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Libero Rassegna Stampa
21.11.2024 Hamas in ginocchio, Hezbollah quasi
Cronaca di Amedeo Ardenza

Testata: Libero
Data: 21 novembre 2024
Pagina: 17
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «Hamas in ginocchio, Hezbollah quasi. Israele si concentra sul fronte siriano»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/11/2024, a pag. 17, con il titolo "Hamas in ginocchio, Hezbollah quasi. Israele si concentra sul fronte siriano", la cronaca di Amedeo Ardenza.

Basi di Hezbollah colpite nei quartieri di Beirut controllati dal gruppo terrorista. Hezbollah ha perso tutta la sua leadership. E si sta iniziando a parlare di una tregua in Libano. Sul fronte sud, a Gaza, Hamas è militarmente in ginocchio.

Spiragli di pace, o quanto meno per un cessate il fuoco, tra Israele e la milizia sciita libanese Hezbollah.
Usando un cauto ottimismo, ieri l'inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Amos Hochstein, ha detto che si sarebbe recato in Israele per finalizzare i dettagli per arrivare a una tregua fra le parti. L’inviato a stelle e strisce ha annunciato il suo ennesimo viaggio a Gerusalemme dopo il suo secondo colloquio con il presidente del parlamento libanese Nabih Berri a Beirut. Il limite della spola di Hochstein è questo: Hezbollah è decapitata, la Casa Bianca non dialoga con un gruppo di terroristi al soldo di Teheran, il Libano non ha un capo dello Stato e il suo primo ministro regge il governo a titolo interinale. Di conseguenza l’unica autorità rimasta è l’inamovibile Berri: 86 anni e dal 1980 leader di Amal, un partito sciita vicino a Hezbollah, Berri guida l’Assemblea libanese dal lontano 1990. Secondo la stampa araba, l’accordo è vicino anche se il Libano vorrebbe che a monitorare la tregua ci fossero militari egiziani e giordani mentre Israele chiederebbe la supervisione degli Usa. Il ministro italiano della Difesa Guido Crosetto ha intanto definito i recenti attacchi di Hezbollah contro gli osservatori di Unifil nella regione «di una gravità inaudita».
A dispetto dell’ottimismo di Hochstein, mercoledì è stata una nuova giornata di guerra al nord di Israele. Se le sirene antiaereo sono suonate tutto il giorno nel settentrione dello stato ebraico per avvertire dell’imminente arrivo di missili e droni dal Libano, Israele ha colpito più a nordest: l’aviazione avrebbe condotto tre diversi attacchi a Palmira, città siriana nota per le sue rovine romane. Fonti non verificate parlano di un bilancio di 11 morti (altre dicono 36) dopo incursioni contro postazioni e depositi di armi di forze afghane e di forze irachene dispiegate da anni nella zona grazie all’Iran, alleato della Siria. L’attacco israeliano segnala la chiara volontà di Gerusalemme di eliminare le minacce alla propria sicurezza anche nei paesi non immediatamente confinanti. Ieri il canale saudita Al-Hadath ha reso noto che gli Stati Uniti avrebbero informato l'Iraq di aver esaurito tutti i mezzi di pressione su Israele per evitare un attacco contro Bagdad se il governo iracheno non impedirà gli attacchi delle milizie filoiraniane. L’Iraq da parte sua avrebbe informato Al-Haadath di aver preso «ogni misura» per reagire ad attacchi israeliani.
All’Onu, intanto gli Stati Uniti hanno opposto il loro veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza per un cessate il fuoco a Gaza non condizionato dal rilascio degli ostaggi israeliani.
L’ambasciatore israeliano Danny Danon ha elogiato gli Stati Uniti, ribadendo che non ci sarà alcun cessate il fuoco senza il rilascio dei sequestrati e criticando i 14 membri del Consiglio che hanno sostenuto la risoluzione, accusandoli di favorire il terrorismo.

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