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Il Foglio Rassegna Stampa
06.11.2024 Daoud vince il Goncourt. In Italia lo accusano
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 06 novembre 2024
Pagina: 1/IV
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Scrittore e tartufi»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/11/2024, a pag. 1/IV, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Scrittore e tartufi".

Informazione Corretta
Giulio Meotti
Il franco-algerino Kamel Daoud vince il Goncourt - SWI swissinfo.ch
Kamel Daoud, il grande scrittore algerino tra due fuochi e due fatwe, un alieno per i letterati italiani. Quando ci furono gli stupri di Colonia, criticò duramente l'Islam, ma in Italia è considerato islamofobo, mentre invece è come dovrebbero essere tutti gli intellettuali veramente democratici. Cosa che Daoud è, nel modo più rischioso e quindi coraggioso.

Roma. Quando ci furono gli stupri di Colonia, Dacia Maraini disse: “Stento a credere che tra gli aggressori ci possano essere migranti e rifugiati, gente che ha alle spalle storie molto dolorose”. Vauro sul Fatto ci regalava uno dei suoi disegnini: “Le nostre donne ce le stupriamo noi”. In Francia un algerino sul Monde osò scrivere la verità: “Del rifugiato vediamo lo status, non la cultura. E l’accoglienza si limita a burocrazia e carità, senza tenere conto di pregiudizi culturali e trappole religiose. Nel mondo di Allah il sesso rappresenta la miseria più grande”.

Apriti cielo. Il Monde replica con sociologi, storici e antropologi che accusano l’algerino Kamel Daoud di “islamofobia”.

Su Libération l’ineffabile Olivier Roy, in un articolo dal titolo “Colonia e il tartufo femminista”, lo accusa di stigmatizzare i musulmani: “Maschilismo e molestie esistono in tutto il mondo”. Sulla London Review of Books Daoud è reo di “stereotipi razzisti”. Daoud non è tipo da Strega e forse neanche da Goncourt, il prestigioso premio che si è aggiudicato con “Houris”, romanzo sulla morte e la resurrezione del “decennio nero” algerino. Le sue cronache sul settimanale Point, tradotte spesso dal Foglio, sono un riferimento, accompagnate da polemiche infiammanti. E Colonia non è il solo motivo che spiega perché Daoud è un alieno fra gli scrittori italiani. Dopo il 7 ottobre, Daoud ha scritto una “lettera a un israeliano”: nessuna predica sulla “proporzionalità”, ma solo solidarietà. “La causa palestinese è stata appena talebanizzata”, ha scritto all’indomani dell’attacco di Hamas. Poi Daoud ha firmato la postfazione di “7 octobre. Un pogrom au XXI siècle”. Al Laboratoire de la République, think tank di Parigi, Daoud ha liquidato il woke come “pericoloso”. Ce n’era abbastanza per squalificarlo non dal Goncourt, ma dal consesso letterario.

Non capita tutti i giorni infatti, anzi non capita praticamente mai, che uno scrittore celebrato faccia quello che ha fatto lui, l’algerino preso fra due fuochi e due fatwe, islamista e occidentale.

La prima emessa da imam radicali che hanno bollato Daoud come “apostata”, chiedendo la sua testa su una picca per la “guerra che conduce contro Allah”. Gli islamisti lo accusano di aver “venduto l’anima all’occidente”. I woke, lo stesso. Qualche giorno fa, Daoud ha attaccato le femministe silenti sulle iraniane e le afghane. “Le donne afghane non sono velate dagli ebrei. Preferiamo il decolonizzato e i decolonizzatori. In occidente, il neofemminismo ha individuato i suoi clienti elettorali”. Poi un’altra rubrica contro il nostro senso di colpa. “E’ vietato dire che l’occidente è il luogo dove si scappa da ingiustizia, dittatura, guerra e fame. Va di moda dire che l’occidente è colpevole di tutto”. E quando l’occidente si ritira, subentra la barbarie. “Ci rallegriamo di una sconfitta dell’occidente, dimenticando le future decapitazioni”. E ancora. “Se l’occidente cade in ginocchio, dove andremo?”. Ha messo in guardia dall’islamizzazione strisciante. “L’islamismo in Europa si è sviluppato con una formidabile ingegneria, sa dove colpire, come far sentire le persone in colpa. E c’è motivo di temere l’emergere di un emirato nel cuore di un’Europa accecata dalla codardia”. Quando i tartufi, gli intellettuali occidentali decolonizzatori e à la page, accusano l’algerino di contrapporre un occidente libero, civile e democratico a un oriente sottomesso e shariaco si mostrano succubi di quell’ideologia multiculturalista che, relativizzando ed equiparando, sega le gambe della sedia su cui tutti noi siamo seduti.

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