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Libero Rassegna Stampa
02.01.2025 Se un popolo non sa farsi rispettare non ha un futuro
Commento di Antonio Socci

Testata: Libero
Data: 02 gennaio 2025
Pagina: 1/6
Autore: Antonio Socci
Titolo: «Farsi rispettare è l’unica via per dare un futuro al Paese»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 02/01/2025, a pag.1/6, con il titolo "Farsi rispettare è l’unica via per dare un futuro al Paese" il commento di Antonio Socci.

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Antonio Socci

Le scene del Capodanno islamizzato in Piazza Duomo a Milano non devono lasciare indifferenti. Serve un cambio di passo nell'immigrazione, non possiamo continuare ad aprire le porte a gente che ci odia dichiaratamente.

Sui social ci sono immagini della notte di Capodanno, in piazza del Duomo a Milano, dove si vedono sventolare bandiere della Tunisia e della Palestina e si sentono urla di questo tipo: «Vaffanculo Italia! Polizia di merda!».
Ovviamente sarebbe sciocco affermare che ciò sia rappresentativo di tutti gli immigrati o anche esagerare l’importanza di situazioni simili nella notte di fine anno. Però è frequente fra i giovani immigrati di seconda generazione – cioè nati qui in Italia – il risentimento verso il Paese che ha ospitato la loro famiglia. Segno di un’integrazione che non c’è stata, che non è da loro desiderata e forse non è neanche possibile (si tratta perlopiù di un certo tipo di immigrazione, spesso islamica, perché – ad esempio – la comunità filippina è un’altra cosa).
Si assiste a dibattiti televisivi nei quali intervengono immigrati – o figli di immigrati – e si nota che, quando parlano dell’Italia e degli italiani, manca quasi sempre nelle loro parole un aspetto che dovrebbe esserci in chi è stato ospitato in un altro Paese: la gratitudine.
Invece nei loro interventi in genere sono evidenti la recriminazione e la pretesa. E stupisce che nessuno lo noti, né lo faccia notare. Come se noi stessi fossimo ormai persuasi che è giusto così, ovvero che loro hanno solo diritti e noi solo doveri.

BUSSOLA SMARRITA

Sembra che, nel dibattito pubblico, si siano perse completamente le coordinate entro le quali si dovrebbe ragionare. Quali sono?
La prima (fondamentale) è questa: se è vero che tutti hanno diritto di emigrare, è altrettanto vero che nessuno ha il diritto di decidere unilateralmente in quale Paese emigrare. Così come ognuno ha diritto di andar via di casa, ma nessuno ha diritto di decidere di essere ospitato in casa di Tizio, indipendentemente dal consenso di Tizio. Tanto meno se entra a sua insaputa.
Secondo principio: ogni Stato (se non vuole sprofondare nel caos) ha il diritto e il dovere di governare le proprie frontiere e nessun Paese ha il dovere di accogliere e ospitare chiunque arrivi, tanto meno flussi di milioni di stranieri che non ne hanno titolo.
La consapevolezza di questo rapporto fra immigrato e Paese ospitante dovrebbe essere doverosa, eppure – almeno in alcuni - pare totalmente assente. E questo solo in parte va addebitato agli immigrati.
Se infatti costoro ritengono di poter avere un atteggiamento rivendicativo è perché da molti anni, qui, sanno di trovare un Paese che lo permette e anzi accetta di colpevolizzarsi di fronte alle loro pretese.
L’Italia per anni è stato il ventre molle dell’Europa. Se, per esempio, c’è uno strutturato flusso immigratorio da Paesi lontanissimi da noi come il Pakistan o il Bangladesh non è certo perché quei migranti non avrebbero opportunità di lavoro in Paesi a loro molto più vicini. Ma nessuno si interroga su tale flusso organizzato e sul perché esista.
Parlando di episodi di violenza di cui si sono resi responsabili degli immigrati, a volte, alcuni loro connazionali che non delinquono e che lavorano da noi onestamente, hanno osservato che nei loro Paesi d’origine riceverebbero un trattamento molto duro e che si comportano così perché in Italia sanno di poterlo fare (sanno che la stessa polizia deve trattarli in guanti bianchi, diversamente da come accadrebbe nei loro Paesi di origine).
Questa mancanza di chiarezza nei rapporti fra immigrati e Paese ospitante e l’incapacità di far rispettare delle regole di comportamento basilari –che va avanti da molti anni – induce molti immigrati ad avere un atteggiamento di pretesa e di rivendicazione.
Chi dovrebbe fare un severo esame di coscienza per questa situazione? Le classi dirigenti che a lungo hanno permesso un’immigrazione incontrollata, la quale ha anche prodotto grossi problemi di ordine pubblico e di sicurezza. Le classi dirigenti che, con il supporto di intellettuali ed ecclesiastici, hanno avallato l’idea che gli immigrati abbiano diritto a tutto e gli italiani abbiano tutti i doveri nei loro confronti. Anzi, è stato perfino inculcato il senso di colpa negli italiani per cui noi dovremmo ritenerci responsabili anche se affonda un barchino di immigrati, organizzato dai trafficanti, vicino alle coste turche (lontano dall’Italia) o se, arrivati nel nostro Paese, gli immigrati non si integrano e perfino se alcuni di loro delinquono, perché saremmo noi a emarginarli.
Da anni gli italiani si prendono l’accusa di razzismo quando è sotto gli occhi di tutti che molti immigrati onesti, che sono qua per lavorare, si integrano senza problemi e senza avvertire nessun razzismo.

MA QUALE RAZZISMO

La nostra gente non ne può più di questa situazione e ha cominciato a farsi sentire, perché in alcune zone non è possibile vivere normalmente: cambiato il clima politico le persone si sentono più libere di denunciare certi fatti e le accuse di razzismo degli intellettuali da Ztl vengono respinte al mittente.
Ma bisogna pur dire che negli anni passati il nostro popolo ha subito qualcosa di inaccettabile. Non solo lo si è sottoposto a un’immigrazione incontrollata, con tutto ciò che ha prodotto, ma agli italiani per tanto tempo si è fatto intendere – con una certa pressione mediatica- che non possono ritenere l’Italia casa propria e che devono piegarsi alle pretese altrui. Senza neanche protestare. Il nostro Paese è stato umiliato per troppi anni.
Cosicché è faticoso anche ritrovare il senso della propria dignità e dei propri diritti. Ma un popolo che non è più rispettato e che non sa più esigere rispetto, che non si sente più “sovrano” e non fa valere i propri diritti, la propria identità e la propria cultura, non ha nessun futuro.
Non può neanche “integrare” dignitosamente nessuno perché è un non-popolo. Gli italiani lo sanno e sembra che non lo accettino più. Occorre un cambiamento di mentalità e una svolta profonda da noi e in tutta Europa.

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