Sindacato: irrilevante in fabbrica, pericoloso in piazze Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 01 dicembre 2024 Pagina: 1/13 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Irrilevanti in fabbrica, pericolosi in piazza»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 01/12/2024, a pag. 1/13, con il titolo "Irrilevanti in fabbrica, pericolosi in piazza", commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Sono due, ed entrambi ben consistenti, i punti che rimangono in evidenza dopo la piazzata landiniana di venerdì: per un verso, il clamoroso flop delle adesioni allo sciopero; e per altro verso la deriva estremista che si è manifestata sia nelle dichiarazioni di Landini stesso che in quanto abbiamo visto in strada (non solo a Torino).
Ricorrendo alla geometria, si potrebbe dire che tra due punti passa una sola retta: in altre parole, quei due dati politici non sono contrapposti né contraddittori tra loro, ma sono elementi ormai inscindibili nella politica del capo della Cgil.
Da un lato, Landini sa di essere diventato praticamente irrilevante nel mondo produttivo, assente tra i lavoratori veri, inesistente nelle fabbriche e nella manifattura: e quindi è fatale che le adesioni al suo sciopero politico abbiamo riscontrato percentuali ridicole. Il fatto nuovo è che l’adesione sia risultata bassa perfino nel settore pubblico, tra gli statali e i ministeriali.
Dall’altro lato, il leader della Cgil è costretto - metaforicamente parlando - a spacciare droghe sempre più pesanti, ad alzare i toni, a rilanciare ogni giorno, inseguendo la sua stessa spericolata provocazione relativa alla “rivolta sociale”. E così non solo non arretra, ma aggrava; aggiunge quotidianamente frasette implicitamente o esplicitamente ambigue o violente; delegittima governo e democrazia rappresentativa senza peraltro che nessuno - a livello istituzionale - glielo faccia notare. Ecco, questi due volti di Landini non sono schizofrenici o scissi, ma sono ormai perfettamente e reciprocamente complementari. Non conto nulla o conto sempre meno nel mondo produttivo? E allora faccio l’influencer rabbioso e anti-sistema. E perché faccio l’agitatore che urla? Perché tanto sodi essere via via più irrilevante nelle fabbriche e nei luoghi di produzione.
Ecco, un po’ come la storia dell’uovo e della gallina, rimarrà l’incertezza su cosa sia venuto prima. Se - nel caso di Landini - sia stata la crescente perdita di rappresentatività a generare la deriva estremista, o se sia stata la deriva estremista ad accelerare la perdita di rappresentatività. Ma ormai le due tendenze sono intrecciate come legni di vimini.
Resta tuttavia un’analisi differenziata da svolgere. La perdita di rappresentatività è ormai irreversibile: Landini e la Cgil non ci sono più nei “vecchi” lavori, e meno che mai possono esserci tra i “nuovi”, cioè in una dimensione di fluidità e mobilità professionale che è incomprensibile perfino ideologicamente per un arnese arrugginito di una sinistra trapassata. Mentre - dall’altro lato- la sua nuova vita da urlatore antisistema ha un respiro cortissimo: perché la natura stessa dei canali social, in pochi giorni, ha restituito a tutti la memoria dei leader della Cgil (da Camusso a Landini stesso) muti e accucciati a fianco dei Monti e dei Draghi. Altro che “rivolta”, allora. Basta una foto per smontare il “nuovo” Landini nel cuore di chi potrebbe cascare nel tranello di credergli.
Come si vede, quindi, la vecchia dimensione, quella da protagonista del mondo produttivo, è irrimediabilmente perduta, mentre la seconda, quella da impresario della rabbia, sarà a sua volta destinata a svanire presto, direi sul nascere. Perché a Landini mancano sia il fisico sia il curriculum per essere minimamente credibile in questa versione.
Cosa rimane allora? Un tentativo un po’ disperato di rimanere in scena, oggettivamente facilitato dall’inconsistenza degli attuali leader della sinistra, facili da trainare e da rimorchiare per la burocrazia Cgil.
Ma basterebbe sgonfiare un poco il palloncino mediatico per far finire il gioco. E tutto fa pensare che il momento del “Landini-puff”, del palloncino sgonfiato, sia sempre più vicino.
Resta da capire come si porrà il Pd rispetto a tutto questo. Chiunque abbia un minimo di senso politico comprende che, per la sinistra, l’adozione della piattaforma-Landini è la premessa per non tornare al governo, e anche per rimanere strutturalmente non in grado di sfidare il centrodestra. Ma forse, in fondo, anche a Elly Schlein va bene così: dedicarsi a una saldatura delle minoranze in chiave settaria e urlata, combinata con l’assenza di qualunque profilo pragmatico e di governo. Tecnicamente si chiama “irresponsabilità”: urlare slogan, fare casino, non contare. Un’assemblea studentesca, e nemmeno particolarmente evoluta o ben organizzata. Auguri.
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