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Libero Rassegna Stampa
02.02.2025 Lacrime solo per i bimbi di Gaza
Commento di Giovanni Sallusti

Testata: Libero
Data: 02 febbraio 2025
Pagina: 13
Autore: Giovanni Sallusti
Titolo: «L’Occidente non piange i bimbi rapiti da Hamas»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 02/02/2025, a pag. 13 con il titolo "L’Occidente non piange i bimbi rapiti da Hamas" il commento di Giovanni Sallusti.

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Giovanni Sallusti

Kfir e Ariel Bibas e la madre Shiri sono ancora dispersi a Gaza, dopo che sono stati rapiti il 7 ottobre. Kfir ha appena compiuto 2 anni in cattività. Se è ancora vivo. Di questi bambini i media occidentali non si occupano, nessuno versa lacrime. Quelle sono riservate solo ai bambini palestinesi.

Ci sono due bambini che non scuotono la coscienza d’Occidente. O meglio, non scuotono le coscienze di coloro che sono addetti professionalmente alla catena di montaggio di quella grande impostura che è la Coscienza pubblica e mediatica occidentale: editorialisti, inviati, opinionisti, intellò o pseudotali, scrittori, scribacchini, cantautori, teatranti a vario e avariato titolo. È la compagnia schizofrenica che teneva “tutti gli occhi su Rafah” per monitorare il “genocidio” sionista, non per scovare i gerarchi del Terrore come Yahya Ainwar, che pure si nascondevano lì. È il gregge mondano che ripeteva la parola d’ordine della capra in capo, il segretario Onu Guterres, secondo cui «il 7 ottobre non viene dal nulla». È la divisone contabile dell’orrore, pronta a rivoltare ogni bambino palestinese tragicamente ucciso contro chi stava tragicamente portando avanti una guerra giusta, non contro chi dichiarava di “aver bisogno” del suo sangue (Haniyeh, già capo politico di Hamas).
La Coscienza civilizzata e umanitaria che costoro pretendono di incarnare non è che “falsa coscienza”, ovvero, seguendo il vecchio Marx, ideologia. Lo vedete irrevocabilmente oggi, di fronte all’ennesima liberazione-show di Hamas, quella di Yarden Bibas, 484 giorni nell’inferno di Gaza. Una liberazione segnata però dall’assenza, manifesta, lancinante, incolmabile.
«Yarden è tornato a casa, ma la sua casa è incompleta», ha detto la famiglia. Non è a casa Shiri, la moglie. E non sono a casa loro: Ariel e Kfir. Strappati dal loro kibbutz quel giorno, quando avevano l’uno quattro anni e l’altro nove mesi. Quattro anni e nove mesi, lo scrivi ma non lo realizzi, non puoi, è qualcosa che va oltre le abituali categorie, qualcosa che collegavi solo alle Ss. Sono le Ss contemporanee, questi terroristi nazi-islamici (non “miliziani”, cara bella gente che parla male e pensa peggio, non nobilitate gli aguzzini di bambini), i quali a un certo punto hanno detto a Yarden che i figli e la moglie erano rimasti vittime di un bombardamento. Senza mai fornire alcuna prova, nemmeno recentemente alle autorità israeliane che chiedevano informazioni in base all’accordo sulla tregua.
Sono scomparsi due volte, Ariel e Kfir, non c’è nemmeno la certezza dell’irreparabile, c’è l’incertezza assoluta che ha congelato i loro abbozzi di esistenza, è un controsenso che lascia senza fiato. La loro ultima foto è del giorno maledetto, ma sembrano già due bambolotti straniti in braccio a una madre terribilmente consapevole, il volto di lei sembra un quadro di Munch, è l’espressione dell’orrore puro. L’ultima istantanea autentica è di qualche giorno prima, i sorrisi, Kfir col ciuccio, tutti e due con la maglietta di Batman, come mamma e papà. Kfir oggi in teoria ha 2 anni, ha attraversato tappe fondamentali dell’umano come la prima camminata e le prime parole in qualche cunicolo sotto Gaza City, circondato da tagliagole coranici, non sappiamo nemmeno se con la sua mamma.
Eppure, i professionisti della lacrima a comando (dell’ufficio stampa di Hamas) hanno le palpebre rinsecchite, i coniatori compulsivi di hashtag sull’esigenza di “restare umani” di fronte ai bombardamenti israeliani hanno i polpastrelli intorpiditi, i moltiplicatori seriali di appelli per i “bambini di Gaza” da firmare tra uno champagne e una tartina al caviale sono stranamente discreti.
I bambini di Gaza valgono più dei bambini imprigionati a Gaza (quindi dei bambini ebrei, non fosse chiaro il teorema dell’antisemitismo chic), questo ci state dicendo? Non lo sentite, il vostro silenzio assordante, non è un vuoto ripugnante, non è un’omissione intollerabile? L’avete visto, l’abbraccio di Yarden Bibas con suo padre e sua sorella, il nonno e la zia di Ariel e Kfir, quell’abbraccio serrato irragionevolmente, che voleva essere eterno, perché sapeva che spezzato il cerchio ci sarebbe stato ancora, in tutta la sua pesantezza e inaggirabilità, l’Insopportabile, l’assenza dei due bambini? Se non vi è capitato fatelo, poi datevi un’aggiustatina alla coscienza, o a quel che ne resta.

 

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