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Informazione Corretta Rassegna Stampa
19.12.2024 Il miracolo di Netanyahu
Commento di David Elber

Testata: Informazione Corretta
Data: 19 dicembre 2024
Pagina: 1
Autore: David Elber
Titolo: «Il miracolo di Netanyahu»

Il miracolo di Netanyahu
Commento di David Elber 

Benjamin Netanyahu, nonostante tutto e tutti, ha vinto lui. Ancora una volta è riuscito a trasformare la sconfitta devastante del 7 Ottobre in una grande vittoria strategica di Israele contro tutti i suoi nemici.

Quello che ha ottenuto, negli ultimi mesi, il premier Netanyahu ha qualcosa di miracoloso. Se consideriamo lo stato di prostrazione in cui versava Israele all’indomani dell’eccidio del 7 ottobre e l’attuale situazione in Medio Oriente, si fa fatica a credere che sia potuto accadere un ribaltamento strategico così grande. E questo per merito della caparbietà e della determinazione di Benjamin Netanyahu. Proviamo a ripercorrere i principali avvenimenti che hanno segnato Israele e come Netanyahu li ha affrontati.

Israele prima del massacro del 7 ottobre era un paese fortemente diviso: i mesi precedenti erano contraddistinti da quotidiane manifestazioni antigovernative, con al centro la forte opposizione al tentativo di riforma della giustizia proposta dall’esecutivo. Indubbiamente questa spaccatura è stata una delle concause che ha portato Hamas a compiere l’eccidio nel sud di Israele. I terroristi palestinesi hanno visto nelle manifestazioni, nel rifiuto di molti riservisti a presentarsi al richiamo (prima volta nella storia di Israele in modo così massiccio e palese) la possibilità di assestare un colpo così duro da far crollare le fondamenta dello Stato. L’iniziale reazione israeliana è stata debole, confusa e disarticolata. Tipica di una società e di una leadership impreparata alla guerra con l’aggravante di un governo che non aveva fiducia nello stato maggiore dell’esercito, nelle agenzie di intelligence (Shin Bet in primis). Contestualmente le figure apicali dell’IDF e dell’intelligence vedevano (e vedono) il governo di Netanyahu come una “disgrazia” se non una vera e propria minaccia per il paese. A questa pericolosa situazione interna, con l’inizio della guerra di risposta all’eccidio, Israele e soprattutto Netanyahu, sono stati fin da subito il bersaglio di feroci calunnie internazionali: accuse di uso “sproporzionato” della forza, di voler affamare la popolazione civile, di non voler trovare un accordo per la liberazione dei rapiti, fino all’accusa infamante di genocidio. Ma nonostante tutto questo, Netanyahu non ha tentennato un attimo per portare alla vittoria Israele contro tutto e contro tutti. In breve tempo si è scatenata un’ondata di antisemitismo a livello globale come non la si vedeva dagli anni ’30 del 900, che perdura ancora oggi e non si placherà in breve tempo. Per larghi strati di popolazione in tutto il mondo, il loro palese antisemitismo è stato – ed è tutt’ora – camuffato da “critica a Netanyahu”- divenuto il male assoluto sia a livello globale che per la sinistra israeliana. Il mal celato odio per Israele ha trovato la valvola di sfogo in Netanyahu. In questo clima di odio, il premier israeliano, non ha vacillato e passo dopo passo sta conducendo Israele ad una vittoria che ridisegnerà il Medio Oriente per gli anni futuri. Tutto questo tra enormi difficoltà. Si pensi ai grossi ostacoli che ha dovuto affrontare e che sta affrontando. Infatti, tutto il mondo – ad esclusione degli USA – fin da subito ha girato le spalle ad Israele: critiche, embargo sulle forniture di armi per difendersi, attacchi politici in tutte le sedi mondiali, sono stati una costante. L’amministrazione Biden è stata l’unica ad andare in soccorso ad Israele fornendo le vitali munizioni per combattere su più fronti contemporaneamente. Ma ad un prezzo altissimo: continue critiche e false accuse sulle operazioni militari, ricatti, fino ad arrivare ad esponenti democratici (uno su tutti Chuck Shumer) vicini al presidente Biden che sono arrivati a chiedere le dimissioni di Netanyahu in piena guerra. A queste pressioni internazionali si sono aggiunti gli ostacoli posti dello Stato maggiore: Gallant e Halevi contrari all’operazione militare a Rafah e al controllo del corridoio Philadelphi al confine con l’Egitto per non scontrarsi con gli USA contrari a questa decisiva operazione militare, che ha tagliato tutti i rifornimenti ad Hamas oltre che a condurre all’eliminazione di Sinwar. Poi iniziative contro l’operazione che ha portato alla decapitazione del vertice di Hezbollah e alle successive operazioni terrestri nel sud del Libano. Contestualmente a tutto questo, si sono scatenati i tribunali politici internazionali. La prima è stata la Corte di Giustizia Internazionale che ha ritenuto “plausibili” le ridicole accuse di genocidio rivolte ad Israele. Poi è stata la volta del Tribunale Penale Internazionale che ha chiesto un mandato di arresto nei confronti di Netanyahu (e Gallant) per crimini di guerra. Ma di fronte a tutto questo Netanyahu non ha esitato conducendo Israele allo smantellamento della forza militare di Hamas, di Hezbollah. Ha poi distrutto le difese antiaeree iraniane, ridando fiducia a tutto il paese, che è passato da una situazione critica ad una visibile vittoria militare. Ma nonostante la guerra sia ancora in corso e il teatro siriano si sia aperto in maniera inaspettata e imprevedibile, in Israele hanno continuato a minare l’autorità di Netanyahu. Infatti, da alcune settimane, sono iniziate le audizioni nelle quali Netanyahu è stato costretto a deporre in uno dei processi che lo vede coinvolto per delle inconsistenti accuse di corruzione. Netanyahu ha chiesto il rinvio per ragioni di sicurezza nazionale (l’inaspettato collasso del regime di Assad). La richiesta è stata respinta dai giudici: è più urgente la sua testimonianza in tribunale che la sicurezza del paese, così da alcune settimane Netanyahu è costretto a deporre 6 ore al giorno per tre giorni a settimana. È da sottolineare che sono gli stessi giudici che decisero di rinviare le audizioni, l’estate scorsa, perché dovevano andare a turno in ferie. In pratica le loro ferie sono più importati della sicurezza di un paese in guerra. In questo clima Netanyahu sta conducendo, tra una audizione e l’altra, le operazioni militari in Siria per distruggere le armi (anche chimiche) che potrebbero cadere nelle mani dei nuovi terroristi che si sono impadroniti della Siria. Con precisione chirurgica l’IDF sta distruggendo i depositi di armi, i razzi, gli aerei e le navi che aveva l’esercito siriano. Contemporaneamente Netanyahu è coinvolto nelle discussioni per il rilascio dei 100 rapiti ancora in mano ad Hamas. Tutto ciò in preparazione dell’insediamento dell’amministrazione Trump il 20 gennaio prossimo. Con la nuova amministrazione americana al comando, molto probabilmente, si arriverà alla resa dei conti con il regime iraniano che è il vero responsabile del 7 ottobre e di tutta l’instabilità mediorientale. Solo un premier caparbio e risoluto come Netanyahu potrà portare alla definitiva caduta degli ayatollah con il decisivo sostegno americano. E questo sarebbe un autentico miracolo.  


David Elber


takinut3@gmail.com

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