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Libero Rassegna Stampa
09.01.2025 Cecilia torna a casa, sinistra sotto un treno
Editoriale di Mario Sechi

Testata: Libero
Data: 09 gennaio 2025
Pagina: 1/12
Autore: Mario Sechi
Titolo: «I servizi e la sinistra parolaia»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 09/01/2025, a pag. 1/12 con il titolo "I servizi e la sinistra parolaia" l'editoriale di Mario Sechi.


Mario Sechi

Cecilia Sala accolta all'aeroporto da Giorgia Meloni. Il governo riporta gli italiani a casa, lavorando nel modo giusto. La sinistra è capace solo di criticare e sbaglia tutte le previsioni ("il governo non ha un piano per riportare Cecilia a casa" diceva Renzi fino a ieri). 

Missione compiuta: Cecilia Sala a casa, trionfo di Meloni e sinistra sotto un treno. Giorgia Meloni oggi terrà non la conferenza di fine anno, ma quella di un inizio del 2025 col botto. La liberazione della giornalista italiana sequestrata dagli iraniani è di enorme importanza non solo perché abbiamo salvato una vita preziosa, ma perché conferma le capacità diplomatiche di Palazzo Chigi, l’intenso lavoro della Farnesina, l’eccezionale efficacia dei nostri servizi segreti. Pochi Stati oggi sono in grado di condurre queste operazioni senza combinare guai, fare danni collaterali, cedere alla tentazione del blitz, agire in solitudine creando problemi con gli alleati. Meloni ha fatto un capolavoro e basta guardare l’agenda per capirlo: il 4 gennaio il premier vola in Florida, va a Mar -a -Lago, la residenza del Presidente eletto Donald Trump, dove naturalmente parla (anche) del caso Sala; l’8 gennaio Cecilia Sala viene liberata; oggi il presidente del Consiglio terrà l’incontro annuale con i giornalisti parlamentari, due giorni dopo, l’11 gennaio, Meloni saluterà a Roma Joe Bi den, in quella che probabilmente sarà l’ultima missione all’estero del Presidente in carica. Non occorre un genio per capire che dietro tutto questo c’è uno studio, un piano ben architettato, certamente anche una dose di Fortuna, quella che evocava il Machiavelli, il lavoro della personalità di Stato che crea le condizioni per governare e avere successo. Se dovessimo individuare in questa storia la fortuna, intesa come il caso, allora è certamente quella della “transizione americana”, cioè quel periodo dopo le elezioni presidenziali in cui scatta la fase di passaggio dall’amministrazione uscente a quella entrante, nel nostro caso da Biden a Trump, dai Democratici ai Repubblicani. In questo spazio si è infilata a tutta velocità la diplomazia meloniana, facendo valere gli eccellenti rapporti con Biden e l’ottimo inizio con Trump.
L’importante era non mettere in imbarazzo gli Stati Uniti e ottenere dall’uno e dall’altro un tacito accordo sull’azione che l’Italia avrebbe intrapreso per ottenere dall’Iran la liberazione di Sala. In altri scenari e con altri Stati questo probabilmente non sarebbe successo, ma l’Italia ha una tradizione diplomatica di dialogo con il Medio Oriente che va avanti dai tempi di Andreotti e Craxi, che il governo Meloni ha rafforzato varando il piano Mattei e un’intensa attività di relazioni bilaterali nel Mediterraneo, nel Golfo e nell’Indo-Pacifico. La geopolitica non è materia astratta da talk-show, è fatta di relazioni concrete, di serietà, di affidabilità, di riconoscimento reciproco, anche nelle differenze, che nel caso dell’Iran sono enormi.
In questa vicenda ci sono due grossi errori. Il primo è quello non tanto della sinistra parlamentare, che ha fatto qualche scivolone ma comunque ha sostenuto la linea del negoziato per la liberazione di Sala, quanto della sinistra parolaia, televisiva, eternamente comiziante sui social, in cerca di like e applausi delle truppe cammellate, sprezzante e mai oggettiva, quella per intenderci che abbiamo visto l’altra sera nella trasmissione di Giovanni Floris in cui un arzillo Corrado Augias la sparava grossa sull’incapacità di Meloni di risolvere il caso Sala, con tanto di risolini in studio e stupidaggini alle quali una persona seria, un giornalista con i controfiocchi come Antonio Padellaro, si opponeva senza ottenere l’ascolto degli intelligenti a prescindere (dalla realtà). Quando sulla ragione prevale la boria, la superiorità antropologica dell’intellettuale di sinistra, il risultato è un tragicomico scontro con i fatti, la cronaca. Immaginate cosa sarà passato nel cervello di questi scienziati della politica internazionale quando è arrivata la notizia della liberazione di Cecilia Sala. Buio.
Il secondo errore, una scelta infelice per i tempi e anche i modi, l’ha compiuto Elisabetta Belloni dimettendosi improvvisamente dal vertice dei servizi (il Dis). La sua uscita è stata subito sfruttata sui media del regime iraniano per collegarla al caso Sala, a presunte divisioni e via discorrendo. La liberazione dimostra che la Belloni non c’entrava assolutamente niente nella gestione della crisi con l’Iran.
Chi invece va ringraziato per il lavoro oscuro e fondamentale è Gianni Caravelli, generale a capo dell’Aise che ha già risolto parecchi casi, è un decano del ristretto club mondiale dell’intelligence, con la regia del sottosegretario Alfredo Mantovano forma una coppia d’assi, tanto lavoro, poche parole. Gente seria che serve lo Stato.
Cosa capiterà adesso all’ingegner Abedini, link dei Pasdaran, mago dei droni secondo la giustizia americana. A cortesia corrisponde simmetria, dunque la liberazione di Cecilia Sala sarà probabilmente accompagnata dal no all’estradizione in America. Tutte le altre mosse sulla scacchiera sono ancora da immaginare, ma abbiamo una certezza: Giorgia Meloni è una fuoriclasse della scena internazionale, più i suoi avversari la sottovalutano e più lei cresce, perché mette a frutto il fattore dell’esperienza e consolida le relazioni. Solo una sinistra in bancarotta culturale può continuare a fare finta che il fenomeno Meloni non esista, mentre vede i fascisti su Marte. Nella riunione di redazione di Libero tutto questo verrebbe riassunto in una formula: vanno assolti per non aver compreso il fatto.

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