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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
21.02.2025 Se i bambini ebrei fossero stati cani scomparsi non li avrebbero strappati
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 21 febbraio 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Se i bambini ebrei fossero stati cani scomparsi non li avrebbero strappati»

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Se i bambini ebrei fossero stati cani scomparsi non li avrebbero strappati".


Giulio Meotti

L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha prodotto migliaia di immagini raccapriccianti. I corpi di giovani e anziani israeliani uccisi, torturati e violentati. I loro corpi mutilati e senza vita portati per le strade di Gaza. Ma l’immagine di una giovane madre terrorizzata, Shiri Bibas, rapita dai terroristi, con i suoi due bambini piccoli, Ariel di 4 anni e Kfir di 9 mesi, avvolti a lei in una trapunta, è il ​​simbolo della minaccia anti-civiltà che è Hamas, ma anche della codardia dei leader politici e culturali dell’Occidente illuminato, cosiddetto.

E 500 giorni dopo quella data infame e tragica, il 7 ottobre, siamo ancora costretti a fare i conti con l’entità del fallimento morale del mondo nel rispondere in modo serio e coraggioso a questo sfacciato terrorismo genocida in nome della Jihad.

Le bare che contengono gli ostaggi morti e consegnate a Hamas sono state chiuse a chiave dai terroristi che non hanno consegnato le chiavi per aprirle. Prima dell’apertura dei feretri, Israele ha controllato che non ci fossero trappole esplosive.

Le scene da Gaza sembrano un film, ma è tutto reale: la Croce Rossa, i falsi “giornalisti” che riprendono, le folle di civili con i bambini a festa…Perché hanno fatto una festa con gli ebrei morti. Due bambini ebrei morti e la loro madre. E hanno partecipato da remoto anche decine di milioni di occidentali.

Non dovrebbero essere solo gli ebrei a vedere il volto sorridente di Kfir Bibas e i suoi capelli rosso fuoco quando chiudono gli occhi. In una foto del piccolo Bibas, tiene in mano un piccolo elefante rosa di peluche. I parenti di Kfir hanno trascorso più di un anno a cercarlo tra le macerie di Nir Oz, dove viveva la famiglia, deportata a Gaza il 7 ottobre da Hamas. Il padre, Yarden, due settimane fa è tornato in Israele senza la moglie e i due bambini piccoli.

Una folla di antisemiti ha rubato un neonato di nove mesi da casa sua. Hanno filmato il rapimento, tanto erano orgogliosi di aver preso questo neonato. Hanno pubblicato il filmato online perché altri odiatori di ebrei, di Gaza e d’Occidente, potessero sbavare.

Il rapimento della famiglia Bibas è stato uno dei grandi crimini della nostra epoca.

Quel sito ridicolo che si chiama Il Post di Luca Sofri pubblica oggi queste righe: “Il video di Bibas che tiene in braccio i suoi due figli mentre viene portata via dal kibbutz fece molta impressione agli israeliani”. Il giornalismo italiano è morto.

Mentre le folle “pro-palestinesi” riempivano le strade di ogni grande città per celebrare il massacro di Hamas, gli ebrei di tutto il mondo li guardavano sbalorditi: avevano rapito un bambino. Quanto bisogna odiare gli ebrei per schierarsi con i terroristi che rapiscono e uccidono i bambini? Molto, è la risposta. Hanno annientato tre generazioni della stessa famiglia Bibas (nonni, madre e figli) e milioni li difendono facendone la causa che deve surclassare tutte le altre.

Per gran parte del mondo, i bambini Bibas erano solo “propaganda sionista”, non esseri umani brutalizzati per il solo crimine di essere ebrei. Qualsiasi cosa, stupro, tortura, massacro di bambini, è giustificata in molti circoli occidentali in nome della “resistenza”. Hanno definito il giorno in cui un bambino ebreo di nove mesi è stato rapito da una folla di antisemiti un “giorno di festa”. Hanno chiamato questi crimini “liberazione”.

Ieri, all’Università di Firenze, dove ho studiato filosofia, sono apparsi manifesti contro Israele.

Davanti agli occhi del mondo, Hamas ha insultato un pensionato ebreo morto, una madre ebrea morta e due bambini ebrei morti.

Una Beslan, ma stavolta filmata dagli stessi terroristi.

Kfir è diventato un simbolo perché era la risposta a ogni domanda rilevante su questo conflitto. Il suo caso è la guerra ridotta alla sua essenza più minuta. E in un Occidente normale, non ci sarebbe nessuno dalla parte sbagliata. Ma gli estremisti islamici hanno un solo obiettivo: stabilire un califfato globale. Sono pazienti e insidiosi. E sono penetrati nella psiche occidentale al punto da farla schierare contro dei bambini ebrei deportati in pigiama nel lager sotto Gaza. Sì, sotto Gaza c’è un lager.

Anche nella Germania nazista ci furono tedeschi che salvarono gli ebrei, mentre nessun abitante di Gaza ha salvato un solo ostaggio. Moltissimi non solo hanno preso parte al rapimento e all’omicidio, ma altrettanti sono scesi in piazza oggi come il 7 ottobre per celebrare il ritorno dei bambini ebrei nelle bare.

I fratellini Bibas sono stati rapiti non solo da terroristi con uniformi e passamontagna, ma anche da persone ordinarie di Gaza, i famosi “civili” che sono andati ad assistere allo show dei terroristi islamici.

Bambini palestinesi inseguono i veicoli della Croce Rossa che trasportano i corpi dei bambini israeliani assassinati. C’è una malattia in una società del genere.

Ma in Occidente non va meglio.

Il poster del piccolo Ariel Bibas di quattro anni raffigurato con il volto oscurato dalla vernice e da una caricatura di Hitler. Siamo all’Università di Harvard. Manifesti vandalizzati dei fratellini Bibas anche al Cedarvale Park di Toronto. Una svastica nera è stata disegnata sulla fronte di Kfir e sulla guancia di suo fratello, Ariel. A vandalizzarli, alcuni dipendenti del comune di Toronto.

In un manifesto di Kfir Bibas hanno scritto: “La testa è ancora attaccata”.

Gli occidentali che si sono scagliati contro i manifesti di Kfir e Ariel – e anche contro gli altri ostaggi – stavano giurando fedeltà ad Hamas. Stavano dando espressione nelle strade dell’Occidente alla fede di Hamas che non ci siano israeliani innocenti, ma solo ebrei da fare fuori. Alla loro malvagia convinzione che ogni abitante dell’“entità sionista” sia un bersaglio legittimo, dal bambino di nove mesi che non ha mai detto una parola al vecchio di 84 anni che fa campagna per la pace.

Sì, perché Oded Lifschitz, l’altro ostaggio morto, ogni giorno con la moglie andava al valico di Erez e dava un passaggio ai palestinesi malati di Gaza che si curano negli ospedali israeliani. Per Hamas e corifei occidentali, non esistono “ebrei buoni” in questa strana “zona di interesse” che è l’antisemitismo contemporaneo, neanche Gad Lerner o Moni Ovadia.

Manifesti vandalizzati dei Bibas anche a Londra.

Un caso simile in Italia ha coinvolto militanti di Amnesty International.

Sempre a Londra una società pubblicitaria ha rimosso i cartelloni pubblicitari che mostravano i Bibas e altri ostaggi dopo proteste e minacce. La società pubblicitaria, London Lites, aveva firmato un accordo per far sì che i cartelloni pubblicitari fossero esposti in tutta Londra. Sono stati rimossi dopo sei giorni a causa di “un volume insolito di denunce da parte del pubblico”, nonché di minacce al personale dell’azienda.

Ma in un certo senso, gli attivisti radicali che strappano i volti dei Bibas sono i più facili da affrontare. Ogni società è caratterizzata da una minoranza di degenerati morali che andrebbero sistemati come si deve.

L’ottusità morale invece è molto più diffusa e più difficile da discernere. Questa include, tra l’altro, gli accademici, i giornalisti, i politici e i rappresentanti speciali sull’“islamofobia”.

Nel frattempo, i leader occidentali non hanno detto quasi nulla sulla famiglia Bibas. “Forse vi siete dimenticati del piccolo Kfir Bibas”, si è infuriato l’ambasciatore israeliano all’Onu il mese scorso. “Noi non l’abbiamo fatto”.

Una lunga tradizione di odio per gli ebrei così prevalente nel mondo islamico è parte della ragione di questo scandalo. Ma in tutto l’Occidente, questo sviluppo è il risultato della diffusione di ideologie tossiche di sinistra come la “teoria critica della razza”, l’“intersezionalità” e il catechismo woke della “diversità, equità e inclusione” (DEI) che esclude deliberatamente gli ebrei e i bianchi dalla sua presunta crociata per un migliore trattamento delle minoranze.

Chiamiamo le cose con il loro nome: come i loro antenati nazisti degli anni '40, gli islamo-goscisti del 2025 si affidano a un’avanguardia per propagare l’odio per l’Occidente, riabilitare la teocrazia con la sua sharia a scapito della democrazia e trasformare Israele e il popolo ebraico in capri espiatori da sradicare, l’uno come l'altro. Come durante l’Occupazione hanno contatti ovunque: nell’intellighenzia, nei media, nella magistratura, nelle cancellerie. Questi sono i personaggi di L’Autre Collaboration, il nuovo libro di Michel Onfray, un libro fantastico da leggere e da far leggere, che spero sia tradotto in italiano.

Sulla guerra ai manifesti a New York hanno appena girato un documentario.

Dede Bandaid e Nitzan Mintz, la coppia di artisti che ha lanciato la campagna con i volti degli israeliani deportanti dai terroristi a Gaza, hanno detto la frase che da sedici mesi mi torna spesso in mente:

“Se questa fosse una campagna per cani o gatti dispersi, nessuno oserebbe strappare le loro foto. Ma sono ebrei? Dunque, nessun problema. Strappano anche le foto di neonati e anziani senza pensarci due volte”.

Ariel Bibas amava Batman. Ma quando si è trattato dei bambini ebrei rapiti e uccisi a Gaza, l’Occidente si è rivelato Joker.

A volte mi è presa l’idea di andare a Roma, affiggere due manifesti vicini, uno sui Bibas e l’altro su un cane scomparso. E vedere quale dei due avrebbero strappato.

E non ci sono soltanto i Bibas.

Manifesti di altri due bambine israeliane di tre anni, Emma e Yuli Cunio, rapite dal kibbutz Nir Oz il 7 ottobre, sono stati vandalizzati con baffi alla Hitler a Londra.

Il New York Times scrive che la distruzione dei manifesti dei bambini israeliani rapiti è solo una “valvola di sfogo” per gli “angosciati”: “Esporre i manifesti è diventata una forma di attivismo, mantenendo gli oltre 200 ostaggi sequestrati da Hamas in piena vista del pubblico. Ma rimuovere i manifesti è rapidamente emerso come una forma di protesta a sé stante, una valvola di sfogo e anche una provocazione da parte di coloro che sono angosciati da quello che dicono essere stato il maltrattamento del governo israeliano nei confronti dei palestinesi”.

Chiaro?

I due fratellini e la madre sono tornati in Israele dentro una bara. Due bare piccole. Ma per un pezzo d’Occidente odioso e perduto erano già morti. E anche se non lo direbbero, forse vergognandosene un po’ ma neanche troppo, così doveva essere.

Intanto, dal suo letto d’ospedale, Papa Francesco, che per i Bibas non ha mai avuto una parola, ogni giorno chiama la parrocchia di Gaza per sapere se abbiano mangiato (oh sì, è pieno di cibo, anche se Hamas lo ruba e lo rivende), mentre la guerra riaffiora sul territorio europeo e con essa la consapevolezza della tragedia. Da Monaco a Villach, questa settimana altri bambini sono stati uccisi al grido di “Allahu Akbar”.

Questo tradimento sarà la nostra nemesi. E pagheremo. Nel frattempo, che Dio benedica papà Yarden e la sua bellissima famiglia che non c’è più e che maledica i nemici della civiltà.

La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).

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