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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
25.02.2025 Ultima sveglia per l’Occidente post-eroico
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 25 febbraio 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Ultima sveglia per l'Occidente post-eroico»

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Ultima sveglia per l'Occidente post-eroico".


Giulio Meotti

Quattro attentati islamici in una settimana. Ma l'Europa non si sveglia ancora.

Berlino. Un turista spagnolo è pugnalato al Memoriale dell’Olocausto realizzato dal famoso architetto Daniel Libeskind. Chiunque può accedervi a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza controlli di sicurezza, barriere e sorveglianza. Situato alla Porta di Brandeburgo e nelle immediate vicinanze dell’ambasciata degli Stati Uniti, il Memoriale attira ogni giorno migliaia di visitatori. Vi entrano come se si trovassero in un campo di grano. Nello zaino dell’attentatore, un siriano, c’erano un Corano, un tappeto da preghiera e un coltello da caccia. Il giovane si è avvicinato alla vittima da dietro e ha cercato di tagliargli la gola. Aveva presentato domanda di asilo a Lipsia dicendo che “le forze di Assad mi hanno dato la caccia”. In Germania voleva “uccidere ebrei”. In un paese dove ci sono 5.100 attacchi antisemiti in un anno: 13 al giorno di media.

La polizia tedesca fa sapere che dietro l’attentato c’è un “movente religioso”: movente religioso, interessante definizione. Il governo tedesco aveva provato con una soluzione pratica: lame dei coltelli non più lunghe di sei centimetri. Non ha funzionato.

Allora Barbara Slowik, il capo della polizia di Berlino, ha suggerito che “gli ebrei e gli omosessuali devono prestare attenzione a farsi riconoscere in alcune zone di Berlino”. Va da sè che anche il memoriale agli ebrei morti diventa pericoloso per i vivi.

A Londra, poche ore dopo, un ebreo rischia di perdere un occhio dopo un’aggressione.

Il giorno dopo, a Mulhouse, cittadina medievale in Alsazia al 25 per cento musulmana e scelta da Emmanuel Macron per lanciare un progetto di contenimento dell’Islam politico, un algerino schedato per terrorismo inizia ad accoltellare i passanti nel mercatino nel cuore della città: un uomo morto e molte altre persone sono rimaste ferite prima che l’assalitore venisse fermato dalla polizia. L’attentatore era soggetto all'obbligo di lasciare il paese. Ma ha fatto in tempo a gridare “Allahu akbar” e lasciare un francese a terra, senza vita. E pensate un po’, era già stato arrestato per aver elogiato il massacro di Hamas.

A Villach, in Austria, un ragazzo cattolico è assassinato da un migrante siriano che aveva un permesso di soggiorno. Dopo aver inferto il colpo mortale, il terrorista ha gridato “Allahu Akbar!”.

E il giorno prima, a Monaco, un siriano aveva messo sotto con l’auto un po’ di pedoni, uccidendo una madre e la figlia. Anche lui ha gridato “Allah Akbar”.

Quattro importanti attentati in una settimana.

Lubna Azabal è stata incoronata ieri migliore attrice belga e ha detto: “L’islamismo radicale sta rovinando la vita dei musulmani, ma anche la vita di tutti gli altri. Probabilmente siamo tutti le prossime vittime di questa follia...”. E ovviamente nessun giornale ha riportato le sue parole.

Nel frattempo, dall'altra parte della strada dove si svolgeva la Conferenza di Monaco sulla sicurezza dove i leader mondiali discutevano delle sfide globali, i bar e i bistrot erano pieni di conversazioni fra persone normali che chiedevano se l’Europa avesse in qualche modo perso la strada e fosse diventata quella che i tedeschi chiamano Saturierte Nationen, “nazioni sature”, così sicure della stabilità da avere difficoltà a riconoscere i pericoli in seno.

Ha ragione il miglior commentatore di fatti europei, Christopher Caldwell sulla Free Press, quando scrive che questa è “l’ultima chance per l’establishment”.

“Gli elettori tedeschi hanno deciso che fermare l'immigrazione di massa, legale e illegale, è un’emergenza nazionale” scrive Caldwell. “Nonostante la debolezza della prestazione dei Socialdemocratici (il 16,4 per cento è appena meglio delle elezioni del 1887, quando ottenne il 10,1 per cento), questi hanno ottenuto abbastanza seggi per unirsi a Friedrich Merz in una ‘Grande coalizione’ bipartitica, la forma che il governo Merkel ha assunto in tre dei suoi quattro mandati. Certo, sarebbe una versione insolitamente fragile di coalizione, che otterrebbe la lealtà di solo il 45 percento degli elettori. La posta in gioco non potrebbe essere più alta: un accordo del genere darebbe ai due partiti che sono stati finora i pilastri dell’establishment tedesco del dopoguerra un’ultima possibilità di trovare una soluzione ai problemi della Germania. Un fallimento giustificherebbe l'affermazione dell’AfD secondo cui Merz non può risolvere il problema dell’immigrazione perché i suoi legami con il sistema significano più per lui dei suoi legami con gli elettori. Ciò avrebbe conseguenze sul modo in cui i tedeschi parlano di democrazia e sul modo in cui la praticano”.

Nonostante ciò che abbiamo sentito da Elon Musk e JD Vance, l’AfD è un partito antiamericano che non ha alcuna possibilità di governare a meno che non arrivi al 45 per cento, scenario plausibile se continuano con Diversità über alles che sembra unire destra rispettabile e sinistra. La domanda è se la CDU è capace di fare sulla sicurezza quello che promette l’AfD senza l’AfD. Merz ha riportato la destra popolare al potere dopo quattro anni archiviando il motto Wir schaffen das! (ce la possiamo fare) di Merkel.

“La CDU/CSU, data la sua barriera contro l’AfD, non ha altra alternativa che formare una coalizione con la SPD” commenta anche Wolfgang Münchau, uno dei migliori commentatori tedeschi. “Angela Merkel ha governato con questa costellazione politica, la grande coalizione, tre volte. Ma non c’era niente di grandioso in questo; era una coalizione di fallimenti. Non è riuscita ad affrontare le cause della deindustrializzazione e non è riuscita a raggiungere gli obiettivi di spesa per la difesa della Nato. Invece, si è ingraziata Vladimir Putin e ha approvato i gasdotti del Mar Baltico dalla Russia. Ha sostenuto le politiche sull'immigrazione che alla fine hanno dato origine all’AfD. Questa stessa coalizione è ora tornata al posto di guida, anche se sotto una nuova leadership”.

Il problema è culturale, non politico.

A ottobre, Andreas Reckwitz, un famoso sociologo della Humboldt University di Berlino, ha pubblicato un libro che ha ricevuto molta attenzione. Intitolato Verlust, “perdita”, sostiene, in parole povere, che la cultura occidentale plasmata dall’idea che le cose migliorino sempre di più nel tempo non riesce più a far fronte alla prospettiva di un declino drammatico e irreversibile.

Sei mutig! Sii coraggioso! Questo slogan non è apparso su un poster dell’AfD, ma sulla prima pagina della Zeit, il più rispettato settimanale tedesco. Lo firma Maximilian Probst e parla della “società post eroica”: “Il basso tasso di riproduzione demografica, che significa che c’è molto capitale emotivo riposto dai genitori su ogni singolo figlio e nessuno è pronto a rischiare, e che siamo una società religiosamente fredda. Soccombiamo all’autoillusione”. Probst tratteggia una utopia “fatta di posti di lavoro e hobby e interrotta solo dal minimo sforzo di andare al seggio elettorale”. L’ideale della pace democratico-borghese. Ora, avverte Probst, “su questo acquerello edificante si sono diffuse delle macchie scure”. E spetta al liberalismo flettere i muscoli. Perché “si deve riconoscere che la società post eroica non è sostenibile”.

Ecco la vera domanda: la società liberal-democratica, umanitaria, borghese e post-eroica è ancora capace del famoso colpo di reni?

Membro del direttivo della Bundesbank, la banca centrale tedesca, esponente della Socialdemocrazia, Thilo Sarrazin nel 2010 ha pubblicato La Germania abolisce se stessa. Ha venduto 1,2 milioni di copie in nove mesi. Non era mai successo. Vi denunciava un futuro di islamizzazione della Germania. E quando Sarrazin lo scrisse nel 2010 doveva ancora verificarsi la grande immigrazione da Nordafrica e Medio Oriente, il che ha reso i suoi libri ancora più profetici. “Sarrazin spacca la società”, disse Angela Merkel. Per ricompattarla hanno pensato bene di cacciare Sarrazin dall’Spd.

Quindici anni dopo vediamo gli effetti di quello che raccontava il libro.

Siamo alla Conquête de l’Ouest (Fayard), il titolo del nuovo libro di Alain Bauer:

“Gli imperi stanno tornando. La Turchia torna a essere ottomana, l'Iran si afferma come Persia, la Cina riscopre le sue ambizioni, la Russia più ortodossa che durante gli zar, gli Stati Uniti vogliono un'espansione a nord (Canada e Groenlandia). Stiamo assistendo alla rivincita della storia e della geografia. Credevamo nella scomparsa dei popoli, della fede, dei confini”. L’ultimo capitolo è intitolato così: “La natura aborre il vuoto demografico”.

E qui torniamo Mulhouse, che vuole dire Alsazia e leggo il reportage del mensile L’Incorrect. “La posizione è uno dei fattori importanti per comprendere la proliferazione dell'Islam al suo interno. L’Alsazia è il primo ricettacolo per l'immigrazione dall'Europa orientale, in particolare kosovari e albanesi, principalmente di fede musulmana. C'è anche una comunità turca in crescita e molto influente. L'immigrazione ha inizialmente preso di mira le grandi città, Mulhouse a sud e Strasburgo a nord. La capitale europea ha così tra i suoi edifici la moschea più importante d'Europa, mentre la sottoprefettura dell'Alto Reno è in procinto di abbellirsi con il centro di An-Nour. Il più grande edificio del suo genere in Francia, questo centro non è solo un luogo di culto, ma è culturale e politico, finanziato dal Qatar”.

Mulhouse e Strasburgo ospitano anche tante scuole musulmane private. “Nell'Alto Reno, le lezioni sono fornite dal gruppo scolastico di Avicenne, dipendente da Millî Görüs, una ong turca il cui obiettivo è costruire moschee ed edifici islamici in tutta Europa. Tra le scuole e le gigantesche moschee, assistiamo a una crescente influenza islamica in tutta la regione, che proviene direttamente da questi due poli”. L'altro indicatore della diffusione dell'Islam in Alsazia è la banalizzazione del suo modo di vivere. “Mentre i Winstub e altri ristoranti tradizionali alsaziani (dove vengono serviti crauti, birre, kouglof e prelibatezze locali) attirano pochi turisti che non hanno ancora ceduto all'americanizzazione, l'halal non ha mai venduto così bene nell’Alto e Basso Reno”.

Bischwiller, in Alsazia: 12.000 abitanti e 3 moschee

Marie-aux-Mines, Cernay, Bischwiller, Mutzig, Zinswiller, questi nomi non significano molto per noi ed è normale. “Villaggi alsaziani che hanno tra i tremila e i quindicimila abitanti e, nonostante le piccole dimensioni, hanno tutti almeno una moschea. I servizi offerti in questi luoghi di culto variano a seconda delle presenze, ma ci sono la preghiera quotidiana, la stanza per le ‘sorelle’ (donne musulmane, separate dagli uomini), le lezioni di arabo e persino pellegrinaggi alla Mecca. Infatti, alcuni di questi edifici corrispondono più a centri per la scoperta dell'Islam e della cultura araba che a vere e proprie moschee, come il centro culturale Iqraa di Ostwald, affiliato alla moschea Lingolsheim. Del tutto in linea con la logica dell'espansione della religione islamica, che si sta diffondendo anche nei luoghi meno popolati. Mentre le chiese sono sempre più deserte (è triste assistere a una messa ad Andlau, che raduna solo qualche anziano), il proliferare delle moschee testimonia chiaramente la vittoria dell'Islam sul cattolicesimo”.

Lo capiremo troppo tardi? E non sembra bastare neanche un morto al giorno al grido di “Allahu Akbar”.

Avremmo potuto prendere sul serio l’avvertimento di Samuel Huntington (anche la liberal Foreign Policy ora lo riabilita), invece i nostri editorialisti hanno trovato due concorrenti giustificazioni allo stillicidio di attentati commessi da islamici a danno di cittadini europei: lupi solitari armati da Putin o il razzismo bianco.

Questa settimana ho letto un editoriale di apertura del Corriere della Sera a firma di Federico Fubini, uno bravo, non un ideologo da Repubblica. Si apre così: “Forse non sapremo mai se c’è Mosca dietro la serie di attentati in Germania…”.

Intanto Putin e i folli di Allah se la ridono.

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