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israele.net Rassegna Stampa
27.02.2025 L’ex ostaggio Noa Argamani al Consiglio di Sicurezza: 'Gli ostaggi si sentono abbandonati dal mondo'
Cronaca di Times of Israel

Testata: israele.net
Data: 27 febbraio 2025
Pagina: 1
Autore: Redazione di Times of Israel
Titolo: «L’ex ostaggio Noa Argamani al Consiglio di Sicurezza: 'Gli ostaggi si sentono abbandonati dal mondo'»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo tradotto dal Times of Israel, dal titolo "L’ex ostaggio Noa Argamani al Consiglio di Sicurezza: 'Gli ostaggi si sentono abbandonati dal mondo'".

La testimonianza di Noa Argamani all'ONU. L’ex ostaggio Noa Argamani mostra una foto del suo compagno Avinatan Or, tuttora nelle mani dei terroristi palestinesi a Gaza

“Mi chiamo Noa Argamani. Sono stata rapita dai terroristi di Hamas il 7 ottobre dal festival musicale Nova con il mio compagno Avinatan Or. Siamo stati portati con la forza a Gaza, siamo stati separati e tenuti nella paura totale, un incubo infernale sulla terra”.

Con queste parole l’israeliana Noa Argamani, 27 anni, ha iniziato la sua testimonianza come primo ex ostaggio chiamato a parlare davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Su invito dell’ambasciatore d’Israele presso le Nazioni Unite Danny Danon, la sopravvissuta al 7 ottobre è intervenuta martedì sera alla sessione che ogni mese il Consiglio di Sicurezza dedica al conflitto israelo-palestinese.

“Ho tenuto la mano di Avinatan finché ho potuto – ha continuato Noa Argamani mostrando una foto del suo compagno, tuttora nelle mani dei terroristi a Gaza – Ma in un momento di terrore siamo stati separati l’uno dall’altro e trascinati verso l’ignoto. Dopo 8 mesi di prigionia, sono stata salvata dai soldati israeliani. Essere qui oggi è un miracolo. Ma sono qui oggi per dirvi che non c’è tempo. Mentre parlo, ci sono ancora 63 ostaggi che vivono in un incubo.

Le nostre vite non possono andare avanti senza di loro. Ecco perché devo essere sicura che il mondo sappia. L’accordo deve essere portato avanti fino in fondo, in tutte le sue fasi. Il mio compagno e molti altri ostaggi dovrebbero essere rilasciati solo nella seconda fase dell’accordo”.

Invocando l’aiuto della comunità internazionale, Noa Argamani ha sottolineato: “Stiamo parlando di persone innocenti che sono state strappate dai loro letti, da un festival musicale, dalle loro semplici vite e condotte in un autentico inferno. Non avete bisogno che vi racconti di Kfir, 9 mesi, e di Ariel, 4 anni, e della loro madre Shiri: una madre e i suoi piccoli sono stati brutalmente assassinati in prigionia. Non sono morti durante una battaglia. Non erano soldati. Erano teneri bambini, il cui sangue è stato versato con una ferocia inimmaginabile. Un crimine indicibile, che non riusciamo nemmeno a immaginare. Ma è accaduto. Ed ecco perché non possiamo lasciare nessuno laggiù. Questa è Hamas, un’organizzazione che schiaccia i bambini a mani nude e celebra la morte”.

“So cosa si prova a essere lasciati indietro e vedere altri ostaggi che vengono rilasciati e restituiti alle loro famiglie – ha aggiunto Noa Argamani, che è stata una delle poche donne a non essere rilasciate durante la prima settimana di tregua, nel novembre 2023 – Ogni istante sembra l’ultimo della vita, ogni secondo conta. Mentre ero a Gaza, sono stata tenuta prigioniera con due bambine: Hila Rotem ed Emily Hand. A quel tempo, Emily aveva 8 anni e Hila 12. Ho dovuto essere coraggiosa non solo per me stessa, ma anche per le bambine. Ho dovuto comportarmi come se tutto sarebbe andato bene, e dicevo loro: finché siamo qui, insieme, vive in questa stanza, nient’altro ha importanza.

Dopo 50 giorni –  prosegue il racconto – Hila ed Emily sono state entrambe rilasciate nel primo accordo per gli ostaggi. Le ho viste, con altre due donne che erano state con me in prigionia, tornare a casa alle loro famiglie, mentre io restavo indietro. Non riesco nemmeno a iniziare a descrivere la sensazione di essere lasciata là. Ma posso dirvi: è esattamente come si sentono gli ostaggi oggi. Abbandonati dal mondo”.

Noa Argamani ha poi raccontato come, più avanti nella sua prigionia, a un certo punto è stata tenuta prigioniera con Yossi Sharabi e Itay Svirsky, entrambi rapiti dalle loro case nel kibbutz Be’eri, entrambi uccisi in cattività a Gaza: Sharabi in un bombardamento aereo, Svirsky dai suoi aguzzini.

Rapiti e tenuti da Hamas come ostaggi, ha ricordato, “ci siamo ritrovati in una zona di guerra 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ogni giorno, ogni secondo era terrificante”.

“Hamas – ricorda la giovane – diffuse un video in cui descrivevo cosa era successo a Itai e Yossi e dicevo che ero ferita e avevo bisogno di assistenza medica, ma ovviamente non ho ricevuto nulla: nessun medico, nessuna Croce Rossa, niente. Da quel momento in poi, sono rimasta sola con cinque terroristi che mi tenevano nella stessa casa. Dovete capire: ogni secondo in prigionia è estremante pericoloso. Non pensavo che sarei sopravvissuta. Ecco perché è assolutamente fondamentale che mettiamo fine a questa terribile tragedia. Senza un’azione immediata, molte altre persone innocenti perderanno la vita, incluso il mio compagno Avinatan. Finché Avinatan non tornerà, il mio cuore sarà in prigionia”.

Alla fine del suo discorso, Noa Argamani ha detto ai rappresentanti degli stati membri del Consiglio di Sicurezza: “Sono venuta a parlarvi per dire: non lasciate che vinca l’oscurità! Adoperatevi per riportare tutti a casa subito, Adoperatevi per la luce e contro l’oscurità. Sono venuta a parlare al Consiglio di Sicurezza, oggi, perché credo che tutti voi, la comunità internazionale, dovete capire che i rapiti sono nell’inferno. E dopo aver perso così tanti amici, posso dire che loro meritano di tornare a casa adesso. Ciò che mi ha tenuta in vita in prigionia, e fino a questo momento, è stata una cosa che mia madre mi ripeteva: sii sempre gentile con gli altri. Quindi, in questo consesso, permettetemi di concludere così: siate gentili gli uni con gli altri e, vi prego, riportateli tutti, riportateli a casa adesso”.

(Da: Times of Israel, jns.org, 25.2.25)

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