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Libero Rassegna Stampa
24.01.2025 Contro Israele, il sindacato dei giornalisti
Cronaca di Massimo Sanvito

Testata: Libero
Data: 24 gennaio 2025
Pagina: 2
Autore: Massimo Sanvito
Titolo: «I pro Pal si prendono pure il sindacato dei giornalisti»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/01/2025, a pag. 2, con il titolo "I pro Pal si prendono pure il sindacato dei giornalisti", la cronaca di Massimo Sanvito

La conferenza di Amnesty International alla sede della FNSI (il sindacato unico dei giornalisti) ha un titolo che già dice tutto: "Il genocidio di Israele a Gaza". E i relatori già sappiamo come la pensano: Francesca Albanese, per prima. Insomma, se il sindacato dei giornalisti fa circolare solo queste idee, non possiamo sperare che i media siano più corretti ed equilibrati nella narrazione del conflitto mediorientale.

Un evento a senso unico. L’ennesimo. Tutto in chiave pro Palestina e anti-Israele. Con un’aggravante: a ospitare la conferenza , dal titolo già di per sé emblematico, “Il genocidio di Israele a Gaza”, è stata la sede romana della Federazione nazionale della stampa italiana, ovvero il sindacato unitario dei giornalisti. Una scelta che ha fatto storcere il naso a non pochi dentro (e fuori) l’associazione, perché non può esistere informazione senza contraddittorio. Guardando poi i relatori del convegno, basato su un rapporto targato Amnesty International, il cerchio si chiude. A partire da Francesca Albanese, “relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei territori palestinesi”, che nel 2014 si era distinta per una lettera aperta a mezzo social che recitava testuali parole: «America ed Europa, soggiogati dalla lobby ebraica gli uni, e dal senso di colpa per l’Olocausto gli altri, restano al margine e continuano a condannare gli oppressi - i palestinesi - che si difendono con i mezzi che hanno (missili squinternati) invece di richiamare Israele alle proprie responsabilità secondo la legge internazionale». Genocidio, pulizia etnica e deportazione – degli israeliani nei confronti dei palestinesi, va da sé... – sono le parole preferite del suo vocabolario. E Hamas? Secondo il direttore di Un Watch, Hillel Neuer, intervenuto al Congresso Usa, Albanese avrebbe addirittura fatto capolino a una conferenza del movimento nel novembre del 2022 dicendo loro candidamente: «Avete il diritto di resistere». Oltre a lei, ecco Grazia Careccia, vicedirettrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International, un’altra che non ha nessun dubbio sulla parola “genocidio”: «Il nostro rapporto guarda a tutta una serie di violazioni commesse da Israele a Gaza. Uno Stato che sta commettendo ancora un genocidio». E poi Tina Marinari, coordinatrice delle campagne di Amnesty, e Ruba Salih, professoressa ordinaria di Antropologia all’Università di Bologna che in una recente intervista, a proposito appunto di informazione, spiegava che «se Israele forse ha potere di manipolare i media mainstream come il New York Times o altri, non c’è modo di fermare l’informazione indipendente». A moderare Riccardo Noury, portavoce di Amnesty, contento solo a metà per gli ultimi sviluppi nel conflitti: «Bene il cessate il fuoco, ma dall’ottobre del 2023 è stato oscurato quello che accade in Cisgiordania. Il rischio è che cessino le armi nella Striscia ma non nei territori occupati». Tra chi non ha affatto gradito la propaganda palestinese all’interno di una sede istituzionale c’è Elisabetta Fiorito, giornalista e scrittice, membro del consiglio direttivo del sindacato Stampa Romana che fa capo alla Fnsi. «Mi dissocio da questo pensiero unico. È assurdo che che la Fnsi non consideri tutte le visioni in campo e si finisca dunque per portare avanti l’attacco perenne a Israele. Parlare di genocidio è improprio, non esiste un genocidio palestinese, questa definizione lasciamola alla Shoah, alle vicende della Cambogia, del Ruanda e dell’Armenia. Non giustifichiamo assolutamente Netanyhau, però bisogna avere equilibrio quando si parla di Palestina. Francesca Albanese è stata criticata persino all’interno all’Onu. Facciamo i giornalisti...», spiega a Libero Fiorito. Per quanto riguarda invece il ruolo di Amnesty, secondo la giornalista, «piuttosto che di Israele dovrebbe preoccuparsi di più di chi viene condanato a morte in Iran, delle donne che in Afghanistan non possono parlare in pubblico, delle dittature».

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