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Libero Rassegna Stampa
23.11.2024 Unifil, una pace impossibile
Analisi di Mirko Molteni

Testata: Libero
Data: 23 novembre 2024
Pagina: 3
Autore: Mirko Molteni
Titolo: «Una missione internazionale per una pace impossibile»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/11/2024, a pag. 3 con il titolo "Una missione internazionale per una pace impossibile'" l'analisi di Mirko Molteni. 

Mirko Molteni
Mirko Molteni

La missione UNIFIL non ha posto fine alle aggressioni di Hezbollah. Iniziata nel lontano 1978, durante la Guerra Civile Libanese, la sua missione era quella di riportare la pace. E a quasi mezzo secolo di distanza si può dire che sia completamente fallita. Tempo di ritirare i nostri Caschi Blu. Siamo già in ritardo!

La missione Unifil è presente in Libano dal 1978, epoca della prima di varie invasioni israeliane del paese dei cedri ripetutesi in reazione ad attacchi di palestinesi o sciiti Hezbollah. $ una forza d'interposizione che non ha impedito il periodico riesplodere del conflitto. Conta 10.150 militari e 800 operatori civili da 48 diversi paesi. C’è anche una presenza femminile, poiché sono donne il 30,6 % degli impiegati civili della missione e il 7,6% dei membri militari. Contingente più numeroso è quello dell'Indonesia, con 1.230 uomini, seguito da quello italiano, che schiera 1.044 militari, specie della Brigata Sassari, che da agosto ha assunto il comando del contingente italiano e del settore Ovest della fascia presidiata da Unifil. Fra i maggiori contributori seguono India (902), Ghana (878), Nepal (876), Malesia (832), Francia (810), Spagna (675), Cina (419).
L’Italia da sola pesa per il 10%.
E' tra le nazioni che più hanno creduto nella missione, tanto da esprimere quattro comandanti dell'Unifil, i generali Claudio Graziano (2007-2010), Paolo Serra (2012-2014), Luciano Portolano (2014-2016) e Stefano Del Col (2018-2022). Dal febbraio 2022, capo della missione è il generale spagnolo Aroldo Lazaro Saenz.
L’importanza dell'Italia rende difficile un ritiro unilaterale del nostro contingente, ma una decisione di uscire potrebbe essere frutto di un accordo internazionale. Il nostro paese ha fatto delle missioni di pace una bussola della sua politica estera.
L’Italia è impegnata in 34 missioni, fra grandi e piccole, in tutto il mondo, per una consistenza di 7.800 militari come schieramento medio e 11.000 come massima finanziabile.
Siamo in Libano, ma, per limitarci a un solo esempio, anche in Kosovo, nella Kfor che dal 1999, impedisce il riesplodere della guerra fra serbi e albanesi.
La sigla Unifil viene da United Nations Interim Force In Lebanon, denominazione con cui la veneranda missione vide la luce il 19 marzo 1978, con le risoluzioni 425 e 426 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Allora, la forza multinazionale contava 4.000 uomini e le risoluzioni stabilivano, di fronte alla prima penetrazione delle truppe israeliane in Libano, che la forza Onu dovesse vigilare e confermare l’auspicato ritiro israeliano, con una durata inizialmente prevista in sei mesi, ma rinnovata a iosa dall’Onu. Le risoluzioni 425 e 426 mantennero l’inquadramento legale dell'Unifil negli anni seguenti, anche quando Israele, nel 1982, attuò un'invasione su maggior scala, tanto da mantenere l’occupazione su una vasta fascia di confine, a sud del fiume Litani, fino al 2000. Fu quando Israele, nel maggio 2000, decise unilateralmente di ripiegare dal Libano del Sud, in omaggio alla n. 425, che l’Unifil identificò la linea di ritiro delle truppe come confine informale noto col nome “Linea Blu”.
Con la guerra del luglio 2006 l'Onu corse ai ripari per rafforzare la missione con la nuova risoluzione 1701 dell’11 agosto 2006 secondo cui l’Unifil doveva aiutare il governo libanese a riaffermare la sua sovranità, facendo rispettare la Linea Blu e soprattutto impedendo che a sud del fiume Litani ci fossero gruppi armati diversi dall’esercito regolare di Beirut, ovvero Hezbollah o truppe israeliane. A seguito della 1701, l’Unifil è stata rafforzata e, in particolare, il contingente italiano ha garantito un costante presidio nella zona ovest della fascia di frontiera con la cosiddetta Operazione Leonte.
Ma di fatto l'Unifil, oltre a presenziare come “occhio sul territorio” dell'Onu, non è in grado di costringere i belligeranti, ovvero Israele ed Hezbollah, a cessare le ostilità o a ritirarsi. Non è solo un problema di regolamenti e risoluzioni, ma di mera forza militare, palesemente insufficiente. Finora, in 46 anni, l’Unifil ha sofferto la morte di 326 caschi blu, sacrificati sull’altare di una pace lontana.

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