Per le femministe i nemici sono ebrei e carabinieri Commento di Massimo Sanvito
Testata: Libero Data: 20 febbraio 2025 Pagina: 1 Autore: Massimo Sanvito Titolo: «Gaza, Ramy e migranti. L’8 marzo scorda le donne»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 20/02/2025, a pag. 1, con il titolo "Gaza, Ramy e migranti. L’8 marzo scorda le donne", la cronaca di Massimo Sanvito
Femminismo militante contro le donne. Il prossimo 8 marzo è dedicato a Gaza, alla morte di Ramy, agli immigrati musulmani. Sì ai nemici delle donne, al vero patriarcato, dimenticata la causa delle donne vere.
La cittadinanza italiana da regalare a chiunque. Le frontiere da spalancare. La libertà per «clandestini e clandestine». La chiusura dei centri per i rimpatri in Italia e in Albania. Il «genocidio» a Gaza e in Cisgiordania. Le guerre in Congo e in Sudan. Contro il “decreto sicurezza”. Contro le “zone rosse”. Contro l’ordine nelle periferie. Contro il governo Meloni e «l’asse dei governi ultra -reazionari». Il rimpatrio di Almasri.
L’«uccisione» del giovane Ra my a Milano. Gli affitti calmierati. I quartieri da riempire di verde.
È un manifesto infinito quello delle transfemminsite di “Non una di meno”, giovani e meno giovani da centro sociale, capelli dai colori sgargianti e acerrime nemiche del patriarcato purché sia bianco e occidentale. Già, ma in quel minestrone di “ragioni” per cui scioperare l’8 marzo dove sono i temi che riguardano direttamente la condizione femminile? Semplice: non ci sono. Fiumi di parole, intrise di rabbia e odio, tra un asterisco e un 3 inclusivi (che noi depenneremo perché amanti della lingua italiana, ndr), con un unico scopo: demonizzare il centrodestra. Quei cattivoni che per la prima volta nella storia repubblicana sono riusciti a portare alla Presidenza del Consiglio una donna...
È una vera e propria “chiamata alle armi” in rosa quella di “Non una di meno”. «Il fascismo contemporaneo sta dilagando e attecchisce su chi non accetta l’autodeterminazione di donne, froce, lesbiche, queer, trans, migranti, seconde generazioni, sex workers, siamo però convinte che la potenza della nostra lotta ha basi solide, che è una trama minuziosa che tessiamo da secoli e che ormai il mondo patriarcale, fascista, coloniale capitalista e razzista non è più sostenibile né a livello ambientale né a livello sociale. E noi siamo insieme e siamo arrabbiate, continuiamo a riprenderci spazio, a immaginare futuri migliori», spiegano le transfemministe. Nel giorno della Festa della Donna sfileranno in tutte le città, da nord a sud, bloccando il traffico e battezzando muri e vetrine con la vernice e i soliti slogan. Succede così ogni anno e purtroppo non c’è alcun motivo di dubitare che anche stavolta vada allo stesso modo.
«ABORTO LIBERO»
Dunque si sciopera contro la guerra «perché l’escalation bellica è esponenziale: è orribile realtà nelle vite di milioni di persone» e «perché la guerra sostiene ed è sostenuta da governi autoritari, da politiche nazionaliste e fondamentalismi e c’è bisogno di reagire, di resistere, di dissentire»; si sciopera contro il governo perché «queste destre non hanno freni nella loro esibizione di odio, potere e brama di rivincita: la loro libertà è il privilegio dell’uno per cento della popolazione» e perché «non riconosciamo il femminismo transfobico, salito sul carro governativo: sostenere le lobby antiabortiste nei consultori e negli ospedali, togliere fondi ai percorsi di affermazione di genere, negare i diritti ai minori nati in famiglie omogenitoriali è incompatibile con l’orizzonte di libertà e autodeterminazione dei corpi e delle scelte di vita»; si sciopera contro il “ddl sicurezza” «che esaspera norme di segregazione e punizione della povertà e criminalizzazione del dissenso» e contro le “zone rosse” colpevoli di «desertificare il tessuto sociale autorganizzato, come nel caso di Quarticciolo a Roma» (dove nell’ultimo mese, per la cronaca, le bande di extracomunitari che controllano lo spaccio hanno accerchiato in quattro diverse occasioni polizia e carabinieri per evitare gli arresti). E poi ecco l’immancabile razzismo. Dicono le transfemministe che «il rimpatrio del torturatore libico Almasri e l’uccisione del giovane Ramy Elgaml durante un inseguimento raccontano bene quanto valga la vita umana per questo governo». Ed è sempre colpa del governo ogni qualvolta che si registrano «femminicidi, transcidi, lesbicidi e violenze». Motivo? «Accadono innanzitutto nei contesti parentali: continuando a fomentare razzismo e odio di genere e militarizzando le città, il governo gioca col fuoco, sulle vite di tutti».
PATRIARCATO BIANCO
E il patriarcato? Non una parola sull’islam che opprime la donna, velata da capo a piedi e relegata a domestica, ma una raffica di palle incatenate contro quella «cultura che parla della sicurezza come ordine, controllo, repressione e punizione», quando invece, secondo il transfemminista pensiero, «la sicurezza sono i servizi sociali per tutti, centri antiviolenza femministi con finanziamenti adeguati e strutturali, il diritto alla salute e all’autodeterminazione, l’aborto libero, sicuro, gratuito, il supporto ai percorsi di affermazione di genere». E ancora: «La sicurezza è il salario minimo, stipendi dignitosi e contratti adeguati, il reddito di autodeterminazione. La sicurezza è un piano casa». Nulla per le donne in quanto donne - l’8 marzo non è il giorno a loro dedicato? -, se non la richiesta di «finanziare veri percorsi di autonomia e fuoriuscita dalle relazioni violente» e di «accordare i tempi dei processi penale e civile». Tematiche su cui il governo, peraltro, sta battendo. Ma che importa a “Non una di meno”?
L’importante è «moltiplicare le pratiche di sciopero», occupare «lo spazio pubblico» e boicottare «le catene di finanziamento della guerra e del genocidio in Palestina». La marea femminista, dicono, «è trans, lesbica, frocia, migrante, razzializzata, antirazzista, antiabilista».
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