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Libero Rassegna Stampa
07.02.2025 Hamas chiama a raccolta gli arabi contro Trump
Cronaca di Matteo Legnani

Testata: Libero
Data: 07 febbraio 2025
Pagina: 10
Autore: Matteo Legnani
Titolo: «Hamas chiama a raccolta gli arabi contro Donald. Il piano per la Striscia senza truppe Usa a Gaza»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 07/02/2025, a pag. 10, con il titolo "Hamas chiama a raccolta gli arabi contro Donald. Il piano per la Striscia senza truppe Usa a Gaza" la cronaca di Matteo Legnani.

Trump (qui nella sua prima amministrazione) ha sempre coltivato ottimi rapporti con i leader arabi, cosa che ha reso possibili gli Accordi di Abramo. Ora Hamas sfrutta la proposta di evacuare la popolazione palestinese da Gaza per seminare zizzania fra il mondo arabo e Trump.

Forse, colui che a parole ha spiegato in modo più efficace il significato della proposta di Donald Trump sul futuro della Striscia di Gaza è il leader della Coalizione degli ebrei repubblicani, Matt Brooks. Ripreso ieri dal New York Times, Brooks ha argomentato che il presidente americano non sta facendo altro che mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, mettendo da parte quella che lui definisce «una politica estera fallita».
«Il tratto distintivo della presidenza Trump è e sarà quella di mandare in frantumi le norme e le procedure vigenti se e quando è chiaro che queste non funzionano, assumendosi il rischio di perseguire strade inesplorate». Ed è difficile pensare a qualcosa di più fallimentare della gestione attuata, tanto dagli attori interni, quanto da quelli esterni nella Striscia di Gaza, dove da molti anni a comandare, di fatto, sono i terroristi di Hamas.
La visione di Brooks (e di Trump) è stata ribadita nelle ultime ore dal Segretario di Stato, Marco Rubio, che sui social ha promesso che «gli Stati Uniti sono pronti a guidare il cambiamento e a fare Gaza di nuovo bella» (una declinazione dello slogan trumpiano per eccellenza Make America Great Again, rendere di nuovo grande l’America).
Il coraggio paga e rende possibili le imprese più audaci. Lo apprezza tanto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che, come segno di ringraziamento per la gradita sorpresa, durante la sua visita a Washington ha regalato un cercapersone dorato al presidente degli Stati Uniti. Il regalo «simboleggia la decisione del primo ministro che ha portato a una svolta nella guerra e il punto di partenza per spezzare la volontà dell'organizzazione terroristica Hezbollah», afferma l’ufficio del governo di Gerusalemme. L'operazione «esprime il potere, la superiorità tecnologica e l’astuzia di Israele contro i suoi nemici», riportano i media israeliani.
I democratici, dilaniati al loro interno per oltre un anno tra il sostegno all’alleato Israele e l’aiuto ai palestinesi, sono stati completamente spiazzati dalla proposta del presidente. Ma uno dei meno allineati tra loro, il senatore della Pennsylvania John Fetterman, pur ammettendo di considerare quella Trump «solo una provocazione», ha sottolineato come «in tutti questi anni i palestinesi non siano stati in grado o non abbiano voluto darsi un governo capace di assicurare sicurezza e stabilità».
Trump, da parte sua non pare affatto intenzionato ad arretrare o ritrattare, nonostante dal mondo arabo e anche dai leader europei sia arrivata una netta opposizione al piano per Gaza. «La Striscia verrebbe consegnata agli Stati Uniti alla fine dei combattimenti» ha scritto ieri in un post su Truth, aggiungendo che «gli Stati Uniti, lavorando con i più grandi team di sviluppo provenienti da tutto il mondo, avvierebbero lentamente e con grande attenzione la costruzione di quella che diventerebbe uno dei più grandi e più spettacolari progetti sulla Terra. Nessun soldato degli Stati Uniti sarà necessario ha concluso- e la stabilità nella regione regnerà» perché «i palestinesi e gente come Chuck Schumer (il leader dei senatori Democratici, ndr), si sarebbero già risistemati nella regione in comunità più belle e più sicure, con case nuove e moderne».
Certo, resta il problema di “delocalizzare” i palestinesi in un luogo o in luoghi dove, ha ripetuto ancora il presidente Usa, «avrebbero una opportunità per essere felici, al sicuro e liberi». Su dove questo possa accadere si è espresso ieri, con una buona dose di provocazione, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, secondo il quale «Paesi come la Spagna, l'Irlanda, la Norvegia (che hanno formalizzato il riconoscimento dello Stato di Palestina, ndr) dovranno essere i primi ad accogliere i palestinesi che lasceranno Gaza e a garantire loro condizioni di vita dignitose. E se si rifiuteranno di farlo - ha proseguito- verrà smascherata tutta la loro ipocrisia».
A esprimere la posizione italiana sul futuro di Gaza è stato il vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani: «Siamo per due popoli e due stati, ma il neonato Stato palestinese dovrà riconoscere Israele e dovrà essere riconosciuto da Israele: ogni altra mossa sarebbe velleitaria e sbagliata, e direi controproducente». Tajani ieri era alla cerimonia di accoglienza del carico di aiuti donati dall'Italia al Programma alimentare mondiale (Pam), destinati alla Striscia nel quadro dell'iniziativa Food for Gaza nel porto di Ashdod, in Israele. Il carico comprende 15 camion con 15 tonnellate di aiuti, «attrezzati per resistere a eventuali aggressioni, in modo che il cibo e i beni necessari alla popolazione civile arrivino direttamente nelle mani di chi ne ha bisogno e non finiscano nelle mani di Hamas» ha precisato il capo della diplomazia italiana.

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