Gli ostaggi sono l’arma principale di Hamas. Parla lo storico Benny Morris Intervista di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 17 gennaio 2025 Pagina: 1/IV Autore: Giulio Meotti Titolo: «Israele nel guado»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/01/2025, a pag. 1/IV, l'intervista di Giulio Meotti a Benny Morris dal titolo: "Israele nel guado".
“Se la tregua si trasformerà in una vittoria di Hamas dipende da cosa succederà nei prossimi mesi”. Così al Foglio Benny Morris, 76 anni, professore emerito di Storia alla Ben Gurion University in Israele e noto per la sua ricerca innovativa sul conflitto israelo-palestinese. “Al momento è una piccola vittoria di Hamas nel senso che Netanyahu aveva detto che la guerra sarebbe finita con la distruzione di Hamas e Hamas è ancora lì, ha più combattenti oggi che all’inizio della guerra perché in questo anno ha reclutato molto ed è ancora capace di attaccare Israele dentro Gaza e al confine. Ora dipende da cosa succederà, se Hamas emergerà ancora al potere a Gaza. La vittoria più grande è di Trump, che ha costretto Netanyahu alla tregua e a rinunciare alla fine di Hamas”.
Nel lungo termine, il Jihad ne esce rafforzato. “Ai jihadisti non interessa la vita umana, ovviamente non degli israeliani ma neanche degli arabi, per loro possono andare in paradiso. 15-17 mila civili palestinesi sono stati uccisi e la popolazione di Gaza per i prossimi anni vivrà nelle tende. Forse Hamas alla fine sarà meno popolare a Gaza, ma chi lo sa? I fanatici islamici hanno calcoli diversi dagli occidentali”.
Benny Morris liquida così le chiacchiere da Teheran sulla “resistenza palestinese”. “L’Iran ha perso: ha perso Hezbollah, ha perso Assad, ha quasi perso Gaza, ha perso le sue difese aree e ora fa solo propaganda”.
Imputa al governo d’Israele un passo falso enorme rispetto alle dichiarazioni dell’ultimo anno. “Netanyahu con l’accordo si è rimangiato la promessa che Israele non si sarebbe ritirato dal corridoio di Filadelfi al confine egiziano, essenziale per fermare l’ingresso di missili e altro materiale bellico. Lo stesso vale per il corridoio di Netzarim, che taglia in due la Striscia di Gaza: se un milione di gazawi potranno tornare alle loro case a nord, questo significa che sarà irreversibile per Israele”.
I cento ostaggi di Hamas si sono rivelati l’arsenale più prezioso dei terroristi. “L’uccisione di 1.200 israeliani e 250 ostaggi catturati è stato un terribile colpo psicologico per Israele, a cui si sono aggiunti gli ostaggi per oltre un anno nelle mani di Hamas. Questo ha anche deciso le sorti della guerra, perché Israele non ha potuto bombardare i tunnel di Gaza né entrare al loro interno senza mettere in pericolo la vita degli ostaggi. Quindi gli scudi umani sono stati la grande arma di Hamas. Inoltre, saranno rilasciati in totale 290 terroristi ergastolani e 1,687 altri prigionieri e detenuti in cambio degli ostaggi. Un grande successo per i fondamentalisti islamici. Nel 2011 per il solo Gilad Shalit hanno avuto oltre mille terroristi. E ora la misura è un soldato israeliano per cinquanta palestinesi. La società israeliana non è pronta a sacrificare questi ostaggi. Nella Seconda guerra mondiale i tedeschi rapirono il figlio di Stalin. E Stalin cosa fece? Disse loro: ‘Uccidetelo’. Israele non è fatto così. Siamo una società occidentale. Siamo una società basata sulla famiglia, una comunità, e poi le dimostrazioni fuori dalla casa di Netanyahu e dalla Knesset. Io penso che questa sia una debolezza, ma faccio parte di una minoranza. E’ una debolezza in guerra”.
Questa guerra ha dimostrato molte cose. “La prima è che Hamas il 7 ottobre ha capito che Israele non era forte come pensavano. Poi l’attacco ha riportato la questione palestinese al centro dell’agenda mondiale. Terzo, l’Iran ne esce indebolito e con lui i suoi proxy. E forse finirà con Israele che attacca le installazioni nucleari dell’Iran. Poi c’è la questione occidentale: l’attacco ha scatenato l’antisemitismo che è sempre stato latente. Da una parte l’odio per Netanyahu, dall’altra l’irrisolta questione palestinese, infine l’odio per gli ebrei. Non parlo di tutto l’occidente: Stati Uniti e altri paesi occidentali hanno sostenuto militarmente Israele, ma sicuramente i campus”. E anche fra le opinioni pubbliche c’è differenza: “In America c’è ancora una maggioranza solida del pubblico che sta con Israele”.
Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante