna dedica la mostra, aperta fino al 30 marzo, Oltre i confini del Reich. L'ombra del nazismo e i fantasmi dell'antisemitismo nel Medio Oriente, un’esposizione storica che ripercorre gli eventi avvenuti in Palestina tra il 1917 e il 1948 e l’impatto delle ideologie nazi-fasciste.
La mostra è uno degli eventi organizzati dalla comunità ebraica di Bologna per il Giorno della Memoria 2025 e, attraverso una dozzina di pannelli espositivi, si sofferma sugli effetti della decolonizzazione in Medio Oriente, sugli scontri tra arabi ed ebrei e sulla figura del Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al-Husseini, collaboratore e sostenitore entusiasta di Adolf Hitler.
“Ricostruire il quadro storico, contestualizzare i movimenti sociali e politici nell’area palestinese e restituire la storia passata può aiutare a comprendere meglio molti aspetti del presente” è la linea guida della mostra.
Il nazi-fascismo in Medio Oriente
Il nazionalsocialismo e il fascismo hanno caratterizzato la prima metà del Novecento affermandosi come regimi politici e sistemi istituzionali in diverse parti d’Europa.
La nuova esposizione del Museo di Bologna, però, vuole spiegare come l’influenza di questi movimenti si sia estesa ben al di fuori dei confini continentali, raccogliendo innumerevoli consensi e lasciando un’impronta che arriva fino ad oggi.
«Facendo questa analisi non ci si può fermare ad un semplice presupposto ideologico, affermando che il nazismo e il fascismo abbiano influito completamente o in nessun modo sul formarsi delle società moderne - spiega a Bet Magazine il curatore, storico e docente Claudio Vercelli -. Il nostro obiettivo è quello di capire quali tracce siano state lasciate nella collettività da questi movimenti e quanto di loro sia rimasto nei gruppi di leadership. È questo l’intento della nostra esposizione: stabilire quanto e cosa, senza però dare un giudizio».
Gli anni della Seconda Guerra Mondiale hanno contribuito a ridisegnare i rapporti di forza tra arabi ed ebrei in Medio Oriente dove, per via della decolonizzazione, la Palestina storica era appena passata da territorio del vecchio Impero Ottomano a Mandato sotto il controllo britannico.
Protagonista di questo clima di tensione è stato il Gran Muftì Amin al-Husseini, leader degli arabi palestinesi e violento nazista che ha volonterosamente sostenuto Hitler in diversi modi: vivendo a Berlino durante la Seconda Guerra Mondiale, opponendosi alle trattative con la comunità ebraica e progettando di annientare ogni singolo ebreo nei paesi arabi.
Già nel 1929 il governo britannico gli ha attribuito la responsabilità dell’uccisione di 133 ebrei e del ferimento di altri 239, durante veri e propri pogrom in Erez Israel.
Dopo aver eliminato e ridotto al silenzio le forze arabe più moderate, al-Husseini ha fatto sì che tedeschi e italiani iniziassero a trasmettere in arabo la loro propaganda, ricca di prediche antisemite, in modo da diffonderla in nord-Africa e in Medio Oriente. Persino il giornale iracheno al-‘Alām al-‘Arabi in quegli anni iniziò a pubblicare estratti della traduzione araba del Mein Kampf con lo scopo di aizzare l’odio antiebraico.
Per consolidare il suo rapporto con i nazisti, l’Iraq aveva deciso di chiudere le frontiere agli ebrei europei in fuga e, come risultato, molti di loro furono deportati.
In pochissimo tempo, molti Paesi arabi incrementarono esponenzialmente le misure antisemite tra cui: la chiusura dei giornali ebraici, la comparsa di striscioni con la frase “In cielo Dio è sovrano, in terra Hitler” e l’inizio di una lunga serie di uccisioni di ebrei per le strade delle città.
Le Waffen - SS Handschar musulmane
La demonizzazione del popolo ebraico nel mondo islamico proseguì in maniera incontrollabile fino a sfociare nella creazione di un violento corpo d’assalto di SS musulmane bosniache, le Waffen-SS Handschar. Queste unità furono istituite con l’approvazione di Hitler dal Muftì di Gerusalemme in collaborazione con Alija Izetbegovic, il leader della gioventù islamica di Sarajevo, e si sono rese responsabili dell’uccisione del 90% della popolazione ebraica dei Balcani.
«Al netto di tutte le polemiche, però, dobbiamo fare attenzione - spiega Vercelli - a non schiacciare la storia delle collettività di quel tempo sotto una sola figura come quella del Gran Muftì, che certamente ha avuto una grande eco ma non era rappresentativa dell’intera società. Oltre i confini del Reich vuole aprire un piano di riflessione, mostrando al pubblico italiano tutti i dati e gli elementi per poter discutere sull’argomento con una base storicamente fondata».
La mostra è il frutto di un lavoro di sei mesi, durante i quali Claudio Vercelli e Francesca Sofia hanno confrontato tra loro il materiale che ciascuno dei due aveva già raccolto sull’argomento, in modo da presentarne una visione più accurata possibile al pubblico italiano.
«In un clima di tensione come quello che stiamo vivendo, è importante ricordare che questo non è un lavoro di provocazione ma storiografico - ha concluso Vercelli. - L’obiettivo del Museo Ebraico di Bologna e sì la tutela del patrimonio culturale ebraico ma anche quello di divulgarlo in maniera corretta e in Italia ci rendiamo conto di scontare un ritardo non da poco su certi temi. C’è ancora molto su cui lavorare».
Il presidente della Fondazione MEB Guido Ottolenghi, nel suo discorso di inaugurazione della mostra, il 26 gennaio, ha ricordato che «Al Hussaini partecipò alla rivolta contro gli inglesi del 1936, e all’organizzazione del colpo di stato filonazista a Baghdad del 1941, culminato nel pogrom contro gli ebrei. Fuggì poi a Roma con l’aiuto di Mussolini e di lì a Berlino. Era fiducioso che la Seconda Guerra Mondiale avrebbe portato alla vittoria dell’Asse, credeva nel totalitarismo e valutava che anche per il Medio Oriente la soluzione del 'problema ebraico' fosse la eliminazione degli ebrei. Si tratta di un importante tassello della storia della Shoah e della rete di alleanze di Hitler nel disegno di sterminio degli ebrei, che contiene inoltre un profondo lascito culturale e politico nei due messaggi che più caratterizzano l’insegnamento del Gran Muftì: il massimalismo, cioè la posizione che nessuno Stato ebraico può esistere in Medio Oriente, e la deumanizzazione degli ebrei, cioè l’idea che essendo essi subumani, malvagi e complottisti, l’eliminazione degli ebrei (uomini, donne e bambini indistintamente) sia un obiettivo legittimo».
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