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Deborah Fait
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Ma a Gaza non dovevano essere quasi tutti morti di fame e freddo e di bombe? 21/01/2025

Ma a Gaza non dovevano essere quasi tutti morti di fame e freddo e di bombe?
Commento di Deborah Fait

L'ignobile festa di Hamas per umiliare e terrorizzare ancora una volta gli ostaggi, nel giorno del loro rilascio. Sono scene che cancellano di colpo 15 mesi di propaganda fondata solo sul tema della sofferenza di Gaza e dei palestinesi. E riportano la memoria al 7 ottobre.

Assistere alla liberazione dei primi tre ostaggi in questa fase della tregua tra Israele e Hamas, è stato come ritornare a 15 mesi fa quando quelle stesse giovani, insieme ad altri 250 rapiti, furono trascinate dentro Gaza. Stesso furore, stesse orde di uomini, donne, bambini violenti e inviperiti, pazzi di odio e urlanti contro persone innocenti catturate mentre dormivano nei loro letti o aspettavano l’alba ballando felici al Nova Festival. Me le ricordo bene quelle belve che fermavano i furgoni dei terroristi per dare coltellate, legnate con pezzi di ferro ai nostri fratelli, figli e figlie, nonni, bambini, sanguinanti, paralizzati dal terrore e dal dolore. La stessa tragedia poteva accadere domenica quando una folla spaventosa di gente rabbiosa, urlante Allahu Akhbar, felpe firmate, cellulare in una mano e l’altra chiusa a pugno, minacciava le nostre tre ragazze pallide e spaventate. Se avessero potuto le avrebbe linciate, scannate, fatte a pezzi. Per assurdo Hamas, che per l’occasione si era vestito a festa, con tanto di divise stirate, viso coperto e lo straccio verde in testa, doveva difendere le sue prede, quelle che per 15 mesi aveva chiamato “sabaya”, schiava sessuale. Una folla enorme pronta al linciaggio tanto che alcuni di quelli in divisa sono saliti sui tettucci delle macchine della CRI brandendo i mitra per minacciare quei selvaggi. Dovevano impedire che si avvicinassero troppo alle nostre tre ragazze nel momento in cui passavano dalle toyota di Hamas ai minivan che le avrebbero portate in salvo. Nel vedere quelle scene non era possibile trattenere i singhiozzi. Hamas aveva preparato minuziosamente quell’orrendo teatrino con la solita, bisogna dirlo, bravura nel condurre la sua scellerata guerra psicologica. Prima aveva ritardato di consegnare la lista degli ostaggi da liberare, poi si è saputo che, all’ultimo momento, aveva sostituito una delle ragazze, provate a immaginare la crudeltà di un’azione del genere. Infine, a suggello di una bestialità disumana, ha consegnato a ognuna delle tre un sacchetto che conteneva il certificato di prigionia e altri “ricordini”dell’inferno. Il tutto tra gli ululati minacciosi dei bravi cittadini di Gaza.  Ma non dovevano essere tutti morti? Fino al giorno prima della liberazione, mezzo mondo urlava al genocidio, a bambini che morivano assiderati con temperature quasi estive, alla fame , alla sete di centinaia di migliaia di poveretti vittime della crudeltà sionista. Domenica si è avuta la prova di quanto aberrante sia stata in questi 15 mesi la propaganda allestita dalla feccia del mondo, non solo i palestinesi ma anche i loro simpatizzanti, quelli del free Palestine, del Viva Hamas, quelli dell’odio antisemita, quelli che trovano giusto che un bambino di due anni sia scambiato con 50 assassini. Quelli che non proferiscono verbo di fronte alle centinaia, migliaia di terroristi liberati per poter riavere a casa i nostri bambini, forse già morti, le nostre giovani, i nostri vecchi. Il falso genocidio lo abbiamo visto in quella moltitudine che fino a sabato frignava davanti alle telecamere di aver fame e freddo per poi esplodere domenica in tutta la sua violenza. Un imbroglio che gli onesti e gli umani tra noi negavano ma che ha esaltato gli scellerati, nei confronti dei quali provo tutto lo schifo di cui sono capace. Quella stessa gente che doveva essere stata “genocidiata”, domenica, più viva che mai,  mostrava i pugni a tre ragazze innocenti ululando Allahu Akhbar. Di fronte alla palla colossale del genocidio palestinese, una volta di più abbiamo visto la differenza tra bestialità e civiltà, il tutto nelle poche centinaia di metri che separava le due realtà, quella palestinese e quella ebraica. In Israele abbiamo accolto le nostre tre ragazze con la felicità di riaverle vive, con le lacrime al pensiero di quelli che sono ancora prigionieri. Non una parola è stata detta contro le belve palestinesi. Non una manifestazione è stata fatta davanti ai pullman che trasportavano verso la libertà 90 assassini. Donne e minori, hanno detto le televisioni. Donne terroriste, minori terroristi, tutti con le mani sporche di sangue ma nessuno ha detto una sola parola di protesta, nemmeno i parenti dei nostri ostaggi ancora prigionieri delle belve di Gaza. Tutta Israele ha abbracciato le nostre tre ragazze, per ore non ho sentito il rumore di una macchina, eravamo tutti davanti alla televisione o in Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv con le lacrime agli occhi e il nodo in gola che non andava né su né giù. Adesso dobbiamo aspettare il prossimo sabato per averne altri tre, o forse quattro, perchè questo tragico, crudele e inumano teatrino fa parte del satanismo di Hamas e degli abitanti di Gaza.

Deborah Fait
Deborah Fait


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