Sala: il doppio gioco dell’Iran Analisi di Salvatore Dama
Testata: Libero Data: 07 gennaio 2025 Pagina: 9 Autore: Salvatore Dama Titolo: «Doppio gioco dell’Iran sulla pelle della Sala»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 07/01/2025, a pag. 7, con il titolo "Doppio gioco dell’Iran sulla pelle della Sala" la cronaca di Salvatore Dama
Salvatore Dama
Gli iraniani cambiano le carte in tavola. Non è più l’ingegnere l’obiettivo dei pasdaran. Smentendo le fonti ufficiali della scorsa settimana, ora il ministero degli Esteri di Teheran fa sapere che non c’è alcun collegamento tra l’arresto di Cecilia Sala e la detenzione di Mohammad Abedini Najafabadi a Milano.
Non è lui che vogliono in cambio della liberazione della giornalista italiana. Cosa, allora? O chi? Il regime iraniano manda anche un altro messaggio: tenere fuori gli Stati Uniti da questa vicenda.
Avvertimento che arriva proprio all’indomani della visita lampo di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, residenza d’inverno del presidente eletto Donald Trump.
L’intrigo internazionale si complica proprio nelle ore in cui a Roma è convocata la riunione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Luogo istituzionale scelto dal sottosegretario con delega ai Servizi Alfredo Mantovano per aggiornare deputati e senatori sulla vicenda.
Insomma la situazione è questa. Si tratta con una controparte che non è il massimo dell’affidabilità, ma si tratta. E, in questa logica, va inserita la missione di Meloni negli States. Viaggio andata e ritorno, tenuto riservato anche ai ministri, informale ma importante per stabilire una relazione privilegiata con il leader che, nel giro di un paio settimane, tornerà alla Casa Bianca. E le lancette corrono veloci. Palazzo Chigi non ha tempo di seguire i ritmi del cerimoniale. Tra i vari dossier affrontati nel colloquio Trump-Meloni c’è anche il caso Sala.
Per la premier restituire la giornalista ai suoi familiari è una questione che esula l’ordinario, ne va dell’interesse nazionale del paese. Messo giù il tema in questi termini (duri), Giorgia ha spiegato perché sarebbe bene che gli americani non insistessero per l’estradizione di Abedini. Il governo potrebbe muoversi prima ancora della magistratura, la cui decisione è attesa per il 15 gennaio. La legge offre al ministro della Giustizia la possibilità di intervenire sulla sorte di un cittadino straniero in attesa del trasferimento coatto all’estero. Lo farà? E, soprattutto, basterà questo “scambio” di prigionieri per riportare Cecilia Sala in Italia?
Gli Ayatollah sono imperscrutabili.
Stando alle notizie di ieri, la scena sembrerebbe cambiata. Non esiste alcun collegamento tra l’arresto della Sala a Teheran e quello di Mohammad Abedini Najafabadi a Milano.
Lo sostiene il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ismail Beqaei, rispondendo a una domanda sul caso della giornalista italiana detenuta dal 19 dicembre.
Riferendosi alle ragioni della detenzione, Beqaei dice che «il ministero dell'Orientamento ha rilasciato una dichiarazione chiara sui motivi dell’arresto: aver violato le leggi iraniane». Quanto ad Abedini, «ci opponiamo al fatto che cittadini iraniani siano perseguiti ed estradati da alcuni Paesi su richiesta degli Stati Uniti, è una specie di presa di ostaggi. L’accusa mossa a questi cittadini di aggirare le sanzioni unilaterali americane è infondata. La nostra richiesta a questi Paesi è di non lasciare che le loro relazioni bilaterali con l’Iran siano influenzate dalle richieste illegali di terzi». Altro messaggio all’Italia: tenere fuori gli States dalla vicenda.
Tutto ciò succede mentre a Roma c’è l’audizione del sottosegretario Mantovano sul caso Sala. L’opposizione aveva insistito con forza per essere informata e coinvolta. In un primo momento la richiesta era stata per un dibattito parlamentare. Poi, data la delicatezza della situazione e la sensibilità delle informazioni in possesso del governo, tutti hanno concordato sull’opportunità di vedersi nella sede del Copasir, i cui lavori restano protetti dal massimo riserbo.
E poco si sa delle due ore di riunione. Da Palazzo Chigi filtra molta soddisfazione per lo spirito collaborativo e costruttivo dimostrato dall’opposizione. Non solo il presidente del Comitato Lorenzo Guerini, ma tutti i componenti dell’organo parlamentare hanno posto questioni pertinenti senza lasciarsi andare alla polemica politica. Segno, sottolineano ancora fonti del governo, che il Copasir era la sede giusta per questo tipo di comunicazioni.
«Di tutto quello che riguarda il Copasir abbiamo il segreto, lo rispetto e non parlo», dichiara il responsabile dell'organizzazione di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli, uscendo dalla riunione. «C'è fiducia? Sì, siamo fiduciosi, ma c'è anche stata la richiesta di silenzio stampa, motivo in più per non parlarne», conclude il deputato.
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