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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
31.12.2024 Sottomissione a Venezia
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 31 dicembre 2024
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Sottomissione a Venezia»

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Sottomissione a Venezia".


Giulio Meotti

Il Qatar investe 50 milioni di euro nel Comune di Venezia. In cambio di cosa? L'iniziativa, presentata in pompa magna in Italia, fa parte della rete di investimenti islamici in Europa per finanziare una rapida penetrazione culturale. Un aspetto drammatico di come l'Islam sia carico di capitali per entrare nell'Occidente. E l'Occidente, tuttora, non se ne accorge e tace. Questa volta è l'Italia a non accorgersene. 

“Venezia, adescatrice ed equivoca, aura viziata che un tempo ha permesso all’arte di fiorire opulenta”, scriveva Thomas Mann in Morte a Venezia.

Ora una delle notizie più straordinarie e meno discusse in questo nostro paese conformista e debole, una magnifica preda.

Il Qatar ha dato 50 milioni di euro al Comune di Venezia “per soddisfare le pressanti esigenze della città nella gestione di un patrimonio unico ed estremamente complesso, che trascende i confini e rappresenta un tesoro per l’umanità“. Questo il patto siglato dall’emirato con l’amministrazione veneziana. Nascerà un padiglione nazionale qatariota ai Giardini della Biennale. “Il padiglione“, dicono dal Comune, “garantirà che le voci arabe siano rappresentate tra le nazioni presenti nei Giardini”. Prima il sindaco Luigi Brugnaro ha siglato un accordo con Qatar Museums, la principale istituzione qatarina per l’arte e la cultura. Poi Qatar Airways ha annunciato il servizio diretto tra Doha e l’aeroporto di Venezia. Infine la donazione al Comune veneziano. E parliamo di un paese, come ha rivelato il Middle East Forum, che ha dato un miliardo di dollari alle organizzazioni islamiste, molte in Occidente. Concessione di 90 anni e si tratta del primo nuovo padiglione veneziano dal 1995.

L’ex ambasciatore portoghese in Qatar rivela come l’emirato stia usando la sua influenza economica per islamizzare l’Europa.

António Tânger Corrêa ha detto: “Quando decisero di fermare la corrida a Barcellona, ​​il Qatar voleva acquistare il campo della corrida e costruire al suo posto la più grande moschea d'Europa. Il Qatar sogna di stabilire di nuovo il califfato. So cosa sto dicendo. Sono stato in Qatar. Ho prestato servizio lì come ambasciatore”.

L’influenza del Qatar sull’Europa la si avverte dal Claridge Hotel ad Al Jazeera alla Coppa del Mondo 2022, dai tentativi di pirateria informatica agli scandali legati alla corruzione a Bruxelles. Ma c’è un ambito molto poco scandagliato: la cultura.

E soltanto un ignorante può non vedere il simbolo: la battaglia di Lepanto a opera di Venezia fu la prima grande vittoria di un’armata cristiana occidentale contro l’Impero ottomano. Oggi vogliono prendersi l’Europa con il denaro e la propaganda. E non ne fanno certo mistero.

Basta andare a farsi un giro sul sito di Qatar Charity, la ong dell’emiro: “Abbiamo costruito 9.063 moschee in tutto il mondo”. Centina di queste in Europa, 140 solo in Italia, il paese dove l’emiro investe di più.

“Uno staterello così sordido e sostenitore del terrorismo”. Così Douglas Murray sullo Spectator definisce il Qatar. “Da due decenni ormai il Qatar è uno dei principali sostenitori e finanziatori del gruppo terroristico Hamas. Hanno trasferito miliardi di dollari ad Hamas e l'emiro e la sua famiglia continuano a ospitare la leadership del gruppo in hotel e appartamenti di lusso a Doha. Non è una coincidenza il fatto che quasi ogni università americana che ha ospitato proteste pro-Hamas negli ultimi 14 mesi sia anche destinataria di mazzette di tangenti dal fondo nero del Qatar. La famiglia dell'emiro è profondamente legata al terrorismo. Alla morte del leader di Hamas Yahya Sinwar, la madre dell'attuale emiro, la raccapricciante Sheikha Moza, ha pianto e lodato Sinwar. La sua reazione all'uccisione della mente dei massacri del 7 ottobre è stata dire: ‘Il nome Yahya significa colui che vive. Lo pensavano morto, ma lui continua a vivere. Lui continuerà a vivere e loro se ne saranno andati’. Ha accompagnato questo post, scritto in inglese, con un versetto del Corano: ‘Non pensare mai a coloro che sono stati martirizzati per la causa di Allah come morti’. Ma i paesi occidentali trovano molto difficile rifiutare quei soldi del Qatar. Da Sheikha Moza in giù dovrebbero diventare dei paria. Sanzionarli, impedire loro di viaggiare, sequestrare i loro beni. Lasciarli continuare con il loro stato schiavista e il loro sostegno al terrore. Ma non con la nostra benedizione. Il tanfo che ha seguito Yahya Sinwar dovrebbe seguire i qatarioti nei loro viaggi nelle boutique di Londra, Parigi e altre capitali occidentali. Non tutti i profumi d'Arabia dovrebbero essere in grado di addolcire la loro piccola mano insanguinata”.

In Italia nessuno si pone il problema.

Qualche anno fa il debolissimo Enrico Letta in visita in Qatar auspicò la creazione di un museo islamico sul Canal Grande a Venezia. Perché non una moschea?

Prendiamo l’inchiesta di Libération sul direttore generale del dipartimento Trasporti della Commissione europea, l'estone Henrik Hololei: “Nel corso del suo mandato ha effettuato 237 missioni all'estero, e ha viaggiato, il più delle volte senza dichiararlo, in almeno 25 occasioni a spese del Qatar. Sempre in business class. In almeno nove occasioni è stato accompagnato dalla moglie e, talvolta, dalla figlia, a spese del Qatar. Quel che è peggio, a Hololei e alla sua famiglia, se del caso, sono stati offerti soggiorni a cinque stelle, con spese aggiuntive (spa, museo, parco tematico) e cene in ristoranti di lusso. Ma anche vari regali – chiamati ‘shopping sessions’ – e un'auto con autista. Tutte cose che avrebbe dovuto rifiutare. O, per lo meno, dichiarare”. Perché Hololei era responsabile dell’accordo “cieli aperti” fra la UE e il Qatar.

O prendiamo quanto ha appena detto a Le Monde Bertrand Chamoulaud, direttore dei servizi di intelligence territoriali francesi: “Il movimento islamista dei Fratelli Musulmani ha ampliato la sua influenza in Francia, agendo dietro le quinte per fare del paese un califfato governato dalla legge della Sharia”.

Il multiculturalismo è la via più breve per distruggere una civiltà. E per capire cosa accadrà e che una donazione di 50 milioni a Venezia da parte del Qatar non è un pasto gratis basta dare uno sguardo a quello che fanno proprio in Francia, dove un pezzo da novanta come Chamouland non esita a evocare il califfato.

Questa settimana il Counter Extremism Project (CEP) ha diffuso un rapporto su come la Francia ha deciso di stringere una partnership strategica con il Qatar. All'inizio del 2024, l'emirato si è impegnato a investire 10 miliardi di euro nell'economia francese. La Francia è diventata la seconda destinazione di investimento europea per il Qatar dopo il Regno Unito, con asset per oltre 25 miliardi di euro, e stiamo parlando solo di acquisti diretti da parte di entità qatariote. Ciò ha fornito al Qatar “una leva culturale che può influenzare gli affari interni e la politica estera francesi. Questa influenza è particolarmente evidente nel contesto del conflitto in corso a Gaza dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre”.

Quando il Qatar ha ospitato i Mondiali di calcio non ha perso l’occasione per fare propaganda all’Islam.

Ma mettere insieme denaro e cultura è ancora più sottile ed efficace.

Prendiamo i 23 milioni di euro donati dai sauditi al Museo del Louvre. Il Louvre ha deciso di eliminare il padiglione dedicato ai Cristiani d’oriente sulla scia del dipartimento di arte islamica e di “censura culturale” ha parlato Marie-Hélène Rutschowscaya, curatrice emerita, su La Croix.

Il libro Qatar - France, une décennie de diplomatie culturelle racconta come l’emiro abbia pagato viaggi e assegnato premi a ex ministri della Cultura come Frédéric Mitterrand, all’ex sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, all'ex primo ministro Michel Rocard e praticamente a tutta l’intellighenzia di sinistra: il filosofo Régis Debray, lo scrittore Tahar Ben Jelloun, il giornalista e demografo Emmanuel Todd e il vignettista Plantu, storica firma di punta di Le Monde che ha ricevuto il premio Doha (10.000 euro) dalle mani dell'ambasciatore del Qatar a Parigi. E poi Edwy Plenel, l'ex caporedattore di Le Monde che ha fondato il super sito di notizie Mediapart, il cui libro Per i musulmani, è stato distribuito in arabo dal Doha Magazine e curato dal ministero della Cultura del Qatar.

Le Figaro ha raccontato una di queste straordinarie serate: “Decine di ospiti si sono affollati in Place de l'Étoile, all'hotel Landolfo Carcano, sede dell'ambasciata del Qatar. Nelle sale dai pannelli dorati con mosaici e affreschi di ninfe languide, Sua Eccellenza Mohamed al-Kuwari ha insignito il vignettista Jean Plantu e Amirouche Laïdi, presidente del club Averroes, del premio ‘Doha Arab Cultural Capital’. L'ambasciatore ha premiato André Miquel (famoso arabista del Collège de France), Dominique Baudis (scrittore), Bernard Noël (famoso critico d’arte) e il poeta Adonis. Dall’ex ministro della Cultura Jack Lang al fondatore del Nouvel Observateur Jean Daniel, un totale di 66 figure culturali francesi sono state decorate dal Qatar. Tutti se ne sono andati con un assegno di 10.000 euro”.

Il settimanale francese Nouvel Observateur si è anche autocensurato, decidendo di non distribuire in Qatar la sua edizione dedicata al "sesso, ultimo tabù". In copertina, l'Obs aveva pubblicato il quadro dell’Origine del mondo' di Gustave Courbet.

La città di Venezia potrebbe organizzare programmi di acculturazione all’Islam con le scuole della Laguna. Come a Parigi. L’ambasciata del Qatar in Francia ha organizzato un workshop per celebrare la “Giornata internazionale dell'arte islamica” con gli studenti delle scuole parigine.

Il Qatar è diventato il più grande acquirente al mondo di arte. L’emiro ha sponsorizzato Damien Hirst e acquistato I giocatori di carte di Cézanne per oltre 250 milioni. Il prezzo più alto mai pagato per un’opera d’arte. Il Qatar spende ogni anno un miliardo in opere d’arte. Per capire, il Museum of Modern Art di New York investe ventuno milioni di dollari, cinquanta volte meno dell’emirato islamico. Per il Museo nazionale di Doha, il Qatar ha arruolato una superstar come l’architetto Jean Nouvel.

E l’Italia è pronto per lo shopping.

Una parte dei politici italiani offrono i propri servizi.

Massimo D’Alema ha portato il Qatar all’attenzione del governo italiano per l’acquisto di una raffineria di proprietà della russa Lukoil.

Da Le Monde si legge che Pietrangelo Buttafuoco, il nuovo presidente della Biennale di Venezia convertito all’Islam sciita e che ha voluto il Qatar fra i donatori di Venezia, è andato a Teheran a dire che “se gli italiani conoscessero la propria storia, non potrebbero che amare l’Islam”. Nel testo di presentazione della Biennale, Buttafuoco chiama Venezia con il suo nome in arabo: “Bunduqiyyah: diversa, razza mista, mescolanza di popoli, straniero”.

Una ricerca ha rivelato che dal 2001 al 2021, le università americane hanno ricevuto 4,7 miliardi di dollari dal Qatar. Non sono giri gratis di gondola: questo denaro serve a influenzare cattedre, materie di insegnamento, a portare l’islamizzazione.

E le molecole di gas con cui il Qatar inebria l’Europa dopo la guerra in Ucraina portano con sé un grande peso politico e culturale. La soumission. E con una classe dirigente culturale come quella italiana, dai ministri della Cultura del “pensiero solare” ai dirigenti delle fondazioni, sarà un gioco da emiri. Lo abbiamo già visto.

A una delle ultime Biennali un artista svizzero, Christian Büchel, ha preso l’antica chiesa cattolica di Santa Maria della Misericordia e l’ha trasformata in moschea.  L’opera di Büchel, The Mosque, ha ricostruito gli interni per farne una moschea. Büchel intende mettere al centro dell’attenzione l’“islamofobia”. Le mura barocche ornate di scritte in arabo, il pavimento ricoperto da un tappeto di preghiera rivolto verso la Mecca e il crocifisso nascosto dietro il mihrab. Si è felicitato Mohamed Amin Al Ahdab, presidente della comunità islamica veneziana, e lieto lo sarebbe stato ancora di più se avesse prevalso il progetto originario, in cui la chiesa avrebbe dovuto fare sfoggio anche della scritta “Allah Akbar”. Lieta anche la comunità accademica veneziana, con Bruce Leimsidor, docente di Diritto dell’immigrazione alla Ca’ Foscari, che dice: “Venezia è la città più tollerante d’Italia”.

Lo vedrei molto bene come slogan nel depliant degli emiri. Ci venderanno la sottomissione come una forma di inclusione.

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