Il film israeliano che inchioda l’Iran, al cinema Commento di Bruna Magi
Testata: Libero Data: 28 ottobre 2024 Pagina: 19 Autore: Bruna Magi Titolo: «Il film che inchioda il regime iraniano»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 28/10/2024, pag. 19, con il titolo "Il film che inchioda il regime iraniano", il commento di Bruna Magi.
Ci voleva l’intuizione e la sensibilità del pubblico, alla Festa del Cinema di Roma, appena conclusa, per riconoscere l’impatto emozionale suscitato nello spettatore da Leggere Lolita a Teheran (al cinema dal 21 novembre), tratto dall’omonimo best seller autobiografico di Azar Nafisi, iraniana, docente di letteratura inglese, che nel 1997 aveva lasciato il suo paese, con il consolidarsi della dittatura di Khomeyni, seguita alla cacciata dello Scià. Coprodotto dalla Rai, il film avrebbe meritato anche di più del premio speciale della giuria, assegnato alle sette protagoniste, tutte attrici iraniane residenti all’estero. Ma è come se intorno al film aleggiasse il silenzio complice del politicamente corretto, forse soltanto perchè il regista, Eran Riklis, è israeliano, per alcuni oggi purtroppo una colpa. Molti i media silenti, non ha contato il fatto che Riklis, già soldato durante la guerra dello Yom Kippur, abbia detto di auspicare soltanto un futuro di pace, per tutti, Israele, Iran, Libano, Palestina.
Azar (Golshifteh Fahrani nel film) arriva entusiasta all’Università Allameh Tatabei, ma avrebbe dovuto subito intuire l’aria che tirava già all’arrivo, quando all’areoporto le hanno aperto la valigia e contestato il rossetto. Ben presto arrivano le contestazioni da parte dei guardiani di Allah, un collega dice in aula che è discutibile la moralità della protagonista del Grande Gatsby. Azar tenta di resistere in tutti i modi, fatica ad accettare l’imposizione di coprirsi i capelli, e tu, spettatrice, in quanto donna inizi a soffrire con loro. Soprattutto quando, dopo le proteste pubbliche alcune studentesse vengono arrestate e frustate dalle carceriere del regime, e si saprà dopo che le condannate a morte prima dell’esecuzione sono violentate dalle guardie carcerarie, per poter dire che in fondo se lo sono voluto, non erano più vergini, soltanto miserabili prostitute. La pressione contro Azar cresce, e lei decide di allestire seminari a casa sua, ogni giovedì, a beneficio delle sue sette studentesse migliori: si discute di Orgoglio e pregiudizio e Cime tempestose, ma soprattutto del peccaminoso Lolita, e si racconta molto delle vite quotidiane, tra amori, impegni e divieti. Finchè Azar decide di lasciare il suo paese con il marito e figli. Le sue studentesse restano prigioniere di ogni orrore. E pensare che ai tempi dello scià imperialista, le ragazze di Teheran indossavano la minigonna.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante