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Libero Rassegna Stampa
03.01.2025 Anche ai palestinesi è odiosa al Jazeera
Cronaca di Amedeo Ardenza

Testata: Libero
Data: 03 gennaio 2025
Pagina: 17
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «Anche ai palestinesi al Jazeera è odiosa. Abu Mazen la caccia dalla Cisgiordania»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 03/01/2025, a pag. 17, con il titolo "Anche ai palestinesi al Jazeera è odiosa. Abu Mazen la caccia dalla Cisgiordania", la cronaca di Amedeo Ardenza.

Dopo Israele, anche l'Autorità Palestinese chiude Al Jazeera. Allora non era solo un pregiudizio israeliano: la Tv pan-araba, con sede in Qatar, fa propaganda per i Fratelli Musulmani e in un periodo di rinnovata guerra fra Fatah e Hamas, diventa un pericolo anche per i palestinesi.

«Un crimine contro il giornalismo». Peggio ancora, una scelta «in linea con le azioni dell’occupazione israeliana contro la redazione di Al Jazeera». Con queste parole, il network satellitare qatariota ha reagito alla decisione dell’Autorità palestinese di vietare le sue trasmissioni nei territori che controlla. Ed è vero che il governo di Gerusalemme aveva già “spento” quel canale a maggio del 2024 ma per ragioni diverse da quelle dell’amministrazione guidata da Abu Mazen. Otto mesi fa il governo di Benjamin Netanyahu aveva chiuso il canale all-news definendolo «una minaccia alla sicurezza nazionale». Una minaccia doppia: da un lato, quale canale del Qatar, il principale sponsor di Hamas, Al Jazeera ha sempre operato come megafono del gruppo terrorista di Gaza, dei suoi sponsor e dei suoi alleati; dall’altro, circa un anno dopo il pogrom del 7 ottobre del 2023, le Israel Defense Forces avevano raccolto informazioni sul legame diretto fra sei collaboratori di quel canale da una parte e Hamas e il Jihad islamico palestinese (Pij) dall’altro. Giornalisti di giorno, terroristi di notte, i sei erano stati indicati con nome e cognome: Anas al-Sharif, Alaa Salameh, Hossam Shabat, Ashraf al-Sarraj, Ismail Abu Omar and Talal al-Arrouqi. “Accuse fabbricate”, aveva replicato il canale, accusando Israele di voler mettere a tacere i pochi giornalisti ancora liberi nella regione”. Una regione che a cominciare da Egitto, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti, ha in parte già messo al bando i servizi del canale qatariota.
La polizia di Abu Mazen non ha però scoperto dei reporter di Al Jazeera impegnati in azione di terrore contro Ramallah. A far saltare i nervi all’organo di autogoverno palestinese la circostanza che il canale all news ha coperto e molto criticato un recente giro di vite da parte dell’Autorità palestinese contro il terrore di importazione. Erano stati gli israeliani a segnalare ai servizi di sicurezza di Ramallah che con il crollo del vecchio regime siriano e la sconfitta militare di Hezbollah nel sud del Libano, i territori palestinesi stanno diventando la nuova centrale del terrorismo nella regione, con epicentro a Jenin, già teatro di duri scontri fra israeliani e il Pij. Dopo che la polizia palestinese ha eliminato almeno quattro civili nell’area di Jenin, Al Jazeera ha attaccato il governo di Ramallah scrivendo: “L'Autorità palestinese sta reprimendo i gruppi armati nel campo profughi di Jenin in quello che, secondo gli esperti, è un tentativo di ripristinare la sua limitata autorità nella Cisgiordania occupata e di persuadere il prossimo presidente degli Stati Uniti Donald Trump che può essere un utile partner per la sicurezza”. Lo stop per adesso temporaneo alle trasmissioni non riguarda Gaza, amministrata solo in teoria dall’Autorità palestinese ma nelle mani di Hamas dal 2006, quando il gruppo islamico estromise manu militari gli uomini di Abu Mazen dalla Striscia. "La decisione (di chiudere Al Jazeera) arriva in risposta all'insistenza del canale nel trasmettere contenuti e rapporti sobillatori caratterizzati da disinformazione, incitamento, sedizione e interferenze negli affari interni palestinesi", ha affermato l’Autorità palestinese.
In Israele, intanto, la giornata di giovedì ha segnato la ripresa del braccio di ferro fra giustizia e politica: dapprima la procuratrice generale Gali Baharav-Miara ha chiesto al governo di essere consultata nella messa a punto del discusso disegno di legge per l’arruolamento di una parte degli studenti delle scuole religiose, oggi esentati dalla leva. A Baharav-Miara ha risposto un portavoce del governo spiegando che la decisione spetta alla Knesset e che questa non ha bisogno di alcuna consulenza da parte della procuratrice.
Nelle stesse ore la Corte Suprema rintuzzava la pretesa del ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, di indirizzare le indagini della polizia ponendo una serie di limiti legali al suo operato.

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