Le armi di Hezbollah sono ancora troppe Intervista di Tommaso Lorenzini a Sarit Zehavi
Testata: Libero Data: 01 dicembre 2024 Pagina: 3 Autore: Tommaso Lorenzini Titolo: «Le armi di Hezbollah sono ancora troppe»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/12/2024, a pag. 3, con il titolo "Le armi di Hezbollah sono ancora troppe", l'intervista di Tommaso Lorenzini a Sarit Zehavi.
Il tenente colonnello Sarit Zehavi ha servito per 15 anni nell’esercito israeliano, oggi guida Alma, centro di ricerca da lei fondato che si occupa della sicurezza di Israele al confine nord con il Libano. E la sua analisi non fa sconti, a partire da Unifil. «È una delusione», spiega a Libero, «nel corso degli anni Unifil ha ripetuto che il suo mandato non lo autorizza a pattugliare e monitorare zone private, che siano palazzi, frutteti, oliveti o altro. Ed è proprio lì che Hezbollah ha operato: ci saremmo immaginati che Unifil avesse riportato queste attività, ma non lo ha fatto».
E riguardo agli incidenti durante operazioni militari? «Più volte Idf ha chiesto a Unifil di spostarsi per non subire danni soprattutto nelle situazioni più caotiche. Sulla tv israeliana sono stati trasmessi filmati nei quali si vedono comparire improvvisamente in mezzo alla battaglia fra Idf e Hezbollah camion Unifil che portano acqua a qualcuno. Eppure non c’era alcun civile da soccorrere in quell’area: dove andavano? Sono comportamenti strani e sospetti, dei quali non abbiamo spiegazioni». La tregua raggiunta quante chance ha di durare? «Poche, perché basata sulla risoluzione 1701- che prevedeva fra le altre cose lo smantellamento degli arsenali e la caccia agli operativi di Hezbollah che si è già dimostrata fallace. Penso che avremmo dovuto costruire un nuovo e rafforzato meccanismo di controllo ma non è stato fatto e su questo dovrebbero riflettere Usa, Francia e tutti coloro che stanno lavorando alla questione». E l’Iran incombe... «È profondamente coinvolto con Hezbollah e tutto quel che sta succedendo in Libano. Dopo tutte le perdite che abbiamo causato ai leader e alla catena di comando di Hezbollah, ora vediamo chi è che davvero tiene le fila. L’Iran manda membri delle Guardie della Rivoluzione in Libano per gestire gli affari, la guerra, la politica di Hezbollah». Quindi quando parla Hezbollah... «...È la voce dell’Iran. Non penso che il nuovo leader di Hezbollah, Naim Qassem, possa effettivamente dettare qualcosa da solo».
Eppure i miliziani hanno subito grosse perdite. «I vertici di Idf hanno comunicato di aver eliminato l’80% della potenza di fuoco di Hezbollah: missili a guida di precisione, missili terra-aria, missili terra-mare a lungo e medio raggio eccetera. Però resta il 20% di tutta questa “roba” e l’interrogativo su quante armi riescano ancora a contrabbandare. I vari raid aerei di questi giorni sono mirati proprio a interrompere questo traffico. Idf ha “liberato” l’area di confine per un raggio di circa 8 km, ma se guardate la mappa, vedrete che il fiume Litani è a circa 25 km dal confine, perciò ci sono circa 15 km nei quali ancora non si è intervenuti e là si trova nascosta gran parte delle armi residue di Hezbollah». Come fare per stroncare definitivamente i miliziani? «Ci sarebbero tre modi. Il primo, è un cambiamento serio nella relazione tra Beirut e Hezbollah: è assurdo che il partito dei terroristi sia un membro ufficiale del governo, che dovrebbe varare una risoluzione per disarmarlo. Quindi non succederà. Il secondo è che fino a che l’Iran continuerà a supportare Hezbollah, addestrare milizie, fare promesse alla popolazione- e anche usarla come scudo umano - facendosi così aiutare a contrabbandare e nascondere le armi, non se ne esce. E, terzo punto, abbiamo bisogno di un effettivo sistema di controllo per ripulire l’area dalle armi: in questo la comunità internazionale avrebbe un ruolo chiave, io non sono per niente ottimista, ma vorrei tanto essere smentita». La tregua in Libano, per quanto debole, potrebbe influenzare positivamente la situazione di Gaza? «Spero di sì, la parola d’ordine per gli ostaggi è speranza. Hezbollah è oggi ridotto ai minimi, il fronte che ha creato con Hamas non esiste più e Hamas per questo è ancora più sotto pressione. Joe Biden ha promesso di metterne ancora di più sui mediatori».
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