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Libero Rassegna Stampa
01.02.2025 Ostaggi spariti nei tunnel di Gaza
Analisi di Carlo Nicolato

Testata: Libero
Data: 01 febbraio 2025
Pagina: 14
Autore: Carlo Nicolato
Titolo: «I bimbi con i capelli rossi spariti nei tunnel di Gaza»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/02/2025, pag. 14, con il titolo "I bimbi con i capelli rossi spariti nei tunnel di Gaza", la cronaca di Carlo Nicolato. 

Carlo Nicolato
Carlo Nicolato

Shiri, Ariel e Kfir Bibas sono scomparsi. Della famiglia viene restituito solo il padre, Yarden, ma degli altri (compreso Kfir, il più piccolo fra gli ostaggi), non si hanno informazioni. Hamas sfrutta questa situazione per torturare psicologicamente tutti gli israeliani.

Tra gli ostaggi che verranno liberati oggi da Hamas c’è anche il 35enne Yarden Bibas, ma non ci saranno la moglie Shiri e i figli Ariel e Kfir.
All’epoca del rapimento Ariel aveva 4 anni, Kfir appena 10 mesi, un neonato, il più piccolo tra gli ostaggi finito nelle mani dei terroristi. La famiglia era stata brutalmente prelevata il 7 ottobre dal Kibbutz Nir Oz ma il padre, che era rimasto ferito, era stato separato dagli altri.
Il governo israeliano si è detto seriamente preoccupato per la sorte della famiglia Bibas, poiché secondo l’accordo stipulato con i terroristi le donne e i bambini avrebbero dovuto essere liberati per primi ma questo non è ancora accaduto per Shiri, Ariel e Kfir.

SPERANZA

Una tragica conferma? A fine 2023, ovvero il mese successivo l’attacco quando era stato raggiunto un accordo per il rilascio di cento delle 251 persone catturate, Hamas aveva in realtà riferito di aver ucciso Shiri e i suoi due piccoli ma Israele non aveva mai confermato la notizia. Hamas aveva anche diffuso un video che mostrava loro padre Yarden sotto tortura, al quale era stato detto che la sua famiglia era uccisa. Israele non ci credeva, un po’ perché sarebbe stato un colpo troppo duro per le disperate speranze delle famiglie degli ostaggi, ma poi anche perché mesi di indagini da parte dell’Idf non avevano in realtà portato alla conferma di nulla, né del fatto che fossero ancora vivi né che fossero stati uccisi. Semplicemente Shiri, Ariel e Kfir sembravano spariti nel nulla. Il governo israeliano ha chiesto in queste ore ad Hamas di chiarire definitivamente la vicenda, ma le speranze di trovare vivi i bambini, che ora avrebbero 5 e 2 anni, e la loro madre sono ormai ridotte al lumicino.
Lunedì scorso i parenti della famiglia Bibas hanno detto di crederci ancora: «Lo abbiamo detto allora e lo diciamo ora: teniamo viva la speranza e continuiamo ad aspettare il loro ritorno. Aspettiamo chiarezza sulle loro condizioni», hanno affermato in una dichiarazione congiunta, ma ogni lista del prossimo rilascio senza che vi siano scritti nomi di Shiri, Arie e Kfir è un passo ulteriore verso l’inferno, verso l’irreparabile.
L’immagine che ritrae Shiri Bibas il giorno dell’assalto mentre tiene stretti i suoi due figli dai capelli rosso arancione è ormai diventata in Israele l’emblema della criminale follia del giorno più tragico della storia del Paese. Il colore fiammante delle testoline dei due piccoli è il colore del dolore e dell’incredulità, ma anche dell’attesa. Mercoledì scorso si è celebrato l’Orange Day in onore di Ariel e Kfir, migliaia di palloncini arancioni sono stati fatti volare in cielo a testimoniare che la gente d’Israele non li dimentica, non li può dimenticare neanche un secondo. Canzoni e preghiere sono nate in loro onore, graffiti della famiglia, tra cui uno struggente a Tel Aviv che mostra il fratello maggiore che spinge un passeggino con le parole «Ariel non sarà mai più lo stesso«, sono apparsi in tutte le strade di Israele. La foto del piccolo Kfir sorridente a soli 10 mesi tappezza i muri delle città, è una coltellata al cuore; l’altra in cui appare insieme ad Ariel, entrambi vestiti da Batman, è una dolorosa domanda ancora senza risposta. Il 18 gennaio Kfir compiva 2 anni e le persone si sono presentate alle manifestazioni in loro onore travestiti da Batman.
«Quello che è successo a questi bambini è un simbolo, un simbolo del male creato dall'uomo, ma anche della vittoria della vita se riusciremo a liberarli, qualunque sia il costo», ha detto la musicista Hila Shlomo durante la manifestazione.

SIMBOLI

«Le informazioni che abbiamo ricevuto non sono buone», ha detto il cugino di Shiri, Jimmy Miller, che in questi mesi ha svolto il ruolo di portavoce della famiglia. «L’esercito ha paura dello stato in cui saranno restituiti, ma non è stato ancora dimostrato nulla».
Le voci si rincorrono, le supposizioni anche. C’è chi sostiene che, vista la loro simbolica popolarità, Hamas ha solo l’interesse a trattenere i due bambini e la loro madre fino all’ultimo. Rappresentano, loro malgrado, gli ostaggi perfetti. Ma c’è anche la tragica possibilità che siano stati uccisi e i loro corpi non vengano nemmeno mai trovati. David Barnea, il capo dell'agenzia di intelligence del Mossad, ha detto questa settimana alle famiglie degli ostaggi che i corpi di quelli uccisi potrebbero trovarsi sotto le macerie e finire distrutti se i bulldozer venissero usati per sgomberare il territorio. Ma nessun bulldozer potrà mai distruggere il ricordo di Shiri, Ariel e Kfir.

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