Chi aiuta Hamas è terrorista Commento di Ugo Volli
Testata:L'Identità Autore: Ugo Volli Titolo: «La retorica mortale su Gaza colpisce anche i palestinesi»
Riprendiamo da L'Identità online di oggi, 08/01/2025, il commento di Ugo Volli intitolato "La retorica mortale su Gaza colpisce anche i palestinesi".
Ugo Volli
A proposito di Israele circola sui giornali italiani una cattiva retorica, anzi una retorica mortale, perché alleata alla morte e ai propagandisti di morte. Essa è pericolosa non solo per Israele ma anche per i palestinesi e per l’Europa: va pazientemente smascherata con gli strumenti della ragione. In questa retorica si sparano numeri a casaccio (anzi sotto la dettatura dei propagandisti di Hamas), si usano parole a sproposito, come genocidio, si convocano immagini che permangono nell’immaginario collettivo europeo da un millennio, come quella degli ebrei che ammazzano bambini, per cui centinaia di comunità ebraiche sono state sterminate a partire dall’invenzione della “calunnia del sangue” (Norwich, Inghilterra, 1144), si gettano “maledizioni” sui governanti di Israele. E poi si attribuiscono ai nemici “viltà”, “bugie schifose”, “atroce”, “indegna inaccettabile violenza”, “bambini morti di freddo” (ma la temperatura a Gaza in questi giorni oscilla fra i 21 e i 12 gradi, impossibile congelare), si ripete ossessivamente un numero falso (20 mila bambini morti). Naturalmente senza fonti, senza documentazione, senza verifiche, perché la retorica dell’indignazione non sopporta i fatti, non accetta i ragionamenti, è solo urlo e improperio. Mi riferisco innanzitutto all’editoriale di Dino Giarrusso, pubblicato su questo giornale qualche giorno fa in risposta a un equilibrato intervento di Carlo Giovanardi. Ma purtroppo non si tratta affatto di un caso isolato.
Partiamo da questo numero: 20 mila bambini sarebbero morti a Gaza. È una cifra completamente falsa, come vedremo, una pura speculazione propagandistica. Il “ministero della salute di Gaza”, un organismo di Hamas, sostiene che la guerra nella Striscia avrebbe prodotto 45 mila morti (su due milioni di abitanti). Se accettiamo questo numero, 20 mila bambini sarebbero quasi la metà delle vittime. Ma questa proporzione è impossibile: un esercito in combattimento se vuole sopravvivere deve sparare ai nemici armati, in questo caso le truppe ben addestrate di Hamas, non agli inermi o ai bambini. Ovviamente non c’è una sola testimonianza, anche da parte di Hamas, che l’esercito israeliano sia mai stato così folle da prendere come obiettivo i bambini.
I dati di Hamas poi non sono affatto corretti. L’Onu a maggio scorso, quando Hamas parlava di 35 mila morti, comunicò che aveva potuto verificare solo 8 mila vittime. La più accurata e neutrale indagine recente su questi dati, quella della britannica Henry Jackson society (consultabile qui) mostra che vi è una sistematica discrepanza fra i referti ospedalieri e le dichiarazioni di Hamas, anche perché in queste sono incluse molte identità ripetute e morti naturali, per esempio di cancro, che portano a ridimensionare il numero delle vittime di guerra di circa un terzo. Delle 30 mila vittime vere di questa guerra circa 17 mila sono truppe e militanti di Hamas, secondo i dati israeliani, i soli disponibili perché nei numeri palestinesi la categoria dei combattenti non figura. Restano circa 13 mila civili morti (uomini non militari, vecchi, donne e bambini). Come hanno riconosciuto tutti gli esperti militari, è una proporzione di vittime collaterali straordinariamente bassa per una guerra che si svolge in ambiente urbano, con Hamas che applica le tattiche della “guerra asimmetrica” nascondendosi fra i civili, nelle moschee, negli ospedali, nelle scuole, nelle centinaia di chilometri di tunnel scavati apposta sotto gli edifici, e sparando di lì alle spalle dei militari israeliani. Questa scarsità di non combattenti colpiti (si pensi che alla fine della II Guerra Mondiale nei bombardamenti alleati di Dresda morirono 135 mila civili e a Napoli 25 mila) è il risultato degli sforzi di Israele di non colpire i civili, per esempio dando notizia prima delle zone in cui avrebbe operato, con volantini dettagliati, messaggi telefonici, mappe pubblicate in rete che comprendono vie di fuga e zone sicure. Come è inedito il fatto che uno stato in guerra faccia passare per le sue linee rifornimenti (acqua, cibo, carburante, elettricità) per il territorio dominato dai propri nemici, regolarmente sequestrati dalle bande di Hamas.
Certamente, si può e si deve dire, ogni vittima è di troppo, ogni guerra è male. Ma questa guerra Israele non l’ha valuta e non l’ha prevista. È stato colto di sorpresa non solo dall’atroce pogrom del 7 ottobre (ricordiamolo: 1.200 persone uccise, inclusi vecchi, bambini, donne; 250 rapiti di cui oltre 100 ancora in mano ai terroristi; episodi atroci di stupro, di persone bruciate vive, di bambini uccisi fra le braccia della madre), ma anche dai bombardamenti (a oggi circa 40 mila missili) che sono venuti e in parte vengono ancora da Gaza, dal Libano, dalla Siria, dall’Iraq, dallo Yemen e dall’Iran. È l’Iran che ha orchestrato questa aggressione, il cui scopo esplicito era ed è ancora la distruzione dello Stato ebraico e lo sterminio del suo popolo. Israele ha reagito lentamente, ma con determinazione, con l’obiettivo di eliminare una minaccia collettiva mortale, che si ripete appena ottant’anni dopo la Shoà. Terminare la guerra senza eliminare i movimenti terroristi che hanno lo scopo di distruggere Israele e senza liberare i rapiti sarebbe come finire la II guerra mondiale senza distruggere il nazismo. Per concludere la guerra a Gaza basterebbe che Hamas liberasse le persone che tiene sequestrate, consegnasse le armi e accettasse l’offerta di Israele di un salvacondotto per l’esilio. Non lo fa, anche se ha perso la battaglia sul campo, per fanatismo, per odio, ma anche perché conta ancora sulla mobilitazione di una parte dell’opinione pubblica europea e americana che ne ripete la propaganda. Chi aiuta Hamas oggi facendosi portavoce delle sue menzogne, chi parla di “genocidio” e di “20 mila bambini uccisi” non solo fa male a Israele ma anche agli abitanti di Gaza, perché prolunga la guerra. E all’Europa, perché aiuta chi vuole imitare qui il terrorismo di Hamas.