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La Repubblica Rassegna Stampa
20.11.2024 Putin, le estreme conseguenze
Commento di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 20 novembre 2024
Pagina: 1/33
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Putin, le estreme conseguenze»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/11/2024, a pag.1/33, con il titolo "Putin, le estreme conseguenze", il commento di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari
Putin e la minaccia nucleare. “Solo ...
In seguito all'incursione da parte delle truppe ucraine nel Kursk russo, la possibilità dell'utilizzo di armi nucleari tattiche da parte di Putin sembra tutt'altro che remota. La minaccia del dittatore di Mosca non va sottovalutata e si inserisce in quella che viene definita “la strategia della paura”

La decisione di Vladimir Putin di rivedere la dottrina nucleare rendendo più probabile l’uso di un ordigno atomico porta alle estreme conseguenze la strategia della paura contro la Nato e dimostra la volontà del presidente russo di sfidare a viso aperto il neoeletto Donald Trump sul terreno più rischioso in assoluto. La minaccia del ricorso all’atomica per indurre i Paesi occidentali a ridurre, o cessare, gli aiuti militari all’Ucraina è una tattica che il Cremlino inaugura pochi mesi dopo l’aggressione a Kiev. All’inizio a farsene portavoce è Medvedev, ex presidente e alleato di ferro di Putin, che ne parla a più riprese — e senza mezzi termini — fino alla svolta avvenuta a settembre quando il Cremlino ha formalmente rivisto la strategia nucleare archiviando la dottrina della “mutua distruzione assicurata” della Guerra Fredda — che serviva per bilanciare la deterrenza con gli Stati Uniti — per passare alla “difesa della sovranità e integrità nazionale” con un linguaggio teso ad ammonire sul rischio di conseguenze se fossero stati invasi territori russi, incluso il Donbass e la Crimea ucraini che Mosca ha annesso. È stata questa svolta a creare, di fatto, le premesse per l’uso di armi nucleari tattiche su un singolo campo di battaglia, per porre fine “all’invasione straniera”. L’incursione ucraina nel Kursk russo ha creato le condizioni per consentire, teoricamente, a Putin di minacciare questo tipo di attacchi di teatro e l’autorizzazione a Kiev da parte del presidente Usa uscente, Joe Biden, per l’uso di missili americani a lungo raggio contro obiettivi in territorio russo — come avvenuto con i primi sei lanci nella notte fra lunedì e martedì — ha portato il Cremlino a compiere il successivo passo con “l’abbassamento della soglia per l’uso del nucleare”. Ovvero, un avvertimento a Kiev, Washington e alla Nato sul rischio di un possibile attacco non-convenzionale per difendere la “patria aggredita”. Per comprendere cosa muove Putin a giocare il poker nucleare contro l’Occidente bisogna tener presenti due elementi convergenti: come funziona la sua mente e quali sono i suoi interessi. A descrivere la mente di Putin è Natan Sharansky, l’ex dissidente russo imprigionato nel gulag Perm-35 e liberato nel 1986 da Reagan grazie a un accordo con Gorbaciov, poi emigrato in Israele dove è stato capo dell’Agenzia ebraica. «Come tutti i leader russi — spiega Sharansky — Putin usa la paura come uno strumento di potere, facendo leva sulla violenza contro i dissidenti per farli tacere, sulle armi contro l’Ucraina per sottometterla e sul nucleare contro l’Occidente per dividerlo e farlo indietreggiare». «E l’unica arma efficace contro l’uso della paura da parte del Cremlino — aggiunge Sharansky — è non avere paura». Ma non è tutto perché l’altro fattore è quello degli interessi di Putin e qui ciò che colpisce è come stia usando nei confronti di Washington un approccio assai simile a quello che distingue il neoeletto presidente americano. Trump, infatti, ha uno stile nelle trattative definito dai suoi più stretti collaboratori transactionalovvero una somma di leadership forte, conflitto come leva del negoziato e comunicazione brutale. Proprio come avviene nelle aspre trattative che distinguono il mercato immobiliare di NewYork, dove lui si è formato. Trump, insomma, minaccia la controparte al fine di arrivare a un compromesso capace di premiare i suoi interessi e Putin con la mossa sul nucleare gli sta dimostrando di essere pronto a giocare sullo stesso tavolo, con un metodo analogo. La minaccia del Cremlino è, certo, recapitata a Joe Biden ma parla in realtà al suo successore, ponendo sul tavolo due carte opposte: la disponibilità di Putin a esplorare eventuali aperture di Trump per porre fine alla guerra in Ucraina e la determinazione dello stesso Putin a usare il nucleare se la Russia dovesse trovarsi “in pericolo”. È l’inizio dell’imprevedibile e brutale braccio di ferro Trump-Putin il cui esito potrà essere scritto solo dai suoi protagonisti: può portare a una nuova Yalta ridefinendo le sfere di influenze in Europa, Africa e Medio Oriente in maniera da porre fine ai conflitti in atto così come può degenerare in uno scontro frontale fra due leader pronti a tutto per prevalere sull’avversario. Se tutto ciò avviene ora è perché, come trapela da fonti diplomatiche occidentali, l’impressione a Washington è che l’incontro della scorsa settimana fra Biden e Trump abbia segnato una convergenza di interessi fra il presidente uscente e quello entrante: porre fine ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente entro l’Inauguration Day del 20 gennaio 2025. In maniera da consentire tanto a Biden di chiudere la presidenza archiviando le guerre che a Trump di iniziare a governare senza averne il peso. In maniera analoga alla cooperazione durante la transizione fra Carter e Reagan che portò alla liberazione, proprio nell’Inauguration Day del 1981, da parte dell’Iran degli ayatollah dei 53 ostaggi americani detenuti per 444 giorni nell’ambasciata Usa a Teheran. È verosimile che il tam-tam di Washington abbia raggiunto il Cremlino e ciò lascia supporre che Putin è ancora più convinto del fatto che giocare l’arma della paura può farlo prevalere nell’inedito azzardo contro ben due presidenti Usa. La fine di questo match mozzafiato è tutta da scrivere ma possono esserci pochi dubbi sul fatto che ci fa conoscere da vicino cosa ci promette lo stiletransactional che Trump porta sul palcoscenico globale.

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