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Libero Rassegna Stampa
23.02.2025 Trump vuole le terre rare e minaccia l’Ucraina
Cronaca di Carlo Nicolato

Testata: Libero
Data: 23 febbraio 2025
Pagina: 6
Autore: Carlo Nicolato
Titolo: «Trump vuole le terre rare e minaccia l’Ucraina: vi stacchiamo Internet. Ma Zelensky non firma»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/02/2025, pag. 6, con il titolo "Trump vuole le terre rare e minaccia l’Ucraina: vi stacchiamo Internet. Ma Zelensky non firma", la cronaca di Carlo Nicolato. 

Carlo Nicolato
Carlo Nicolato

Zelensky non firma l'accordo-capestro sulle risorse dell'Ucraina che Trump gli vorrebbe far firmare. Dovrebbe cedere il controllo di tutte le sue risorse naturali e delle infrastrutture, in cambio di... niente. Trump infatti lo intende come mero "risarcimento" per tutti gli aiuti americani dati finora all'Ucraina, calcolati in eccesso. Se Zelensky non firma, gli Usa minacciano di spegnere la connessione a Starlink che consente le comunicazioni in Ucraina. Condizioni come quelle che un vincitore impone a un vinto, non certamente da un mediatore.

I negoziatori americani in Ucraina, quelli che stanno definendo l’accordo per lo sfruttamento in loco di minerali e risorse energetiche, avrebbero minacciato di bloccare l’accesso al sistema di satelliti Starlink di Musk se Kiev non si convincerà a firmare. L’avvertimento è stato comunicato dopo che il presidente Zelensky ha rifiutato l’ultima proposta del segretario al Tesoro Usa Scott Bessent. Fonti ucraine sostengono che di mezzo ci sono «una serie di ostacoli problematici e il presidente non è disposto a firmarlo nella forma attuale». In sostanza Kiev sostiene che «la bozza di accordo non rispecchia un'intesa fra partner ma contiene solo un impegno unilaterale da parte dell'Ucraina» e non dà sufficienti garanzie di sicurezza. Secondo fonti americane invece è solo questione di tempo perché arrivi la firma, e questo nonostante sotto alcuni punti di vista la nuova proposta sia perfino più severa rispetto a quella precedente. Il New York Times, che l’ha visionata, riporta che Kiev dovrebbe rinunciare a metà dei suoi ricavi derivanti dalle risorse naturali, tra cui minerali, gas e petrolio, nonché ai guadagni derivanti da porti e altre infrastrutture. I ricavi sarebbero destinati a un fondo in cui gli Usa detengono il 100% degli interessi finanziari e al quale l'Ucraina dovrà contribuire fino al raggiungimento dei famosi 500 miliardi di dollari, somma che non era menzionata nella versione precedente dell'accordo.
Insomma Trump non ha nessuna intenzione di cedere e ritiene che l’Ucraina debba ripagare lo sforzo fatto finora dagli Stati Uniti per aiutarla. Fare leva sull’utilizzo di Starlink, i cui costi sono stati in gran parte a carico di Musk stesso e del Pentagono, è sembrata la strada più facile per raggiungere lo scopo. Per molti tuttavia si tratta di un vero e proprio ricatto e in questi termini aveva parlato lo stesso Zelensky anche prima che Starlink fosse tirato in ballo. Parlando mercoledì, poco prima che Trump lo chiamasse «un dittatore», il presidente ucraino aveva detto di non potersi permettere di «svendere l’Ucraina».
Aveva chiarito che Washington deve dare garanzie di sicurezza prima che si possa raggiungere un accordo sulle vaste risorse naturali del paese, circa il 5% delle riserve minerarie globali, sottolineando che gli Stati Uniti hanno dato 69,2 miliardi di dollari in aiuti militari (più 50 miliardi in aiuti umanitari), molto meno della somma che Trump sta chiedendo. Senza considerare che anche altri partner come l'Ue, il Canada e il Regno Unito potrebbero essere interessati a investire.
Peraltro non è la prima volta che Starlink è oggetto di discussioni tra Kiev e gli Stati Uniti. L’Ucraina aveva già denunciato sospette interruzioni del servizio quando alla fine del 2022 Musk aveva avanzato la sua proposta di pace, quella che prevedeva la perdita della Crimea e un referendum nel Donbass sotto l’egida dell’Onu, temendo appunto che il miliardario stesse utilizzando il suo giocattolo per raggiungere il suo scopo. Musk in quel caso non aveva confermato nulla ma nella sua biografia uscita l’anno seguente a firma di Walter Isaacson aveva invece ammesso di aver almeno una volta sospeso il servizio per impedire agli ucraini di attaccare con i droni la flotta russa vicino alla Crimea ed evitare così la probabile risposta della Russia con ordigni nucleari tattici.
D’altronde fin da quando Musk ne ha concesso l’uso donando all’inizio del conflitto i primi 20mila terminali è apparso subito evidente l’utilità di quel sistema satellitare che assicura comunicazioni certe alle forze armate ucraine, consentendo il coordinamento delle operazioni militari e il funzionamento dei droni perla ricognizione e gli attacchi di precisione.
Lo stesso generale Zaluzhniy, ex capo delle forze armate ucraine e attualmente il nome più caldo per la successione di Zelensky, ne aveva riconosciuto «l'eccezionale utilità». Senza Starlink insomma le possibilità che l’Ucraina possa continuare a combattere sono praticamente ridotte a zero ed è per questo che a Washington sono sicuri che si arriverà a una firma in tempi brevi, forse già domani.

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