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Il Giornale Rassegna Stampa
21.03.2025 Israele combatte per la sua salvezza nulla può fermarlo
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 21 marzo 2025
Pagina: 14
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Israele combatte per la sua salvezza nulla può fermarlo»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 21/03/2025 a pag. 14 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: " Israele combatte per la sua salvezza nulla può fermarlo".


Fiamma Nirenstein

Tornare a combattere a Gaza: non c'è altra scelta. Non è possibile rimettere in moto la trattativa per la restituzione degli ostaggi, senza la massima pressione militare. E ricordiamoci sempre che quella di Israele è una guerra per la sopravvivenza, non ha alternative: fronteggia terroristi che vogliono la distruzione dello Stato ebraico e lo sterminio degli ebrei.

Israele non ha nessuna altra scelta se non combattere questa guerra e rimettere in moto la restituzione degli ostaggi. Non ha potuto contare sul sostegno di nessuno, ma oggi il momento è buono per il sostegno americano, che prima non c’era. C’è invece il solito biasimo pieno di odio e di balle mentre Israele di nuovo combatte a Gaza, la solita richiesta inconsulta di cessare il fuoco e prepararsi a farsi macellare. Da Hamas, e poi da Hezbollah, e poi dall’Iran... ma stavolta non accadrà. Si è imparato qualcosa il 7 di ottobre anche sulla ripetitività del biasimo e del veleno che proviene dall’interno stesso di Israele. Ancora nell’ottobre del ’23, sui corpi ancora caldi dei bambini uccisi e delle donne stuprate e fatte a pezzi, il segretario di quella inutile organizzazione che è l’ONU, chiese il cessate il fuoco: già allora. Adesso, di nuovo. La morte nei tunnel dei rapiti, la quieta ricostruzione del potere di chi aveva assalito Israele e di chi adesso sacrifica di nuovo i suoi figli per prepare, dichiaratamente, la nuova Shoah, non interessa quanto la coesione ideologica sul pacifismo autolesionista di un Occidente asservito a maggioranze in cui l’Islam è determinante.   Israele ha dovuto necessariamente di nuovo attaccare Hamas pena la ricostruzione di tutto l’asse dall’Iran ai Houty al Libano. L’attacco terrorista che sotto la cenere delle recenti sconfitte si rinfocola proprio sui rapiti, è sommerso da una marea di chiacchiere che hanno un solo cinico obiettivo: Netanyahu. E’ addirittura interessante quanto l’odio per questo leader accenda una luce accecante su una realtà che si fa fatica a affrontare: quando sei a rischio di vita, ti devi difendere. Gli attacchi a Gaza hanno come primo scopo quello di rompere il rifiuto di Hamas a restituire gli ostaggi e allungare i tempi per irrobustirsi di nuovo. Ieri, coi missili, Hamas  ha mandato di nuovo Tel Aviv nei bunker; dalla Giudea e dalla Samaria, centinaia di attacchi sia di hamas che della Jihad Islamica che di Fatah colpiscono ogni giorno. Le famiglie che protestano nelle strade temendo che lo scontro comporti un pericolo maggiore per i loro cari, hanno ragione nella loro angoscia. Ma l’obiettivo deve essere Hamas, non Netanyahu che ha ormai svolto mille trattative, tentato tutte le strade senza successo. Hamas non vuole. Lo stallo di queste settimane ha reso decisive la sue richieste, aprire la fase che finisce nella conclusione del conflitto restando al potere e godendosi le migliaia di prigionieri assassini liberati, senza dare niente in cambio, mentre ricostruisce armi, tunnel, uomini, insomma la ricostruzione del prossimo sette di ottobre. Bibi ha agito di sorpresa, sfidando l’opinione pubblica, e non è facile:  chi dice lo fa per salvare il governo recuperando Ben Gvir, ignora che Netanyahu ha già i voti per governare senza di lui. Chi poi sostiene che licenzia Ronen Bar perché indaga sul suo ufficio e i rapporti col Qatar, non sa che per quanto la magistratura odi il primo ministro, sia stato già escluso un suo coinvolgimento diretto in un’indagine che semmai viene a puntino proprio per Bar che, capo dei servizi segreti dell’interno, lo Shin Beth, ha le responsabilità più immediate del 7 di ottobre. Certo una indagine politica e militare completa dovrà aver luogo presto; ma in democrazia esiste la differenza fra leader eletti e leader scelti dagli eletti, che devono rispondere a chi attua la nomina pena la cesura del rapporto. Se  Netanyahu non viene riconosciuto il potere di affrontare il potere degli alti funzionari,è perché il suo colore politico non è quello giusto. Non va bene. Ma Israele combatte per la salvezza, ha imparato finalmente a farlo, e nessuna chiacchiera potrà fermarlo ormai. Quanto al numero dei palestinesi uccisi, a parte che la fonte è Hamas, quindi non credibile, non uno sarebbe morto o morirebbe se Hamas avesse consegnato, o consegnasse, i rapiti. 

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