Gaza: i colpevoli sono sempre i cattivi di Israele Commento di Giovanni Sallusti
Testata: Libero Data: 20 novembre 2024 Pagina: 12 Autore: Giovanni Sallusti Titolo: «Se a Gaza fanno sparire gli aiuti umanitari, i colpevoli sono sempre i cattivi di Israele»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 20/11/2024, a pag. 12 con il titolo "Se a Gaza fanno sparire gli aiuti umanitari, i colpevoli sono sempre i cattivi di Israele" il commento di Giovanni Sallusti.
Giovanni Sallusti
La prima regola (ma è qualcosa di più cogente, siamo in zona dogma) del buon giornalismo sul Medio Oriente è semplice e cristallina: in ogni caso, è colpa di Israele.
#ÈcolpadiIsraele è la grande parola d’ordine della bolla (poco) riflessiva e (troppo) benpensante, che finisce per diventare involontariamente (?) replicante del pensiero di Hamas.
Fin qui, comunque, è tutto ampiamente agli atti, è il manicheismo quotidiano del sistema mediatico nostrano. Lo stadio però nuovo e finora inesplorato, quello dove lo strabismo cronachistico s’innalza a dadaismo purissimo, ce l’ha offerto Il Post. Trattasi del quotidiano online diretto da Luca Sofri, specializzato in lezioncine di deontologia informativa, fact-checking e ipocrisie “neutraliste” assortite (non esiste la neutralità del punto di vista, è un ossimoro), che ieri ci ha sfornato il seguente capolavoro. Ci sono bande di palestinesi che saccheggiano gli aiuti umanitari destinati ai civili di Gaza, ma è comunque colpa degli israeliani.
DADAISMO
Capite che qui siamo oltre, qui siamo all’inversione logica che si fa arte, al doppiopesismo talmente esplicito che diventa un programma, qualcosa, appunto, come il Manifesto Dada firmato da Tristan Tzara: «Sono per la contraddizione continua e anche per l’affermazione, non sono né favorevole né contrario e non do spiegazioni perché detesto il buon senso».
Meno conseguenti dell’illustre predecessore, i colleghi provano ovviamente a “dare spiegazioni” della tesi psichedelica, ma sarebbe stato meglio non l’avessero fatto.
Il punto, anzitutto: «Gli aiuti umanitari inviati nella Striscia di Gaza sono sistematicamente saccheggiati da bande di uomini armati palestinesi che assaltano i convogli per vendere al mercato nero cibo, generi di prima necessità o beni contrabbandati». Accade però che a volte ci siano nei paraggi «postazioni dei soldati israeliani», i quali «assistono senza fare niente». Badate bene: le truppe di Gerusalemme sono chiamate anche a difendere alcuni palestinesi dai crimini commessi da altri palestinesi, e se non lo fanno c’è il teorema della colpa già pronto all’uso.
Peraltro, l’esercito ha la sua versione della storia, che però viene molto opportunamente riportata solo in fondo a un pezzo assai corposo, là dove arrivano due lettori su dieci, uno dei quali già irrimediabilmente esausto. «L’esercito sostiene di aver tentato in passato di difendere i convogli, ma che negli scontri armati che si erano scatenati erano rimasti feriti alcuni membri delle organizzazioni umanitarie. La cosa aveva creato grande scandalo sui media internazionali, e a quel punto i soldati hanno smesso di intervenire». Avete qui scoperchiata l’essenza di questo gioco truccato imbellettato come giornalismo indipendente. Se Israele interviene contro i predoni, e inevitabilmente ci sono dei feriti, sbaglia. Se Israele non interviene, sbaglia. Parebbe, a un occhio distratto, che l’ebreo sbagli proprio per definizione, secondo il circo mediatico.
In ogni caso, Il Post annota alcuni erroracci di Tsahal: «Le operazioni militari israeliane» hanno «eliminato le autorità che gestivano la sicurezza sul territorio». In particolare, e riportiamo fedelmente: «La polizia di Gaza, che faceva parte di Hamas, di fatto non esiste più, e non c’è più nessuno a proteggere i convogli umanitari una volta che entrano nella Striscia».
QUANDO C’ERA HAMAS...
Insomma questa calamità dello Stato ebraico ha eliminato quei galantuomini di Hamas che garantivano la legalità inibendo le altre bande locali (poi coltivavano anche l’usanza di entrare nelle case dei civili israeliani e sgozzare a caso, ma nessuno è perfetto).
Inoltre, «a maggio di quest’anno l’esercito israeliano ha preso il controllo del varco di Rafah dalla parte palestinese e l’ha chiuso» (inventandosi una fantomatica necessità militare, quando da quelle parti si nascondeva semplicemente gente come la Belva in capo, Yahya Sinwar). «A quel punto, la stragrande maggioranza degli aiuti umanitari è stata dirottata al varco di Kerem Shalom», da cui raggiungono «una zona più isolata e semidesertica», che «in teoria sarebbe sotto il controllo dell’esercito israeliano, ma in realtà è controllata dalle bande armate». Contro cui Israele non spara, sbagliando. Mica come quando spara, sbagliando. Tra l’altro, «la scorsa settimana Israele ha concesso l’apertura di un nuovo varco a Kissufim, nel centro della Striscia», ma «i gruppi armati si sono riorganizzati immediatamente».
Come, di chi è la colpa? Suvvia, o siete proprio dei sionisti irrecuperabili, oppure dovreste averlo imparato.
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