Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/11/2024, a pag. 18, con il titolo "Proposta indecente dell'Aia, Israele processi Netanyahu", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Israele crede che la nuova amministrazione statunitense sanzionerà la Corte penale internazionale (Cpi). Lo ha riferito il ministro degli Esteri di Gerusalemme, Gideon Sa’ar, nel corso di una visita nella Repubblica Ceca.
Pensata per bastonare i dittatori immuni dalla legge nel loro paese, per la prima volta la Cpi ha puntato il dito contro Israele, convalidando la richiesta di arresto per il primo ministro Benjamin Netanyahu e del suo ex ministro della Difesa. Mercoledì sera Israele aveva annunciato che avrebbe ricorso in appello contro la richiesta d’arresto e giovedì Sa’ar è tornato sull’argomento; «Credo che a Washington si legifererà molto presto contro la Cpi e contro chiunque collabori con essa», ha dichiarato in conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri ceco Jan Lipavsky. Dopo che anche la Francia ha espresso perplessità riguardo alla richiesta di arresto sollecitata dal procuratore generale della corte, Karim Asad Ahmad Khan, ieri il portavoce della stessa, Fadi El Abdallah, è sembrato moderare i toni nei confronti dello stato ebraico. La Cpi, ha spiegato nel corso di un’intervista radiofonica al canale israeliano Kan, potrebbe revocare i mandati d’arresto se si convincesse del fatto che Israele stia conducendo un’indagine approfondita. Un’indagine riguardante i presunti crimini di guerra contestati a Netanyahu e Gallant. Ad El Abdallah andrebbe forse ricordato che la magistratura israeliana è del tutto indipendente dal potere esecutivo, che lo stesso governo Netanyahu mal sopporta un avvocato dello stato/procuratrice generale che non può destituire, che gli scontri fra Corte suprema e Parlamento come anche fra Corte suprema e governo sono all’ordine del giorno e che per molti mesi prima del pogrom del 7 ottobre del 2023, la maggioranza che sostiene Netanyahu ha a lungo tentato, senza successo, di mettere sotto controllo il potere della magistratura. Chissà se El Abdallah ricorda anche che Israele è uno dei pochissimi, o forse l’unico, stato al mondo dove sia un capo dello stato (Moshe Katsav, nel 2011, per stupro) sia un primo ministro (Ehud Olmert, nel 2014, per corruzione) sono stati condannati e incarcerati. Anche le Israel Defense Forces (Idf) operano sotto l’occhio della magistratura e considerando che Netanyahu oltre che largamante indigato è largamento detestato dall’opposizione, non c’è dubbio che se qualcuno sospettasse che si fosse macchiato di crimini di guerra, sarebbe già sotto indagine. Le parole di El Abdallah sono forse un’apertura ma è difficile credere che la magistratura in Israele si faccia dettare l’agenda dal portavoce della Cpi. Sul piano militare occhi puntati sulla tregua fra Hezbollah e Israele entrata in vigore all’alba di mercoledì. Ieri l’aviazione israeliane ha bombardato una postazione di Hezbollah nel sud del Libano, «un sito in cui erano stati dispiegati razzi» e medio raggio in cui «è stata registrata attività di stampo terrorista», hanno spiegato le Idf.
Nei giorni subito antecendenti all’entrata in vigore della tregua, il governo aveva annunciato che si sarebbe riservato di agire contro violazioni della tregua da parte di Hezbollah.
In queste ore si sono anche registrari movimenti di natura politica e diplomatica in tutta la regione. A Ramallah, “capitale” dell’Autorità palestinese, il presidente, l’89enne Mahmoud Abbas, ha nominato Rawhi Fattouh, presidente del Consiglio nazionale palestinese, come suo successore temporaneo nel caso l’incarico diventi vacante. Dopo 90 giorni di presidenza interinale si terrebbero nuove elezioni.
La mossa viene interpretata come l’imminente uscita di scena di Abbas, alla testa dell’Ap dal gennaio 2005.
Un incarico che il successore di Yasser Arafat ha tenuto “ad interim” per quasi 16 anni visto che il suo mandato originale sarebbe dovuto durare solo fino al 2009. La relativa “fretta” con cui Abbas si sta muovendo è dovuta, da un lato, alla sua salute malferma; dall’altro alla necessità di dare nuovo impulso politico all’Autorità palestinese in vista di un possibile cambio della guardia nella Striscia di Gaza. Israele non vuole più che Hamas governi l’enclave palestinese e Abbas prepara i suoi a guardare anche verso Gaza.
Di Gaza parleranno anche tre funzionari egiziani in arrivo in queste ore in Israele nel tentativo di raggiungere un accordo per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco nella Striscia. Un nuvo piano passerebbe una tregua di uno o due nesi con il rilascio graduale degli ostaggi israeliani (101 sono ancora a Gaza), dando priorità ai prigionieri più anziani o malati.
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