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Il Messaggero Rassegna Stampa
01.06.2002 10/6/02 Non proprio plauso, ma..
Anche fondi tedeschi dati dall’Anp ai kamikaze

Testata: Il Messaggero
Data: 01 giugno 2002
Pagina: 1
Autore: un giornalista e GIOVANNI DEL RE
Titolo: «Anche fondi tedeschi dati dall’Anp ai kamikaze e Nessun piano di pace con Yasser, è un interlocutore inaffidabile»
I due articoli che seguono sono semplicemente corretti. Poichè non ci capita quasi mai di leggere articoli corretti sul Messaggero ci sembra "corretto" segnalarli.




Die Zeit
«Anche fondi tedeschi dati dall’Anp ai kamikaze»
di GIOVANNI DEL RE

BERLINO - Già alla fine del 2000 vi erano chiari indizi che uomini dei servizi di sicurezza di Arafat erano implicati nel terrorismo contro Israele. Lo stesso presidente palestinese avrebbe "deviato" verso fondi neri i contributi dell'Unione Europea. Le solite accuse israeliane? Niente affatto: a dare man forte alle tesi del governo di Gerusalemme questa volta sono i servizi segreti tedeschi per l'estero, in sigla "Bnd". Stando al settimanale di Amburgo "Die Zeit", giornale solitamente molto serio, i servizi tedeschi in aprile e maggio hanno preparato per il ministero degli Esteri di Berlino due perizie top secret (di cui il giornale afferma di avere copia) in cui non solo si giudicano autentici i documenti presentati dal governo israeliano sul presunto coinvolgimento di Arafat nel terrorismo, ma si aggiungono anche propri materiali. Il Bnd è altamente attendibile: secondo "Die Zeit" dal 1993 al 2000, l'organismo ha direttamente finanziato e formato le forze di sicurezza del presidente palestinese. Fino alla fine del 2000, quando gli 007 troncano i rapporti dopo aver colto un «cambio di rotta». In una delle due perizie segrete l'autore cita una serie di esempi volti a dimostrare i trucchi valutari con cui Arafat avrebbe deviato i soldi provenienti dall'Ue verso misteriosi conti neri. Soldi finiti anche ai kamikaze? Gli 007 citati dal settimanale sottolineano che non ci sono prove nel senso giuridico del termine, né nei loro materiali né in quelli degli israeliani. I servizi tedeschi preferiscono parlare di «chiari indizi»: «in nessun momento - dicono cauti - si può presupporre che i soldi europei siano stati pienamente utilizzati per lo scopo prefisso». Ma c'è di peggio: il governo tedesco, riferisce ancora "Die Zeit", avrebbe ora il terribile sospetto che parte dei soldi pubblici impiegati dal Bnd per sostenere i servizi palestinesi tra il 1993 e il 2000 possano esser stati utilizzati dai palestinesi per gli attentati. Il ministro degli Esteri Fischer avrebbe già inviato sul posto una squadra di tecnici per scoprire la verità. Una verità che potrebbe essere esplosiva.

«Nessun piano di pace con Yasser, è un interlocutore inaffidabile»
Parla Dennis Ross, mediatore in Medio Oriente di Clinton e Bush senior: l’autorità del leader dell’Anp minata da Hamas e Jihad

dal nostro corrispondente

ANNA GUAITA

NEW YORK - Poche persone al mondo conoscono i problemi del Medio Oriente come Dennis Ross. Due presidenti lo hanno utilizzato come negoziatore con gli israeliani e i palestinesi, sia George Bush senior che Bill Clinton. E tre anni fa, a Camp David, Ross credette per un attimo che dodici anni di fatiche stessero davvero sfociando nella pace. Adesso, Ross teme che la pace si sia molto allontanata, ma non pensa che sia irraggiungibile. Ci ha parlato dal suo ufficio al Washington Institute for Near East Policy di Washington:
Secondo la stampa americana, i paesi arabi sono convinti che l'Amministrazione Bush abbia un piano di pace pronto. Lei ne sa qualcosa?
«Penso che non ci sia alcun piano di pace. O almeno che ancora non ci sia. Questa Amministrazione non ha deciso su cosa puntare, di cosa e di chi fidarsi»
Sembra però che il presidente egiziano Mubarak sia arrivato a Washington con un suo piano, che richiederebbe il riconoscimento dello stato palestinese entro la prossima primavera... «Bush lo ascolterà con interesse, ma non lo accetterà. Ed ecco perché: nei territori palestinesi ci sono autorità multiple, c'è Arafat, c'è Hamas, c'è la Islamic Jihad. Chi rappresenta lo Stato? Chi lo amministrerà?»
Finora si è sempre accettato che sia Arafat il rappresentante del popolo palestinese. L'interlocutore e il simbolo dello Stato nascituro.
«Ma non è più esattamente così. Arafat aveva convinto tutti di essere un vero partner nella strada verso la pace. E poi ha convinto tutti del contrario. Al momento Israele non lo considera un interlocutore affidabile. E questo elemento è cruciale: ripetuti sondaggi provano che la gente in Israele sarebbe nella schiacciante maggioranza pronta a restituire il 95 per cento dei territori, purché dall'altra parte ci sia un partner affidabile».
Ma non è anche colpa di Israele se Arafat ha perso potere e autorità?
«La pura e semplice verità è che ogni volta che Arafat ha scelto di agire contro i gruppi terroristi, questi hanno ubbidito e hanno fatto marcia indietro. Arafat aveva il potere per agire e non ha agito. E non solo, ha ancora sufficiente potere ma continua a non agire. Sa che stando senza far nulla, facendo la parte della vittima, l'opinione pubblica mondiale proverà simpatia per lui. E così trascina il suo popolo sempre più verso la catastrofe. E' venuto meno alle sue responsabilità».
Lei allora è fra coloro che vorrebbero esautorarlo, come Sharon?
«No, assolutamente no. Ma avendo tanto lavorato con lui nel passato, conoscendo l'uomo, prenderei una posizione netta: Arafat avrà lo Stato che il suo popolo si merita di diritto se lui manterrà le responsabilità che accompagnano uno Stato, cioè il rispetto degli accordi presi con i partner internazionali».
Quando Sharon verrà, la settimana prossima, di certo chiederà di nuovo a Bush di non trattare più con Arafat. Lei pensa che Bush questa volta lo ascolterà?
«L'Amministrazione ha un atteggiamento ambiguo verso Arafat: esprime sempre insoddisfazione e poi spiega che non può rinunciare a negoziare con lui. Credo che continuerà così. Ma non so dar torto a Bush».
Eppure nel passato lei ha spesso dato torto sia a Bush che a Sharon...
«L'ho fatto, e lo rifarò. Ma sulla necessità di richiedere da Arafat un impegno contro gli attentati sono in pieno accordo. Guardiamo anche l'altro lato della medaglia: non possiamo neanche fare pressioni su Israele finché la cittadinanza lì è minacciata quotidianamente dal terrorismo».

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