29/4/02 Quando non si conosce la Storia si fa propaganda "Reportage dall'unica città finora risparmiata dall'ultima offensiva delle truppe israeliane. "
Testata: Il Messaggero Data: 27 aprile 2002 Pagina: 1 Autore: Guido Alfierj Titolo: «GAZA,TRA MISERIA e "MARTIRI" BAMBINI»
Già l'occhiello squilla come un grido di guerra: "Reportage dall'unica città finora risparmiata dall'ultima offensiva delle truppe israeliane. " Siamo pronte a Riceverle".
Ma l'articolo inizia subito con la notizia:
" Ci sono tre nuovi "martiri" a Gaza, tre ragazzini le cui foto a colori con i simboli dell'Islam ora tappezzano le mura e le vetrine della città. Tre martiri di tredici anni che non hanno fatto in tempo neppure a vedere il volto dei loro nemici: i soldati israeliani li hanno uccisi con raffiche di mitra mentre cercavano di infilarsi sotto il filo spinato che segna il confine tra il loro carcere a cielo aperto, la Striscia di Gaza, e le colonie ebraiche."Con questi presupposti come sorprendersi se qualche generoso di buon cuore incendia le sinagoghe? Tre scugnizzi, pacifici discoli assassinati dai soliti
soldatacci israeliani che non hanno voluto neanche guardarli in faccia, "mentre cercavano di infilarsi sotto il filo spinato", cosa che lascia intendere che se i soldati cattivi non avessero sparato, i giovanissimi martiri non ci sarebbero neanche riusciti.
Filo spinato che non delimita un confine tra due Stati praticamente in guerra. Nossignore, è il confine tra "un carcere a cielo aperto, la Striscia di Gaza e le colonie ebraiche". Forse da poco nella zona Guido Alferj ignora che quel carcere a cielo aperto fu creato dagli egiziani, i quali rifiutarono di curarsene quando Israele propose di "restituirla" assieme al Sinai.
L'articolo procede "Erano terroristi ,dicono i militari israeliani, erano pronti a diventare bombe umane, pronti a commettere attentati suicidi contro i coloni".Ma questo "lo dicono i militari israeliani" Che pazza idea!! Come credergli?
E infatti Alferj non si lascia infinocchiare dai soldati israeliani e presenta una fonte al di sopra delle parti, il povero papà di uno dei ragazzini caduti! " forse un coltello, forse un petardo di quelli che si usano per le pistole giocattolo". Altra "fonte" accreditatissima :" lo dice un loro amico". E poi come non credergli? E' lo stesso Guido Alferj a dircelo: " Sembra non avessero vere armi".Segue la descrizione del "piccolo martire ", come lo ricorda un'altra "fonte autorevole , l'insegnante di matematica della scuola Salah Eddin, che però ci tranquillizza: " la nostra è una scuola accademica, non si parla né di religione né di politica" e noi lettori ci domandiamo cosa abbia scatenato lo sdegno del governo olandese a proposito della " didattica" palestinese, forse la ricreazione dedicata ad allenarsi a passare sotto il filo spinato?
Ma il professor Anhmar ha un sospetto, un dubbio che loarrovella: " spero che non sia stato qualche folle estremista ad armarli, a portarli verso la morte". Un giallo di facile soluzione, la si può leggere nello stesso articolo di Guido Alferj " venissero pure, gli faremo una bella accoglienza" dice uno dei leader storici di Hamas a Gaza , Ismail Abu Shanab, " anche se abbiamo poche armi siamo determinati a resistere, a dare filo da torcere all'esercito israeliano".
Guido Alferj si fa portatore di un "avvertimento" allo stesso Arafat, :" Se Arafat dovesse arrivare come "agente" di Sharon per reprimere la resistenza palestinese non lo accetteremo" . E dopo questo contributo al dialogo e alla soluzione diplomatica ecco gli imam delle moschee implorare i ragazzini a non farsi uccidere " inutilmente". " La polizia palestinese ne ha bloccati una ventina, rispedendoli a casa prima che si gettassero in braccio alla morte" ci rassicura Guido Alferj " ma i tre adolescenti che nessuno ha fermato, le immagini della tragedia di Jenin li avevano sconvolti" e qui ci sarebbe da meditare non poco sulla funzione devastante che ha sulle coscienze un'informazione parziale e mistificante.
A sentire Alferj si presume che se le telecamere avessero inquadrato l'intera città di Jenin e non solo i 100 metri quadrati distrutti dai combattimenti, questi tre ragazzini sarebbero ancora in vita.
Conclude l'articolo il racconto del papà di uno dei ragazzini caduti.: " un giorno mi ha detto: anche noi ragazzi qui siamo emarginati, isolati, dobbiamo fare qualcosa per uscire da questa grande prigione".Un consiglio da padre a padre, perché non provare a chiedere ad Arafat di impiegare parte del suo bottino ( circa 20 miliardi di dollari) per migliorare le condizioni del popolo palestinese?
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