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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
12.05.2002 14/5/02 Il cardinale che ama Arafat...
L’immagine che il giornalista propone del cardinale Roger Etchegaray offre alcuni spunti di riflessione.

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 12 maggio 2002
Pagina: 38
Autore: Renzo Giacomelli
Titolo: «Il cardinale delle missioni impossibili»
Il cardinale delle missioni impossibili è il titolo di un breve articolo a firma Renzo Giacomelli apparso su Famiglia Cristiana del 12 maggio a pag. 38.

L’immagine che il giornalista propone del cardinale Roger Etchegaray offre alcuni spunti di riflessione.

Uomo dalle missioni difficili se non impossibili, è stato inviato dal papa in Israele per cercare una soluzione alla questione della Basilica della Natività.

Scrive il giornalista: "La tenacia e la sobrietà sono doti inconfondibili del cardinale basco-francese, che Giovanni Paolo II ha impiegato e continua ad impiegare come suo ambasciatore in missioni difficili. Come quest’ultima, appena conclusa in Terra Santa".

Una dote che, purtroppo, manca al cardinale è l’obiettività e l’equidistanza.

Una triste dimostrazione sono prima di tutto le sue parole nel corso di una messa celebrata a Gerusalemme il 5 maggio che il giornalista riporta:

"Dio vuole che proprio questa mattina si profili all’orizzonte la liberazione della Basilica della Natività di Gesù a Betlemme che, da cinque settimane, era diventata l’umiliazione dell’intera cristianità e uno scandalo per tutta l’umanità"

Nessun riferimento esplicito ai 200 palestinesi, molti dei quali terroristi, che vi si erano asserragliati e che facendosi scudo di un luogo di culto hanno cercato di indurre i soldati di Israele a violare la sacralità della Basilica.

Quell’umiliazione e quello scandalo non sono imputabili ad Israele.

Perché almeno il giornalista non esprime chiaramente questo concetto?

Del resto se qualcuno aveva ancora dei dubbi sulla linea tenuta da questo settimanale è sufficiente osservare le due fotografie che appaiono in queste pagine:

una riproduce il cardinale che stringe, sollevandola in alto, la mano ad un Arafat allegro e sorridente, il quale peraltro non ha mai dubitato del sostegno offertogli dalla Chiesa Cattolica.

Non importa se le sue mani sono lorde di sangue, non importa se nel suo Bunker ha nascosto gli assassini del Ministro Zeevi, non importa se ha indotto decine e decine di kamikaze a portare la morte fra civili inermi (ed infatti di lì a 5 giorni 16 israeliani sono saltati in aria) in ossequio alla sua politica del terrore: questi dettagli non interessano al cardinale.

La seconda ritrae Arafat, giulivo e sorridente che giunto a Ramallah, acclamato da una folla in festa, solleva le dita in segno di vittoria.

A chi rammenta il medesimo gesto compiuto dal leader palestinese al suo ritorno da Camp David nel settembre del 2000, una volta rifiutate tutte le proposte di pace di Barak e il conseguente scoppio dell’Intifada verrà spontaneo porsi una domanda:

"Quale futuro aspetta Israele nei prossimi mesi?"



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