Meloni: no ai nostri soldati Cronaca di Fausto Carioti
Testata: Libero Data: 26 febbraio 2025 Pagina: 5 Autore: Fausto Carioti Titolo: «Palazzo Chigi alza il muro «No ai nostri soldati»»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/02/2025, a pag. 5 l'analisi di Fausto Carioti dal titolo “Palazzo Chigi alza il muro «No ai nostri soldati»”
Fausto Carioti
Giovanbattista Fazzolari con Giorgia Meloni. Il sottosegretario anticipa che il governo italiano non manderebbe truppe di pace in Ucraina, dopo un eventuale cessate il fuoco, se non sotto la bandiera ONU (quindi inutili). Già la Lega si era opposta, anche il resto del governo la pensa così. Quindi è un sostegno all'Ucraina solo teorico.
Donald Trump assicura che Vladimir Putin è disposto ad accettare truppe di pace europee in Ucraina.
Di quali Paesi? Sotto quale bandiera? A quali condizioni? L’unica cosa sicura, al momento, è che Giorgia Meloni non intende mandare soldati italiani a Kiev.
Alle undici di mattina, nella Sala Polifunzionale della presidenza del Consiglio, vengono presentati i risultati (ottimi) della vendita della medaglia che celebra i due anni di resistenza ucraina. Per il governo è presente Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario di Palazzo Chigi. Uno che dice poche cose, ma quando parla “fa dottrina”. Al termine si avvicina ai giornalisti e ribadisce che la linea degli esponenti del governo non è cambiata: «L’obiettivo di tutti è arrivare a una pace sostenibile per l’Ucraina e per l’Europa. Quando avremo informazioni più dettagliate e documenti li potremo commentare». Alcuni punti fermi, però, già ci sono. Ad esempio, «non c’è mai stata un’ipotesi di truppe italiane sul territorio ucraino. Non so da dove nasca».
Parole dirette a smentire Repubblica, sulle cui pagine, ieri, si leggeva che la premier starebbe «valutando» l’invio di soldati italiani.
È proprio l’uso di militari europei come “cuscinetto” tra Russia e Ucraina a essere sbagliato, avverte il sottosegretario. «È un’ipotesi che la Francia sostiene da tempo, ma l’Italia non la reputa la soluzione più efficace». La ragione, spiega, è che «non c’è mai stata una forza d’interposizione internazionale tra due eserciti di questa portata. Da entrambi i lati ci sono più di un milione di soldati armati, e non vedo quale forza possa interporsi tra questi due eserciti».
Discorso diverso, semmai, potrebbe essere «una missione internazionale con cappello Onu», da fare però «in un contesto di pace».
Missioni del genere l’Italia le ha fatte più volte.
«Se mai se ne parlasse», dice Fazzolari, «se ne parlerebbe anche con l’Italia».
È un’altra, però, l’ipotesi che il governo vede con favore. L’Ucraina ha bisogno di garanzie per siglare un accordo di pace con la Russia, e la garanzia migliore sarebbe farla entrare nella Nato. A sorpresa, Fazzolari non la scarta. «Se ne sta parlando», risponde, «e non è da escludere che una delle ipotesi di soluzione del conflitto sia il pieno coinvolgimento dell’Ucraina nella Nato, perché sarebbe ovviamente l’opzione di sicurezza più solida da dare all’Ucraina».
La sintonia con Trump non arriva al punto da sottoscrivere le sue parole sulle cause del conflitto: «Ovviamente c’è stata un’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Lo dicono tutti e mi sembra che lo stesso Trump abbia rettificato quanto aveva detto». Il braccio destro di Meloni assicura comunque che non sarà Zelensky l’ostacolo alla pace: «Se si dovesse ipotizzare l’ingresso nella Nato dell’Ucraina senza Zelensky, lui stesso è stato il primo a dire che non avrebbe problema a mettersi da parte».
Per capire cosa intenda Fazzolari quando ipotizza l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, occorre leggere l’articolo 5 del trattato Nord Atlantico, in cui «le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti».
Una simile garanzia non coprirebbe solo l’Ucraina, ma anche i Paesi europei: a reagire contro l’aggressore russo sarebbero infatti tutti i membri dell’alleanza, inclusi Stati Uniti e Turchia. Ed evitare che il problema resti in capo alla sola Ue, anche con l’aiuto del Regno Unito, è il primo obiettivo del governo italiano e di tutti i partiti che lo sorreggono, e il motivo per cui Meloni rifiuta la “soluzione” europea prospettata da Emmanuel Macron.
Nessuno, a palazzo Chigi, si nasconde che sarebbe difficile (ai limiti dell’impossibile) convincere Putin ad accettare un altro Paese Nato ai propri confini. Per questo si valuta un “piano B”: estendere le garanzie dell’articolo 5 all’Ucraina senza farla entrare nell’alleanza. In questo modo gli ucraini sarebbero garantiti, e la Russia non avrebbe un altro alleato degli americani subito al di là della frontiera.
Non mandare militari italiani ed evitare che l’Europa si trovi da sola a garantire la sicurezza dell’Ucraina è la linea che Meloni illustrerà oggi durante la videconferenza con Macron e gli altri leader Ue, e domenica a Londra nel vertice organizzato da Keir Starmer. Lei e il premier inglese dovrebbero avere anche un colloquio a due. È una linea su cui si ritrova pure Matteo Salvini: «Nessuno ci ha chiesto neanche un soldato. Quando ce lo chiederanno, ne parleremo». Vale anche per una missione Onu, avvisa il leghista: «Abbiamo migliaia di soldati italiani in giro per il mondo, prima di mandarne altri sarei molto cauto». Sull’ipotesi dei caschi blu, invece, è possibilista Antonio Tajani: «Se bisogna fare una “zona cuscinetto” bisogna mandare truppe sotto la bandiera delle Nazioni Unite con una decisione del Consiglio di sicurezza», e in questo caso, dice il ministro degli Esteri, «ci sarebbe anche la disponibilità italiana».
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